«Vi piacciono le verdure?», chiede lo chef. È un coro convinto di sì. E di inattese preferenze: chi le cipolle, chi le biete, chi il tomatillo. Le bambine e i bambini delle scuole paritarie dell’infanzia di Alba si muovono curiosi tra le file dell’orto e delle serre di Piazza Duomo. Chiedono i nomi delle piante, sperimentano sapori e consistenze, vogliono assaggiare tutto. Lo scorso luglio, finito l’impegno tra i banchi, hanno potuto trascorrere alcune giornate in compagnia di Enrico Crippa. Sono tornati a casa entusiasti e hanno raccontato l’esperienza ai genitori. E questi ultimi – potere del marketing spontaneo – hanno poi prenotato un tavolo al ristorante tre stelle Michelin. Ché anche loro reclamavano un posto a tavola nel meraviglioso mondo vegetale (e non solo) di Piazza Duomo.
«È un progetto importante legato alle eccellenze del territorio – spiega lo chef – per promuovere l’educazione alimentare tra le giovani generazioni». E per far capire che nelle Langhe non esiste solo il tartufo o la salsiccia di Bra ma anche tanti campi che lavorano bene, in organico e biodinamico. Lo chef di Carate Brianza è stato pioniere, in tal senso: «Per quanto riguarda questa zona sicuramente. Ma è bene ricordare che i primi in Italia sono stati grandi personaggi come Alfonso Iaccarino in Campania e Pietro Zito in Puglia. Per la mia cucina avevo bisogno di quantità, diversità e qualità indiscutibile, così abbiamo voluto creare una struttura seria, grazie all’attenzione e all’investimento della famiglia Ceretto (proprietari di Piazza Duomo, ndr) iniziando anche a inserire varietà non autoctone. Molte delle nostre verdure vengono tagliate nell’orto e direttamente cucinate, senza passare nemmeno in frigo o sostando al massimo 12 ore. Nel corso degli anni abbiamo completamente ribaltato il menu: partiamo dal vegetale e decidiamo cosa mettere vicino. Ma non riesco e non voglio abbandonare completamente le proteine animali, perché vivo e lavoro in un territorio vinicolo dove gli allevamenti e le carni sono importanti».
Sono tre i culinary gardener che si occupano a rotazione degli orti di Enrico. Si sono da poco dedicati alle semine estive e ora sono pronti a cogliere le brassicacee per l’autunno. A fine anno si ritroveranno come consuetudine con lo chef per decidere cosa coltivare, quali sementi e fiori nuovi provare per i piatti futuri. Ci sono sorprese a ogni stagione. Una delle passioni del momento è la Morelle de Balbis, altrimenti detta pomodoro litchi (fa parte della famiglia delle solanacee), dal sapore dolcissimo, con una carezza di acidità e un profumo ampio, agrumato, esotico. È la base ideale per creare un’inedita versione di Amatriciana con spaghetti Mancini (trovate la ricetta completa qui). E ancora ci sono i sunberry, sia quelli neri che quelli aranciati, sorta di micro pomodori dal gusto esplosivo che nel piatto Red sun vengono serviti a crudo con una gelatina centrifugata di peperone di Carmagnola sul Carpaccio di ricci di mare.
Il concetto di stagioni, a Piazza Duomo, è fin troppo lasco. Qui si preferisce parlare di settimane, così da cogliere ogni frutto e ogni verdura nella sua perfetta maturazione e massima espressione di gusto e consistenza: un pensiero tipicamente giapponese che Crippa – nei suoi anni tra Kobe e Osaka – ha fatto profondamente suo. «Concettualmente non concepisco chi fa un unico menu da gennaio a dicembre. Il menu deve essere cangiante, bisogna sentire la natura, cogliere ogni attimo. A volte, in base all’orto, cambio i piatti del pranzo e della cena. Altre volte non riesco a fare tutti i tavoli con quella materia prima. Questo vale anche per miei classici, che decido di servire in un preciso momento e magari in un modo inedito. Perché la verdura è viva e i piatti sono in un’evoluzione continua. Ora aspetto i funghi porcini, per usarli nel risotto insieme all’anice stellato. Ma è un’incognita, non so mai quando me li porteranno. Prima cercavo di cucinare il Rosso barbabietola (altro piatto ormai emblematico del menu) tutto l’anno, rifornendomi da più coltivatori. Poi ho capito che usando solo la mia barbabietola, nella quintessenza di dolcezza e di colore, era dieci volte più intensa. E così oggi la raccogliamo a metà settembre e proponiamo il piatto solo nelle settimane successive».
Il nuovo (ed entusiasmante) menu di Piazza Duomo tutto dedicato al Barolo è stata l’occasione anche per dimostrare la versatilità degli ingredienti vegetali, persino nell’abbinamento con i grandi rossi. Chef e sommelier – il sempre creativo Vincenzo Donatiello – hanno lavorato a strettissimo contatto, in questo caso, per far dialogare al meglio orto e vigna e per superare le mineralità di alcune verdure o la ferrosità di altre. «Alla verdura manca solo il grasso – puntualizza Crippa – e nel menu Barolo lo devi mettere tu con un prodotto latteo o una proteina animale. Mi rendo conto che con i vegetali ho un campo più aperto di creatività. Li posso usare crudi, stracotti, in purea, centrifugati. Posso cuocerli alla brace, essiccarli, friggerli, metterli sottovuoto. Posso creare un burro aromatizzato oppure azotarli e frantumarli in polvere».
La cucina di Crippa è da sempre un vero e proprio viaggio nella botanica, alla riscoperta di erbe lontane e spesso dimenticate. Come ad esempio la ficoide (Mesembryanthemum Crystallinum), pianta succulenta e frondosa originaria del Sudafrica, dalle foglie salate e acidule, che si completano perfettamente con il pesce. Vengono scelte le cime più carnose, ricche di acqua e dalla consistenza croccante, e condite con una salsa di scorze di limone fermentate al sale e pepe nero macinato. Sono perfette insieme all’orata, lavorata come un sashimi e condita con un’emulsione a base di pepe verde. Con le foglie più grandi si fa un estratto da bere, condito con succo di limone e sciroppo, che accompagna il piatto; e con cui Donatiello ha anche creato un cocktail a base sake, il Japanese Garden, dal verde intenso e brillante, che è il colore preferito dello chef e quello che gli dà maggior ispirazione.
Ci si esprime con libertà anche nel reparto pasticceria: dalla classica Macedonia di frutta e verdura alla Tarte tatin di mele e indivia, dal Semifreddo con purea di topinambur al Sorbetto di acetosella. E con le coste delle bietole bianche è stato creato un nuovo dessert, la Crêpe caramel: la purea viene stesa, essiccata, tagliata a foglio, caramellizzata in padella, arrotolata, chiusa a mo’ di cannellone e infine farcita con la crême caramel. «Anche i più scettici carnivori – conferma lo chef – confessano che mangerebbero sempre la verdura cucinata in questi modi. Gli ospiti internazionali sono arrivati qualche anno prima di noi sulla strada del vegetale, ma quando assaggiano un prodotto italiano, cresciuto nelle nostre terre, rimangono sbalorditi». In fondo la terra che abbiamo in Italia è fatta per gli orti, quella inglese per i campi da golf, diceva qualcuno.