Il quartiere Appio-Latino, a Roma, è uno dei più completi dal punto di vista dell’offerta ristorativa. Mancava solo una cosa. Un ristorante gastronomico, o gourmet che dir si voglia. La lacuna è stata finalmente colmata con l’apertura di Ego in via Etruria. A dispetto del nome, non si tratta di un progetto solista, ma la sintesi delle idee partorite da due menti distinte che, a un certo punto della loro vita, si sono incontrate e scelte reciprocamente.
I due di Ego
Lorenzo De Lio è romano ma ha un animo da globetrotter. Non a caso, anche quando si è formato nella Capitale lo ha fatto al fianco dello chef giapponese Kotaro Noda ai tempi di Bistrot 64. Poi sono arrivate le esperienze all’estero, in Spagna precisamente. Mugaritz prima e DiverXO dopo, insegne particolarmente luminose nel panorama della ristorazione mondiale. Nel suo curriculum c’è anche una parentesi a Londra, prima del rientro a Madrid, dove ha conosciuto Beatrice Venturini, sua compagna di lavoro, di avventure e di vita. Insieme hanno trascorso un periodo a Zurigo prima di “scappare” in Messico, acquistare una specie di Van e cominciare un viaggio itinerante di sei mesi. Beatrice, dal canto suo, è lodigiana e il suo regno è la sala. Sommelier curiosa ma razionale, la sua carta dei vini è il risultato del compromesso tra la voglia di stupire gli ospiti e gli spazi ristretti della cantina di Ego. Alle etichette italiane ne affianca anche alcune internazionali. Lasciatevi stupire per quanto riguarda gli abbinamenti.
Il locale
L’ambiente è intimo, d’altronde sono appena 8 i tavoli e i coperti non raggiungono la ventina. I toni sono scuri e l’arredamento è essenziale. Non si può fare a meno di notare la cura dei dettagli nella scelta di piatti, posate e bicchieri. In alcuni casi, non si tratta di semplici oggetti dal design ricercato, ma di strumenti funzionali all’esperienza della degustazione: dalle mini spatole in silicone alle pinzette che facilitano la fruizione delle portate.
L’offerta gastronomica
Da Ego non c’è la possibilità di ordinare alla carta. Si può scegliere solo di quante portate sarà il percorso degustazione. Attualmente c’è un menu da 5 assaggi (75 euro) e un altro più lungo da 8 (95 euro), ma lo chef punta a proporne presto uno da 13. Idee ed entusiasmo non gli mancano e il fatto di essere praticamente solo in cucina non lo spaventa. Nei piatti di De Lio c’è tecnica, ma soprattutto memoria, specie dei viaggi: tantissimo Messico, ma anche un po’ di Asia. Non mancano però i ritorni alle origini: il dazio alla Carbonara è pagato già negli amuse bouche, con una crocchetta esplosiva che accompagna i più esotici Taco de huitlacoche (il fungo del mais) e l’Amok di rana, di ispirazione cambogiana. Sincretico è invece il Tuorlo marinato, con piselli, jus leggero di trippa alla romana e tartufo. Fresco e dalle giuste spigolosità acide è il Leche de tigre, con polpo e tomate de arbol (un pomodoro arboreo sudamericano). Ma se proprio dovessimo eleggere un solo piatto, per complessità e profondità di sapori, la scelta ricadrebbe sulla Sella di agnello, con battuto di cozza pelosa, burro salato e alga nori, su una salsa Mojo, dove il pomodoro secco è sostituito da peperoncino Aji Amarillo e miso. Conclusione golosa con i Mexico Profiteroles ripieno di mole negro, salsa che di solito si usa nei secondi piatti, con sopra dulce de leche e burro di arachidi.