Vigneti color smeraldo circondati dall’oro del grano di luglio generano uve che lentamente maturano in attesa del tardo mese di ottobre, periodo in cui vengono raccolte per iniziare “il viaggio del vino”. È una storia antica quella di Feudo Montoni che inizia nel 1469. Siamo nel cuore della Sicilia, in uno dei luoghi più emblematici per comprendere la ricchezza enologica e la tradizione agricola della regione.
Feudo Montoni ha origini antichissime, che risalgono al periodo medievale e si trova in una posizione strategica che combina altitudine, esposizione e clima ideali per la coltivazione della vite. La famiglia Sireci, attuale proprietaria, ha ereditato questo patrimonio e lo ha trasformato in un punto di riferimento per la produzione di vini di alta qualità, rispettando le antiche tradizioni e, al tempo stesso, introducendo pratiche moderne e sostenibili. Oggi l’azienda agricola è guidata da Fabio Sireci e dalla moglie Melissa Muller che, dall’America, si è trasferita sull’isola dopo aver pubblicato un libro sulla cucina siciliana.
La storia
È per volere della nobile famiglia aragonese Abatellis (gli stessi che costruirono Palazzo Abatellis a Palermo, dal 1954 sede della Galleria Regionale della Sicilia) che vengono costruite nel 1469 le mura del baglio ancora esistente e, dall’Ottocento, abitato dalla famiglia Sireci che prosegue l’antica tradizione di produzione di vini, grano, lenticchie, ceci e olio. La vocazione del territorio fu raccontata nel De Naturali Vinorum Historia del 1595 da Andrea Bacci, agronomo e medico di Papa Sisto V che, in quello che è considerato il primo trattato enologico italiano, elogiava la viticoltura di qualità di queste terre.
«Siamo onorati di poter vivere e lavorare in questo luogo che ci ospita – precisa Fabio Sireci – una storia secolare che insegue un presente fatto di passione, di visione e di sudore. La mia famiglia da secoli ha donato tutta la sua energia alla terra di Montoni».
Isola Montoni
Terra intrisa di radici che sprofondano nelle viscere di una Sicilia piena di luce e che per l’altitudine gode di fresche serate estive: «La terra di Montoni crea, custodisce e ama. È una vera e propria “isola nell’isola” – sottolinea Fabio Sireci –. Il momento della vendemmia è sempre il più emozionante: si compie un viaggio con la responsabilità di potere raccontare 600 raccolte di uva custodite nelle cantine dell’ispanico baglio». Qui, come racconta Fabio, tutto si muove in direzione di ascolto della natura, madre severa e buona che crea sempre condizioni perfette di equilibrio che soltanto se assecondate e rispettate possono essere preludio di grandi prodotti.
Il Feudo si estende su circa 80 ettari (di cui 40 sono vitati) situati a un’altitudine compresa tra i 500 e i 700 metri sul livello del mare. Con questa posizione garantisce un microclima unico, caratterizzato da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte che favoriscono una maturazione lenta e uniforme delle uve. Oltre alla vigna, a Montoni si coltiva il grano sin dai tempi dei romani, pratica che ha contribuito nei secoli a un “naturale isolamento” dei vigneti di Montoni, creando un microcosmo a sé.
La selezione massale
Si tratta di una tecnica di riproduzione delle viti con il tradizionale metodo della propaggine o dell’innesto, che mira a preservare la loro variabilità genetica con l’obiettivo di mantenere intatti i tratti distintivi della vigna e la sua intima relazione con il territorio, niente vivai o altro così le sole varietà autoctone che vengono allevate (Catarratto, Grillo, Inzolia, Nero d’Avola, Nerello Mascalese e Perricone) ancora oggi si distinguono per descrittori e caratteri unici. A Montoni si vive con i ritmi della natura e ogni varietà è coltivata con metodi che rispettano l’ambiente, seguendo i principi dell’agricoltura biologica.
Il vigneto prefilossera
La vigna più storica è senza dubbio quella da cui nasce il Vrucara, che è anche tra le più vecchie al mondo. Il suo nome indica il cru da cui proviene l’uva di Nero d’Avola con viti quasi bicentenarie. L’impianto originario trova traccia già alla fine del Cinquecento, a testimonianza della “sacralità” del luogo e della viticoltura locale. Il nome del vigneto deriva dalla “vruca” presente, ovvero dal cespuglio che spontaneamente cresce intorno alla vigna e che dona al vino un sentore mentolato, miscelato con olio d’incenso.