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Estate Hawaiana

Sheldon Simeon è nato a Hilo, sulla grande isola, da genitori origine filippina. Nei suoi 3 ristoranti esplora le complesse radici della cucina hawaiana

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Nel 2013, durante la sua prima apparizione al programma Top Chef, Sheldon Simeon ha imparato una lezione che, in seguito, lo avrebbe portato a definire la filosofia dei suoi tre ristoranti. Era arrivato alla sfida finale restando fedele al suo retroterra filippino, cucinando raffinate versioni di sinigang al tamarindo e adobo di maiale. Ma a un certo punto si era allontanato dai sapori a lui famigliari, cucinando quaglie con garam masala e cioccolato bianco aromatizzato al finocchio, e la fortuna lo aveva abbandonato. È un errore che non ha più commesso. Da allora, per ogni progetto o menù che ha sviluppato, Simeon ha approfondito la storia—la sua, quella della sua famiglia e quella delle Hawaii, il posto dove vive e da cui proviene. «La grande lezione che ho imparato da quell’esperienza è stata: non provare a essere ciò che non sei», spiega Simeon. «Prima, il mio punto di riferimento era il continente americano, mi ispiravo a ciò che facevano a New York». Dopo essere tornato a casa con in tasca la sconfitta di Top Chef, si è buttato a capofitto nei libri di ricette di suo padre, provenienti dagli Hongwanji, i templi buddisti delle Hawaii. Ha ascoltato le canzoni della cantante hawaiana Edith Kanaka’ole, che celebrano le diverse varietà di limu (alghe) e kalo (taro, una pianta commestibile). E si è concentrato su ciò che più lo appassionava della cucina hawaiana: i ripieni dei pescatori, l’uhu (pesce pappagallo) al forno con lup cheong (salsiccia cinese) e maionese, il profumo dei gamberi che friggono nel burro proveniente dai chioschi ambulanti sulla spiaggia di Oahu, i banchetti sulla strada che cuociono polli interi allo spiedo su legna di kiawe. 

Si è reso conto che tutte le diverse tradizioni culinarie che si sono mescolate e scontrate su queste piccole isole, a causa delle numerose ondate migratorie—dai primi polinesiani che si sono stabiliti alle Hawaii, agli esploratori e ai missionari occidentali, fino ai lavoratori delle piantagioni provenienti da diversi paesi, tra cui Cina, Giappone, Filippine—costituivano una fonte inesauribile di ispirazione. «Adesso ho adottato un punto di vista prettamente hawaiano», dice Simeon, «invece di guardare verso l’esterno, sto tornando sempre più alle radici». Simeon è nato a Hilo, sulla Grande Isola, da genitori di origine filippina. Sua madre immigrata direttamente dal paese d‘origine, suo padre figlio di prima generazione di lavoratori delle piantagioni. «Casa nostra era un luogo di ritrovo per l’intera comunità», racconta lui, «mio padre cucinava per tutti. Ogni compleanno era festeggiato da noi—anche i luau (grandi festeggiamenti per un matrimonio o, ad esempio, per il primo compleanno di un bambino, nda) e i matrimoni. Per molti fine settimana consecutivi, lui cucinava dall’alba al tramonto». Quando venne il momento di aprire il suo primo ristorante, Simeon provò a infondergli l’atmosfera della sua casa natale. Nel 2014 aprì Migrant nel Wailea Marriott Resort a Maui e, anche se il menù era ispirato ai sapori della sua infanzia, fu subito chiaro che la clientela era prevalentemente costituita da turisti. Simeon decise quindi di non rinnovare l’affitto di Migrant. Lui e la moglie aprirono quindi Tin Roof, un locale di 50 metri quadri con un bancone per il take away accanto a un banco prestiti, dove servivano ciotole di riso e di noodles condite con sapori locali, come il pollo mochiko. 

Quello spazio aveva ospitato per vent’anni un okazuya, una sorta di rosticceria giapponese a conduzione famigliare i cui proprietari volevano adesso andare in pensione. Sheldon e Janice utilizzarono tutti i loro risparmi per ristrutturarla e riaprire al pubblico. «Non sopporto di veder chiudere i negozi di quartiere», racconta lui. «Non avrei tollerato di vedere Quiznos o Subway prendere il posto di quel locale, e in più volevo tornare a cucinare per i miei conterranei». Mentre Tin Roof è dedicato ai pasti veloci, l’ultimo ristorante di Simeon, Lineage, aperto alla fine dello scorso anno, è ispirato alle feste e ai luau che si tenevano a casa della sua famiglia e che sono parte integrante del tessuto sociale hawaiano. Questo non significa che la cucina sia pretenziosa. Ciò che spesso caratterizza queste celebrazioni intergenerazionali è l’abbondanza di cibo. I luau sono l’occasione per tutti di cimentarsi nelle loro specialità, come le alette di pollo Huli Huli con ananas grigliato di Simeon, che richiamano alla mente i polli interi allo spiedo venduti ai bordi della strada; il maiale guisantes di suo padre (uno stufato filippino di maiale e piselli); la salsa kamaboko (surimi) di una cognata che a Simeon, cresciuto nei pressi di una fabbrica di crocchette di pesce, riporta alla mente vividi ricordi dell’infanzia. Che venga servito ai suoi figli a una cena di famiglia o nella sala del suo ristorante Lineage, ogni piatto di Simeon affonda le radici nelle complesse e intricate tradizioni hawaiane. Dando così al passato un posto nel presente. 

 

Foto di Bailey Rebecca Roberts