C’è un’Italia che si scopre attraverso il calice, un viaggio fatto di sapori, territori e storie. L’enoturismo non è più solo una moda, ma un fenomeno in costante crescita, capace di influenzare le rotte nazionali e di raccontare la cultura del vino italiano in modo autentico. Dopo la presentazione della quarta edizione della guida Bollicine del Mondo, il Congresso di Identità Golose ha dedicato un talk al turismo enoico, mettendo in luce il suo impatto e il suo futuro. L’incontro è stato moderato dal direttore di Food&Wine Italia, Federico De Cesare Viola, confermando come l’enoturismo (fil rouge anche del nostro ultimo Speciale Vino) non si limita più a un semplice sorso tra le botti, ma si articola tra degustazioni guidate, percorsi sensoriali, soggiorni in strutture ricettive e attività sul territorio. Il comparto evolve rapidamente, trainato da un pubblico sempre più giovane ed esigente, alla ricerca di esperienze su misura. Sul palco, cinque protagonisti del mondo enologico si sono confrontati su questo tema, ciascuno con una visione originale di un turismo del vino che ha superato la dimensione di nicchia, evolvendo in una narrazione più dinamica e meno autoreferenziale.
Il boom dell’enoturismo in Italia
A mettere sul tavolo i numeri di questa crescita esponenziale è stata Roberta Garibaldi, docente di tourism management and marketing, che ha restituito la fotografia di un settore in piena espansione: sono 13 milioni gli enoturisti, con il 71% che partecipa a degustazioni in cantina. Non si tratta più di una tappa fugace, ma di un viaggio che si prolunga mediamente per quattro giorni o più, con effetti positivi sul turismo rurale, fuori dalle rotte più turistiche, che in Italia conta circa 45 milioni di pernottamenti — il doppio rispetto a Spagna e Francia. Investire nell’enoturismo, ha sottolineato Garibaldi, significa rafforzare l’identità territoriale e promuovere una cultura dell’ospitalità sempre più autentica. Gli esempi da seguire? Bordeaux e Borgogna, modelli di successo che potrebbero ispirare le nostre realtà.
Verso una nuova comunicazione del vino: oltre i personalismi
Il fascino dell’Italia sul mercato mondiale del vino è indiscutibile, ma c’è ancora molto da fare in termini di comunicazione. Lo ha sottolineato Stevie Kim, managing partner di Vinitaly International, che ha analizzato il modo in cui il lifestyle italiano e il legame storico degli emigrati negli Stati Uniti (Kim è nata in Corea ed è cresciuta a New York) con il vino continuano a esercitare una forte attrazione. Tuttavia, ha avvertito che la narrazione social del vino italiano è spesso ripetitiva e poco distintiva. Serve un cambio di passo: meno personalismi, più autenticità. Citando la polemica scatenata due anni fa quando Oscar Farinetti consigliò di servire il Barolo freddo, Kim ha evidenziato la necessità di rompere certi schemi e rendere il vino più accessibile, senza lo snobismo che rischia di allontanare i giovani consumatori.
La Franciacorta e l’importanza di aprire le cantine al pubblico
Il turismo del vino funziona quando diventa accoglienza, un principio ben chiaro in Franciacorta. Cristina Ziliani, vice president & corporate relations di Berlucchi Franciacorta, ha raccontato come l’apertura delle cantine al pubblico nei weekend — avventura che loro hanno intrapreso ormai dieci anni fa — abbia segnato un punto di svolta per questa regione vitivinicola. Oggi Berlucchi accoglie 21mila visitatori l’anno, di cui 13mila veri enoturisti (non operatori di settore), dimostrando come il comparto stia coinvolgendo sempre più giovani appassionati. Tra i progetti più recenti, Berlucchi Academia, nata nel 2019 come spazio di confronto e formazione, che continua ad ampliare i suoi orizzonti. Il prossimo appuntamento? Una grande festa a Brescia il prossimo 10 maggio.
Planeta: l’ospitalità come strategia di marketing in Sicilia
In Sicilia, l’enoturismo è sinonimo di ospitalità e narrazione. Francesca Planeta, presidente di Planeta Estate, ha raccontato come la sua azienda abbia puntato su questo approccio fin dal 1995, aprendo le cantine e coinvolgendo direttamente la famiglia per offrire un’esperienza sincera. Oggi, con 32mila visitatori l’anno, il wine tour è diventato la sezione più visitata del sito Planeta, a dimostrazione di quanto l’enoturismo sia una potente leva di marketing. L’ospitalità si è evoluta, integrando soggiorni e ristorazione per valorizzare al massimo il territorio.
In Piemonte, Mura Mura e Relais Le Marne puntano sul turismo esperienziale
Langhe e Monferrato non sono solo il cuore della viticoltura piemontese, ma anche un laboratorio di enoturismo esperienziale. Al confine tra queste due terre, Guido Martinetti, imprenditore nel settore food & hospitality, insieme al socio Federico Grom, ha dato vita al Relais Le Marne a Mura Mura, in provincia di Asti. Un progetto nato inizialmente per promuovere il turismo del gelato con Grom, che si è poi evoluto in un’esperienza immersiva tra agricoltura, ospitalità e cultura. La vera svolta è arrivata con il vino, grazie alla riscoperta e alla valorizzazione di vitigni autoctoni come Timorasso e Grignolino. L’idea si è poi ampliata con un sistema di dimore, ognuna ispirata a un’arte italiana: le prime sono state dedicate alla poesia, ma presto seguiranno quelle a tema danza e musica (immaginate di aprire la porta e ascoltare Le Quattro Stagioni di Vivaldi). Così, non stupisce che il 75% degli ospiti sia curioso di visitare anche la cantina: in un angolo di campagna come questo, è bastato aver saputo trasformare le esperienze in qualcosa di indimenticabile. Perché alla fine, è proprio la “memorabilità” il migliore strumento di marketing. A completare il quadro, l’anima gastronomica del progetto: Radici, il ristorante del Relais, che proprio in questi giorni ha accolto un nuovo chef. Si chiama Mykyta Bida, trentenne di origini ucraine con un passato nella brigata del tristellato Piazza Duomo.