Nella ristorazione i cambiamenti possono essere senza dolore o irreparabili. La differenza la fa la solidità del progetto che la sottende e sostiene, specie se longevo e con una regia robusta, capace di garantire coerenza e costanza. A dispetto di pronostici poco ottimistici, il nuovo corso del Pashà a Conversano non appare segnato da scossoni, anche dopo la scelta di Antonio Zaccardi di lasciare il comando delle cucine e proseguire in autonomia una carriera professionale certamente in ascesa. Anzi. La giovanissima età e l’intraprendenza creativa dei ragazzi della brigata di cucina e una sala che continua a essere presidiata efficacemente dallo ieratico patron Antonello Magistà, la pragmatica floor manager Rossana Minunni e l’enciclopedico sommelier Juan Pablo Nieva, sembrano mettere meglio a fuoco l’identità di un luogo che, sin dall’inizio, ha dichiarato senza equivoci la sua ambizione: essere una casa elegante e avvolgente dove mettere in scena quotidianamente i valori di una terra, la Puglia, che conosce bene l’arte della seduzione ma non sempre se ne serve come potrebbe.
Una lacuna non ancora meritatamente colmata su cui Antonello Magistà ha costruito con determinazione il suo progetto mescolando con sagacia arte dell’ospitalità, entertainment, buona cucina e grandi vini. All’inizio, sodale e solidale, sua madre Maria Cicorella ha assecondato e interpretato al meglio questo progetto sublimando la cucina della sua memoria – quella della tradizione e delle radici – e innervandola di modernità ed eleganza. Una crasi colta e piaciuta molto alla guida Michelin tanto da convincerla ad assegnare al Pashà la prima (e tuttora unica) stella. Una crasi, tuttavia, che ha generato una crisi nel momento in cui Maria Cicorella, dopo aver varato e avviato sulla giusta rotta la nave ammiraglia di famiglia, ha deciso di lasciarne le cucine per tornare ai fornelli come piace a lei, cuoca custode di palati e orfani di mamme e nonne, senza l’ansia di giudizi, verifiche e verdetti. Una crisi rientrata e assorbita egregiamente con l’arrivo di Antonio Zaccardi, sous chef di Enrico Crippa per dodici anni, che grazie a tecnica, gusto e stile maturati accanto a un mentore di riconosciuto prestigio, ha colto con precisione e sensibilità l’anima green della cultura gastronomica pugliese e l’ha declinata in piatti che restano ascritti, anche se non più replicati, nell’archivio di quelli iconici del Pashà. La stessa anima green, che a giudicare dai piatti più recenti dopo il suo congedo, sembra essere condivisa appieno dalla terna di giovanissimi che, senza la tradizionale gerarchia delle brigate, sta ricucendo con risultati convincenti le diverse anime – vecchie e nuove – del Pashà.
Michele Spadaro, siciliano di Modica, già sous-chef di Zaccardi negli ultimi anni; Cosimo Colucci, pugliese, reduce dal tristellato Cocina Hermanos Torres di Barcellona e la pastry chef Valentina Le Noci stanno lavorando in grande armonia sulla costruzione di una nuova identità – più fresca, disincantata e affine alla cultura storica e gastronomica di Conversano – che non prescinde dai predecessori, ma è capace di andare oltre non sentendosene eredi o debitori. In carta, pensata come una produzione cinematografica dal provocatorio titolo-slogan “Giovani&Scapestrati”, si rivisitano e si miscelano quindi, senza pregiudizi, cult locali e regionali come le Polpette di pane, la Cialledda, il Riso, patate e cozze e la Tagliatella di seppia con divertissement come il Tramezzino di carne, sorprendentemente crunchy; lotte di classe come Caprese, caviale e focaccia all’olio e chiare reminiscenze degli esordi nella Triglia, cicoria e friggitelli. Si chiude in bellezza, e con rinnovata fiducia in un indirizzo emblematico della ristorazione pugliese, con un’intrigante interpretazione dello Spumone, dolce tipico di Conversano, a cui a gennaio è stata riconosciuta – grazie all’interessamento da tempi non sospetti di Antonello Magistà e altri appassionati cultori delle tradizioni gastronomiche locali – la Denominazione Comunale di Origine (DeCO), attestazione attribuibile da un Comune per riconoscere, promuovere e tutelare i prodotti agroalimentari, artigianali e locali particolarmente caratteristici del proprio territorio.