“Un’azienda agricola che produce pasta in mezzo a un campo di grano”: Mancini Pastificio Agricolo traccia chiaramente la propria missione sin dal nome. Perché la famiglia Mancini, prima col nonno Mariano e oggi con il nipote Massimo, ha scritto una storia quasi centenaria nell’agricoltura marchigiana, e il progetto del Pastificio è figlio di questa esperienza e tradizione nella coltivazione di grano duro.
L’azienda agricola di Mariano Mancini nasce negli anni Quaranta. Ci vorranno circa sessant’anni prima di partorire l’idea del Pastificio Agricolo e un altro decennio perché il seme di questo progetto germogli e cominci a dare frutti. «L’idea è nata vent’anni fa, nel 2001. Mio nonno Mariano aveva fondato l’azienda durante la Seconda Guerra Mondiale, attività poi proseguita da mio padre che a un certo punto, per ragioni di sostentamento, decise di lasciare la campagna e spostarsi nel distretto marchigiano della calzatura. Io sono tornato alla campagna attraverso un percorso di studi specifico. Mi sono laureato in agraria, ho fatto una tesi sulla pasta e in seguito un Master in Business Administration a Bologna. Dopo il Master ho lavorato in un pastificio industriale in Toscana e poi sono rientrato a casa. Producevamo grano duro che vendevamo ai commercianti, non c’era proprio l’idea di trasformarlo».
È in quel momento che, forte di un’esperienza che unisce le competenze agronomiche con quelle nel mondo della pasta, Massimo matura l’idea di dar vita al primo pastificio inserito letteralmente all’interno di un campo di grano. In questo modo cambia completamente la prospettiva produttiva delle aziende di questo settore: l’interlocutore principale non è più il mulino, che a sua volta si interfaccia con i grandi trader del grano, ma si costituisce un filo diretto fra la coltivazione e la produzione della pasta. Per i successivi sei anni, il progetto prende forma poco per volta. Non c’è ancora il pastificio, Massimo con l’aiuto della moglie e del resto della famiglia si appoggia a un’azienda abruzzese per realizzare piccolissime produzioni che vengono commercializzate sostanzialmente in ambito locale.
«Il cambio di passo è arrivato nel 2008, con la costruzione del pastificio nel mezzo di un campo di grano», racconta emozionato Massimo. Dopo due anni di progettazione, nel marzo 2010, viene avviata l’attività. Gradualmente l’azienda agricola è passata da 70 a 700 ettari di terreni, con l’acquisizione di molte parcelle in affitto, dove si coltivano quattro varietà di grano duro autoctone, con un approccio molto simile a quello di un’azienda vinicola. L’elemento fondante e differenziante è stata proprio la valorizzazione delle varietà di grano che da sempre si coltivano nelle Marche, un territorio — come quello pugliese e quello siciliano — davvero vocato per questa coltura. Oggi i grani da cui nasce la pasta Mancini sono: il Nazareno, dedicato a Nazareno Strampelli, noto agronomo e genetista nato nel 1866 in provincia di Macerata, il Maestà, varietà adatta a suoli fertili e a una semina tardiva, il Turanico (Triticum turgidum subspecie Turanicum), originario della regione del Khorasan ma con una lunga storia nel bacino del Mediterraneo, a lungo abbandonato a causa delle basse rese, e infine il neonato Nonno Mariano.
«È stato un seme per me, è tornato a esserlo per tutti». Con queste parole Massimo racconta il progetto che lo ha portato a onorare la memoria della persona che, trasmettendo la propria passione, ha ispirato la creazione di Mancini Pastificio Agricolo: un percorso di selezione e sviluppo di una varietà di grano duro durato circa sette anni e realizzato in collaborazione con la genetista e agronoma Oriana Porfiri.
Un progetto giunto a maturazione un anno fa, con il primo raccolto di Nonno Mariano. Molti sono i formati realizzati dal pastificio, raggruppati nella Linea Classica, la Linea Integrale e la Linea Grani Turanici. Una produzione che, se prima del Covid si rivolgeva in primis alla ristorazione, oggi è invece molto più focalizzata sul retail. Questa evoluzione commerciale — figlia di un cambio di visione radicale — nonostante le difficoltà dell’ultimo anno ha portato a un incremento del fatturato del 5%. Si guarda al futuro con una prospettiva diversa, con la voglia di continuare a crescere, di investire nella capacità produttiva restando sempre focalizzati sulla qualità. E di dar vita a nuovi sogni, come quello di uno spazio di accoglienza e ristorazione per raccontare al pubblico la magia di questo territorio.