Quando nel dicembre 2015, arrivato nel capoluogo sardo per portarvi il suo Josto – in precedenza a Oristano, e oggi tra le insegne più interessanti di Cagliari con la sua cucina al tempo stesso autenticamente sarda e intelligentemente contemporanea –, lo chef Pierluigi Fais decise di aprire Framento in attesa di partire con la nuova sede del ristorante, la scena della pizza sull’isola non era esattamente quella attuale: con un po’ di ritardo rispetto ad altre regioni, nonostante la grande tradizione dell’arte bianca, qui non avevano ancora preso piede cornicioni ipertrofici e condimenti “gourmet”.
Mettendo insieme studio su impasti e lievitazioni e approccio da cuoco, Framento ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione di un panorama cittadino e regionale oggi molto vivace. Proprio poche settimane prima di entrare nel decimo anno di attività, Fais e la sua squadra – che nel frattempo hanno dato vita anche a Etto, graziosa macelleria con cucina nello stesso angolo di città degli altri locali, in zona Stampace tra la stazione e piazza Yenne –, hanno sparigliato le carte con un cambio di sede che ha portato anche altre interessanti novità.
A cominciare dal caffè: se da Josto a fine pasto arriva in tavola la moka, il nuovo Framento è anche caffetteria, aperto dalle 8 alle 12 con i caffè specialty di Bugan e una proposta per la prima colazione incentrata su pane (con toast e pane burro e marmellata), torte e un originale sfogliato allungato da farcire in modo dolce o salato, e a seguire come pizzeria non stop. «Visto il successo dell’apertura a pranzo, abbiamo pensato di allungare l’orario di servizio secondo il modello anglosassone. Ma ci piaceva anche dare un’offerta diurna in una via molto animata di sera ma quasi deserta al mattino», racconta Fais. E se la sera il bancone all’ingresso accoglie le sedute della pizzeria insieme ai tavoli della sala sul retro, al primo piano trovano posto anche il banco pizzeria e il forno, al secondo c’è la zona impasti, al terzo magazzino e cucina e al quarto la terrazza per la bella stagione, con una piccola appendice panoramica ancora più su. Il tutto, con uno stile colorato e allegramente pop tra pareti gialle, murales e quadri optical, che riassume il mood scanzonato ma curato del locale. E con un lato beverage altrettanto rafforzato tra vini non banali, birre artigianali e qualche cocktail ben fatto.
Qualcosa bolliva in pentola già da un bel po’: i lavori per trasformare (rispettandone la storia ricca di aneddoti e avvenimenti, come la piccola edicola con la statua della Madonna messa lì nel secondo dopoguerra da una famiglia rifugiatasi nel sottoscala e risparmiata dai bombardamenti) una palazzina che in passato ha ospitato una libreria di articoli religiosi, la Casa degli scout e un negozio di mobili, oltre che di abitazioni private, sono stati lunghi e laboriosi, ed era già da qualche anno che erano in cerca di una casa più ampia per Framento. «Negli anni ci eravamo resi conto avevamo bisogno di più spazio per far crescere la qualità e migliorare le condizioni di lavoro», prosegue Fais. «Durante la pandemia abbiamo trovato questo stabile in vendita e ci siamo appassionati all’idea di creare un locale “diffuso”, su più piani e con una bella terrazza. Uno stimolo ma anche una sfida impegnativa. Sapevamo che sarebbe stato complicato ma ci piaceva l’idea di realizzare una pizzeria con un numero di coperti importante mantenendo intimità, riservatezza e un’accoglienza di un certo tipo».
Il risultato lascia poco spazio ai dubbi: dislocato su quattro piani ora collegati da un ascensore, il nuovo Framento è già entrato nel cuore e nelle abitudini dei cagliaritani grazie alle novità ma anche alla continuità con il passato. La pizza, soprattutto, è rimasta quella già molto apprezzata, per quanto ancora più buona grazie a nuovi accorgimenti e strumenti, dall’impastatrice alla camera di lievitazione, che consentono di gestire al meglio il lievito madre (in sardo, frammentu).
«Quando ci chiedono di darne una definizione diciamo, scherzando, che è l’antitesi della pizza napoletana», dice lo chef per raccontare l’impasto a lievitazione naturale a base di farine integrali tra cui farro, Enkir, Buratto e semola sarda. Un insieme che risulta piacevolissimo anche grazie alla cottura prolungata e divisa in due fasi per non rovinare i condimenti più delicati, che seguono lo stesso approccio della cucina di Josto: pochi, ottimi ingredienti – in gran parte di provenienza sarda – resi protagonisti di pizze buonissime e originali. Come la Bianco, rosso e verdone con sugo di pomodoro, stracciatella fresca, rucola selvatica e vinaigrette di sapa, la Sarda con sugo di pomodoro, fiordilatte, salsiccia di Etto, oia pistada (olive verdi pestate e denocciolate) di Orro e pecorino stagionato o la Pizza Toast con fiordilatte, prosciutto cotto, Fontina d’alpeggio e polvere di cipolla bruciata. Alcune poi sono proposte con un impasto diverso, nato durante la pandemia perché più adatto all’asporto.
Sottile e croccante, guarda alla tonda “romana” ma soprattutto a quella che si può considerare la tradizione sarda prima dell’avvento delle pizze “moderne” e, unendo lievito madre e lievito di birra, assembla profumo, croccantezza e leggerezza. L’ideale per condimenti essenziali ma deliziosi come nella Porca Paleta: pomodoro, olio, origano e paleta di Pata Negra messa all’uscita, pronta a sprigionare i suoi aromi intensi grazie al calore della base.