Sempre più appuntamenti di riferimento internazionale per il mondo del vino e degli alcolici, il Wine Paris & Vinexpo Paris – che quest’anno, dal 12 al 14 febbraio a Paris Expo Porte de Versailles, contava ben 3.100 espositori da 52 Paesi, tra cui per la prima volta un padiglione dedicato all’Italia – è stato anche l’occasione per il Comité Champagne di presentare nel corso di una conferenza stampa progetti e prospettive per il futuro, all’insegna di un cauto ottimismo basato sulla solidità di una filiera capace di affrontare le sfide poste da mercato, clima e varie congiunture.
Cinque, in particolare, i motivi espressi dai co-presidenti dell’organismo interprofessionale che unisce Vigneron e Maison della Champagne – David Chatillon e Maxime Toubart – per guardare con serenità ai prossimi mesi. Innanzitutto, una filiera impegnata e responsabile che, con particolare attenzione alla questione del reclutamento dei vendemmiatori – sono circa 100mila gli stagionali coinvolti ogni anno – ha scelto la via della trasparenza e piena regolarità, condannando severamente le condotte devianti osservate durante l’ultima vendemmia e aprendo dei tavoli strategici relativi ad accoglienza, condizioni di lavoro, salute e sicurezza dei vendemmiatori, garanzie sull’offerta dei prestatori di servizi e agevolazione del reclutamento. Importante anche il rinnovo per cinque anni dell’accordo di riferimento sulla contrattualizzazione della compravendita delle uve, strumento che garantisce l’approvvigionamento dei mercati e consolida il meccanismo di compartecipazione al valore.
Il secondo punto a favore è rappresentato da un’interprofessione innovativa, che già da tempo si è mostrata capace di adattarsi a nuove sfide e contesti inediti. Ad esempio, nell’ambito del piano nazionale di tutela del vigneto, il Comité partecipa attivamente alla lotta contro le nuove patologie (come la flavescenza dorata) anche attraverso l’adozione di strumenti come la serra di nuova generazione “insect-proof”, con l’obiettivo di assicurare la perennità della viticoltura e preservare la tipicità e l’eccellenza dello Champagne. In questo quadro rientrano anche l’ampliamento del centro di ricerca, sviluppo e innovazione con sede nella futura Maison de la Champagne a Epernay e l’innalzamento del plafond della riserva interprofessionale (da 8.000 kg/ha a 10.000 kg/ha), che permette di conservare una parte dei vini prodotti nelle annate favorevoli per essere utilizzati in caso di vendemmie “sfortunate”.
Fondamentale anche la forza della denominazione, che grazie a 120 anni di lavoro congiunto da parte di tutte le parti coinvolte e associate nel Comité ha saputo affermarsi in tutto il mondo e in particolare in Europa. Prova ne sia l’imminente nascita di un nuovo Bureau du Champagne – gli enti “di rappresentanza” della filiera, tra cui il Bureau du Champagne in Italia con sede a Milano – a Stoccolma, che sarà l’interlocutore per media, professionisti del settore, importatori e istituzioni nei Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca) che da un decennio a questa parte fanno registrare una domanda in costante crescita (+67%). Importante in tale senso è anche il programma completo di certificazione – Champagne Education – messo a punto per formare, in partnership con scuole di fama internazionale, i professionisti del vino. Mentre, nel 2023, l’attività per il riconoscimento e la tutela della denominazione ha ottenuto per lo Champagne lo status di “nome notorio” in Cina, primo fra le denominazioni estere nel Paese asiatico, dove non si potrà più usare in maniera fraudolenta il termine Champagne per qualsiasi prodotto, nemmeno in caratteri cinesi.
Non accennano a diminuire, nel frattempo, la capacità dello Champagne di incarnare lusso e prestigio dotato di un potere emozionale unico (come dimostra una ricerca di IPSOS del 2023), confermandolo come un punto di riferimento imprescindibile per i consumatori.
Infine, l’ottimismo degli champenois è motivato anche dall’evoluzione e dal rinnovamento dei consumi e dei mercati. Sempre più curiosi e competenti, i consumatori soprattutto fuori dalla Francia cercano – oltre ai più classici brut sans année – maggior varietà negli assemblaggi e nei dosaggi, e fanno crescere in maniera importante la domanda di Champagne rosé (tipologia che a fine 2022 rappresentava più del 10% dell’export con 20 milioni di bottiglie) e di quelli a basso dosaggio (extra brut e pas dosé) che nell’arco di due decenni sono cresciuti in volumi esportati di quasi 70 volte (6,4 milioni di bottiglie nel 2022). E se l’export è ormai consolidato (con 171,7 milioni di bottiglie complessive), restano ancora interessanti margini di crescita in mercati come Canada, Sudafrica e Corea del Sud. Sono dunque numerosi i progetti in atto per garantire l’equilibrio della filiera e il successo della denominazione nel mondo, dimostrando in maniera concreta la determinazione della filiera e la sua fiducia nel futuro.