Le Corbusier, progettista e pittore pioniere del moderno design, sosteneva la teoria per cui “l’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi”. Forse per questo è comprensibile il processo che ha portato il mondo del vino a costruire progetti architettonici capaci di emozionare intorno agli spazi dedicati alla vinificazione. Dalle cattedrali sotterranee di Canelli, nell’Astigiano, alle invenzioni contemporanee di archistar internazionali tra Toscana, Umbria e Lombardia, l’edificio che sta intorno ai tini di cemento o d’acciaio e alle bottaie di molte cantine italiane racconta un prodotto culturale. Questione di marketing, dunque, che si connette poi all’evoluzione delle esperienze enoturistiche come approccio vivo e diretto al vino.
Vigne e architettura in Alto Adige
In pochi decenni, l’Alto Adige ha superato ad ampie falcate il pensiero del vino come prodotto di consumo, facendone un’icona di territorio, cultura e saperi, traslando su un piano più alto il rapporto tra agricoltura ed esperienza. E mentre i vigneti diventavano meta di pellegrinaggio per winelover, con l’assurgere del kellermeister a vate di una trasformazione epocale dell’uva in ricchezza (nelle aziende private così come nelle solide cooperative di vallata), le cantine altoatesine hanno iniziato a prender forma come templi per la celebrazione del vino. Integrate nel paesaggio montano e talvolta sorprendenti per l’approccio sostenibile, tra bio-edilizia e cemento armato, oggi molte cantine regionali si stagliano come icone di un’architettura d’autore capace di aggiungere bellezza a bellezza. E dunque di attrarre un turismo colto, che va oltre il sorso per cercare le linee di un’esperienza enoico-culturale. «L’evoluzione architettonica è sempre più evidente. – conferma Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige – Da quando i nostri vini hanno iniziato a conquistare gli appassionati di tutto il mondo, molte tenute hanno iniziato a sperimentare una trasformazione profonda: in alcuni casi passando da strutture storiche a spazi che incorporano accenti moderni tra le mura antiche, in altri casi con progetti architettonici all’avanguardia anche dal punto di vista tecnologico. Questa fusione tra stili estremamente diversi offre un piacere culturale ed enogastronomico».
Le tracce della storia
Un primo itinerario – che in automobile richiede meno di un’ora e mezza di tragitto, ma che con un paio di giorni tra visite e pedalate è serenamente percorribile in bicicletta – conduce alla scoperta di storiche maison del vino sudtirolese che hanno mantenuto e recuperato con cura le strutture più antiche. Un buon punto di partenza è il territorio di Cortaccia, dove la tenuta Tiefenbrunner (tiefenbrunner.com) offre l’occasione di un viaggio nel tempo fino al XIII secolo. La cantina è infatti all’interno di Castel Turmhof, un’antica fortezza con oltre 800 anni di storia trasformata in azienda agricola nel 1848, circondata da 25 ettari di vigneti che arrivano fino a 940 metri di altitudine. Tra sale affrescate e angoli resi suggestivi dai segni lasciati da secoli di lavoro, con sei generazioni di viticoltori alle spalle, Tiefenbrunner suggerisce una sosta per una visita alla cantina (tra legno, cemento e acciaio) e un piatto tradizionale al bistrot nel castello accompagnato dai bianchi eleganti e di grande agilità della linea Merus (tutti vinificati in cemento) oppure scoprendo l’intrigante Müller-Thurgau Feldmarschall von Fenner o il Moscato Giallo della selezione Turmhof.
Prima di muovere verso nord, merita una sosta nel borgo di Magrè la tenuta Alois Lageder (aloislageder. eu) che unisce un respiro antico tra le mura della cantina e la vineria Paradeis allo sguardo contemporaneo su vini che parlano una lingua giovane. Dopo una passeggiata in vigna tra boschi e animali (la tenuta è a conduzione biodinamica), la degustazione può spaziare dai monovitigni agili e freschi – Schiava e Pinot Bianco su tutti – fino ai cru, con cui l’azienda si propone di restituire l’essenza delle proprie uve.
Lungo la strada del vino, la piazza pittoresca nel borgo di Termeno è dominata dal palazzo signorile del XVI secolo che è base della Tenuta J. Hofstätter, ampliato nel 1997 da Martin Foradori Hofstätter con una moderna “torre del vino” audacemente accostata al campanile quattrocentesco. Nella cantina si assaggiano i Gewürztraminer e i Pinot nero da singola vigna (hofstatter.com).
La tappa successiva è da Manincor (manincor.com), che si affaccia sul Lago di Caldaro e nasconde un universo sotterraneo fatto di cemento armato. La nuova cantina – progettata dagli architetti Walter Angonese e Rainer Köberl – è stata infatti costruita nelle adiacenze della dimora storica che ancora do- mina il paesaggio, ma interamente nascosta sotto i vigneti di cui riprende la topografia. Il conte Michael Goëss-Enzenberg aveva progetti ambiziosi e nelle nuove ampie strutture accompagna i vini (frutto di viticoltura biodinamica) verso un’eleganza che si trova nel calice. Da assaggiare l’affascinante Sauvignon Blanc Lieben Aich e il profondo Lagrein Rubatsch, ma soprattutto la bellissima Schiava da viti vecchie dalla vigna der Keil a 250 metri di altitudine.
La Cantina San Michele Appiano (stmichael.it) si presenta con un’imponente struttura da château alpino in stile asburgico, ma accanto a bottaie secolari – dove nasce l’Appius, uvaggio di varietà a bacca bianca firmato dallo storico enologo Hans Terzer – nasconde una nuovissima cantina completata nel 2020 con design contemporaneo e sistemi tecnici di vinificazione che utilizzano la gravità.
Un’altra cantina sociale poco distante, Girlan (girlan.it), ha unito un’appendice in stile contemporaneo alle storiche strutture della cantina: vale la pena fare un passaggio per assaggiare i Pinot Nero Riserva della linea Solisti e le splendide Vernatsch Gschleier e Fass Nr. 9.
Dulcis in fundo, tra i luoghi storici del vino altoatesino spicca l’Abbazia di Novacella, Kloster Neustift in tedesco (kloster-neustift.it) che da quasi 900 anni produce vino ed è tutt’oggi governata dai Canonici Agostiniani, anche se la cantina è gestita da tecnici laici. Fondata nel 1142 grazie a una donazione di terreni e masi, l’abbazia si trova in dote una produzione viticola che fin da subito diventa vinicola; una vocazione espansa nei secoli con l’acquisto di vigneti e, dal 1961, con l’acquisto di uve da un consorzio di fedeli conferitori. Le storiche cantine, parte della struttura monastica, sono un crogiolo di bellezza e spiritualità, per cui la visita si intreccia con l’esposizione di opere d’arte e sale che lasciano a bocca aperta (ma da fine Novecento la produzione, tra cui spicca la linea di etichette Praepositus, si è trasferita negli annessi agricoli con successivi ampliamenti sotterranei).
Il fascino aromatico del Gewürztraminer
Odi et amo. Giocando sull’intima contraddizione descritta dal poeta latino Catullo, potrebbe esser sintetizzato in questa ambivalenza il posizionamento tra i consumatori del Gewürztraminer, vitigno simbolo dell’Alto Adige. La propensione a una versione spinta verso le note dolci nel calice, come da tradizione, ha infatti allontanato una parte dei consumatori, che però oggi sta riscoprendo la versione secca. Eppure il Gwt – come viene amichevolmente apostrofato il vitigno – è un pezzo di storia per l’area sudtirolese, dove la sua coltivazione (e vinificazione) viene fatta risalire al V secolo a.C. Riconoscibile per l’impronta identitaria, il Traminer aromatico proviene da una storia che, plasmandosi sul gusto antico, l’ha voluto rotondo, anche carico nell’espressione aromatica e nella struttura, esaltando la ricchezza zuccherina che la varietà porta in eredità. Il lavoro dei produttori altoatesini ne sta però modificando i connotati, lasciandone emergere la freschezza e la spiccata acidità. Un vino dunque non dolce, ma secco. Si lavora su calici più eleganti, fini e carichi di tensione, in cui lasciare espressione alla croccantezza del frutto e al dinamismo. E questo approccio ne esalta anche la grande attitudine gastronomica, legata alla tradizione locale ma anche alle cucine orientali. Un’ulteriore caratteristica del Gewürztraminer, che verrà sempre più valorizzata nel prossimo futuro, è la sua longevità. Assaggiato a 6 o 7 anni dalla vendemmia è un’esperienza capace di aprire il sipario sulla complessità celata fra i piccoli acini di questa varietà.
Design contemporaneo
Da un tour di antiche dimore a una lezione pratica di architettura contemporanea, partendo da Cortaccia e passando per Bolzano si arrivare a Nalles – meno di cinquanta chilometri in bicicletta, facili facili in due giorni, e poco più di un’ora di tragitto in auto. Nata dalla matita degli architetti Silvia Dell’Agnolo ed Egon Kelderer, la facciata di Cantina Kurtatsch (kellerei-kurtatsch.it) è dal 2021 un’icona lungo la Strada del Vino e nella valle, richiamando le lastre di dolomia verticali che sostengono i vigneti in quota della cantina cooperativa fondata nel 1900. Nell’enoteca vetrata si possono assaggiare i vini da microparcelle della linea Tres e le ottime etichette Terroir (su tutti il Pinot Bianco Hofstatt e il Pinot Nero Glen).
Le linee geometriche che si intrecciano, come a creare un esoscheletro che ricorda i tralci di vite, accolgono dal 2010 i visitatori in Cantina Tramin (cantinatramin.it). L’opera (pluripremiata) dell’architetto Werner Tscholl è una sintesi in cui convivono passato e futuro, legno e ferro, vetro e cemento, trasparenza e oscurità. All’interno, l’enoteca è il luogo ideale per assaggiare il vino icona di Tramin, il Gewürztraminer, che trova la sua espressione più celebrata nell’Epokale (vecchie vigne, vendemmia tardiva, sette anni di affinamentonella miniera di Ridanna Monteneve a duemila metri di altitudine).
Sulla strada verso Bolzano, due brevi soste per uno sguardo ad altrettanti esempi di integrazione tra design contemporaneo e tradizione: al maso Niklaserhof, storico produttore di Kerner vicino a Caldaro, l’area di accoglienza e degustazione si sviluppa su linee geometriche, mentre alla Cantina Colterenzio (colterenzio.it), famosa per le etichette Lafoà, gli architetti Michaela Wolf e Gerd Bergmeister di Bressanone hanno compiuto un intervento di ripensamento nel 2010, che rende molto interessante la struttura sul piano visi- vo e pure tecnologico. La tappa nel capoluogo è alla Cantina Bozen (kellereibozen.com), che nel 2018 ha inaugurato la nuova sede: balza all’occhio l’imponente cubo dell’area di accoglienza – ispirato alla foglia di vite e costruito secondo i principi dell’architettura sostenibile – ma salendo all’area di vinificazione e affinamento si rimane colpiti dai dettagli tecnici. Tra gli assaggi, il vino icona è il Lagrein Taber che parla di territorio e richiama alla gastronomia altoatesina.
Le ultime due tappe portano a Cantina Terlano (cantina-terlano.com) – un piccolo gioiello che ha fatto della longevità la cifra distintiva con la linea Rarity e che per crescere ha sviluppato in sotterraneo un progetto dalle linee contemporanee firmato dagli architetti Vonmetz-Trojer-Burger – e alla cantina Nals-Margreid (nalsmargreid.com) a Nalles, dove ha origine il Pinot Bianco Sirmian, l’architetto Markus Scherer ha innestato nelle strutture tradizionali muri a vista in cemento rosso-bruno, alte colonne e linee asimmetriche.