Diciotto ettari di vigne terrazzate dall’esposizione ottimale, tra i comuni di Mori ed Isera, ad un’altitudine di circa 300 m s.l.m. e accarezzate dall’Ora, la mite brezza del Garda che spira nelle ore calde del pomeriggio. Il vigneto di Fojaneghe, di proprietà della famiglia dei Conti Bossi Fedrigotti, rappresenta non solo un’eccellenza della viticoltura trentina ma anche una tappa storica per l’enologia italiana. Tra i filari ben distanziati del vigneto, impiantato per la prima volta con vigne di merlot nel 1949, si aggiunsero negli anni successivi anche cabernet sauvignon e franc, dalle cui uve nacque – con la vendemmia del 1961 – l’omonimo vino, primo esempio di uvaggio bordolese in Italia.
Ma la storia della nobile famiglia, e del suo legame con il vino, ha radici ben più lontane. Presente a Rovereto da quasi 600 anni, il casato si dedica all’enologia da oltre 300: fu proprio l’acquisto di “una pezza di terra in Fojaneghe”, negli ultimi decenni del Seicento, che determinò l’inizio dell’attività vitivinicola accanto ai proficui trasporti fluviali. La prima vendemmia risale al 1697 ed è una delle più antiche in assoluto in Italia. Un patrimonio agricolo e di conoscenze enologiche che ha visto una costante crescita e momenti difficili legati agli eventi storici, e l’alternarsi di uomini e donne che hanno contribuito a tramandarlo: da Luigia, reggente del fedecommesso familiare per conto dei nipoti, che dopo la crisi indotta dall’era napoleonica rilanciò la produzione e le vendite, fino a Federico Bossi Fedrigotti, padre degli attuali proprietari, decisivo nel segnare più di una svolta: dal passaggio dalla vendita all’ingrosso (in botti e damigiane) all’imbottigliamento, all’intuizione che lo portò a creare il Fojaneghe nel 1961.
1961-2021: Sessant’anni di Fojaneghe
Sono trascorsi esattamente 60 anni da quando, nel 1961, fu prodotto per la prima volta il Fojaneghe su intuizione del Conte Federico Bossi Fedrigotti: capace di scorgere, insieme all’allora enologo Leonello Letrari, la grande potenzialità dell’uvaggio bordolese in terra trentina, volle impiantare le vigne di merlot (presente nel vino per il 55%), Cabernet Franc e Sauvignon (che insieme rappresentano il restante 45%) negli ampi terrazzi prospicienti il fiume Adige. Una lunga storia che oggi continua a dare un vino eccellente, etichettato come Vigneti delle Dolomiti Igt Rosso, frutto di un affinamento di 18 mesi in barrique di rovere francese e poi di minimo 12 mesi in bottiglia. Dal color rosso rubino intenso e impenetrabile, affascina al naso con aromi di frutti di bosco accompagnati da spezie dolci. Elegante e persistente, con note di prugna matura e una trama decisa ammorbidita da tannini ben integrati, si abbina felicemente a carni rosse, selvaggina, formaggi stagionati e piccanti. E non ha paura di invecchiare, anche fino a 20 anni.
Conti Bossi Fedrigotti e Masi Agricola, il “Polo nobile delle Venezie”
La produzione odierna dell’azienda, frutto dell’impianto di nuove vigne accanto a quelle storiche suddivise sui due lati dell’Adige – tra Fojaneghe, la tenuta Sant’Antonio a Pomarolo e il Maso San Giorgio a Rovereto, per un totale di circa 40 ettari – è incentrata prevalentemente sull’utilizzo di uve tipiche del Trentino: nascono così anche vini come il Trentodoc Conte Federico, i bianchi Vignasmara e Pian del Griso e il Mas’Est, nuova interpretazione delle uve locali teroldego e marzemino con la tecnica dell’appassimento.
Dal 2007, la storica cantina trentina è affiancata nel suo percorso da Masi Agricola, prezioso partner che grazie alle competenze enologiche del Gruppo Tecnico Masi e alla sua forte rete commerciale e distributiva supporta l’azienda tanto per quanto riguarda la coltivazione delle uve e le tecniche di cantina quanto nel creare una rete internazionale di commercializzazione per i vini Conti Bossi Fedrigotti, apportando importanti elementi di innovazione e modernità senza alterare i valori storici del casato ed enfatizzando la personalità di ogni etichetta. Una collaborazione che – dopo l’accordo con i Conti Serego Alighieri, simbolo dell’enologia veneta da oltre sei secoli – consolida il progetto di Sandro Boscaini, Presidente di Masi Agricola, di creare un “polo nobile delle Venezie”, ovvero di aggregare aziende vitivincole del Triveneto di grande significato e storicità. Ne fa parte oggi anche Canevel Spumanti, château nel cuore di Valdobbiadene.
Le cantine, tra storia e innovazione
Nella cantina di vinificazione di Rovereto si trovano serbatoi in acciaio di diverse dimensioni utilizzati per la fermentazione sia di vini bianchi sia di quelli rossi. La fermentazione dei mosti bianchi avviene a basse temperature (13-15° C per circa 20 gg) al fine di favorire la formazione e conservazione di particolari profumi. I vini bianchi riposano poi in serbatoi d’acciaio. La fermentazione dei mosti rossi (in presenza di vinaccia) avviene per scelta aziendale alla temperatura di 25° C. I vini rossi riposano in parte in acciaio e in parte in legno. Sono stati recentemente posizionati all’esterno tre nuovi serbatoi in acciaio dedicati alla vinificazione dei vini rossi progettati specificamente dal Gruppo Tecnico Masi. Il Maso San Giorgio – tipica realtà agricola trentina racchiusa da mura – ospita invece, negli ambienti un tempo occupati dalla stalla, la cantina di affinamento. Qui temperatura e umidità sono controllate per garantire l’affinamento ottimale delle uve che compongono il blend di Fojaneghe nelle barrique di primo, secondo e terzo passaggio e di parte di quelle di teroldego nelle grandi botti da 40 ha. La cantina Conte Federico è dedicata alla produzione dell’omonimo Trentodoc Conte Federico: la permanenza sui lieviti è di almeno 36 mesi, segue il remuage che dura circa 6 settimane prima della sboccatura. Infine a Rovereto, nello storico quartiere di Borgo Sacco, si trova l’elegante Palazzo Bossi Fedrigotti, risalente probabilmente alla fine del Quattrocento ed ampliato e abbellito alla metà del Settecento da Pietro Modesto Bossi Fedrigotti. L’edificio custodisce opere di pregio, tra cui numerosi ritratti di famiglia della scuola veronese del tardo Settecento, due tele di fine Seicento attribuite a Giovanni Baroni che decorano il salone principale del piano nobile, e due slitte del Settecento che fanno bella mostra di sé nel grande atrio al pianterreno.