«Io mi definisco un artigiano che si è messo alla griglia». Non poteva trovare parole migliori per descriversi Lorenzo Aniello, proprietario insieme al fratello Alessandro – un esempio di eleganza ed efficienza in sala – de I Due Cippi di Saturnia, un riferimento in Maremma (e in tutta Italia) per la carne di qualità dal 1976. «Già negli anni 80 mio papà Michele appendeva nel retro del ristorante le varie lombate che frollava in una cella totalmente artigianale, con dei ventilatori disposti agli angoli della stanza e dei climatizzatori portatili per gestire l’umidità dell’ambiente – racconta Lorenzo –. All’epoca riusciva a far frollare la carne fino a un massimo di 30 giorni, per poi esporre le bistecche già tagliate e pulite in un frigorifero da esposizione nella sala principale. Il motivo? In quegli anni la gente non gradiva la carne soggetta ai processi di maturazione, pensava non fosse buona».
Lorenzo Aniello, il “meat master” dell’insegna, ha avuto la fortuna di crescere in un ristorante familiare da sempre dedito al mondo della brace: il suo è infatti un percorso da autodidatta, arricchito dalla possibilità di girare tanti indirizzi tra Italia ed Europa, spinto dalla passione e dalla conoscenza. Un percorso svolto insieme ad Alessandro – il quale oltre a essere un esperto di vini si diletta in piccole preparazioni culinarie, come i suoi ottimi asparagi sott’aceto da gustare tra gli antipasti – che ha fatto evolvere I Due Cippi in un ristorante gourmet dove il camino e il fuoco sono l’essenza della proposta gastronomica. «Il camino viene alimentato solamente con legna di quercia che viene fatta stagionare nella nostra legnaia per un anno – spiega Lorenzo Aniello –. La carne viene quindi appesa sopra la brace per far aumentare la temperatura interna in maniera graduale, processo che utilizzo anche per la successiva reazione di Maillard. Non sono un fan della cottura a fuoco vivo e ad alte temperature, anche perché spesso per ricercare la crosta esterna della bistecca si rischia di “sacrificare” la succosità della carne».
Un talento e una conoscenza della materia prima che hanno permesso all’insegna di entrare nella famosa classifica britannica della World’s 101 Best Steak Restaurant – di cui fanno parte anche altri sei ristoranti italiani, tra cui la Braseria in provincia di Bergamo e Bifrò a Torino – con un settimo posto nel 2023. Un successo bissato anche quest’anno, con l’indirizzo toscano che è riuscito a migliorare la sua posizione attestandosi in sesta posizione, confermandosi il miglior ristorante di carne in Italia secondo la speciale classifica. «Io sono dell’idea che quando lavori in un certo modo i risultati arrivano: noi non siamo in una posizione facile da raggiungere e se indubbiamente le vicine terme di Saturnia ci danno visibilità, è anche vero che abbiamo molti turisti che vengono qui da noi esclusivamente per la nostra proposta», confessa orgogliosamente Lorenzo che con I Due Cippi, dal 2022, è anche Kobe Beef Official Partner. «È un contratto con cui ti impegni a consumare un quantitativo minimo annuale di Wagyu – commenta Aniello –. Un riconoscimento che ci ha permesso di visitare il miglior allevamento di Wagyu nella valle di Tajima, oltre a vedere da vicino il processo di macellazione e distribuzione nei supermercati d’élite o nei ristoranti di Kobe». Da questa partnership il ristorante è riuscito anche a ottenere l’esclusiva in Italia per il Wagyu di Sendai allevato a riso: «È la carne più rara del mondo; per intenderci, nella terra del Sol Levante rappresenta solamente lo 0.05% delle macellazioni».
In carta è presente anche Wagyu proveniente da Italia, America e Australia, oltre a una selezione composta da Black Angus italiano, vacche d’alpeggio, da latte (come quella utilizzata per produrre il Parmigiano Reggiano) e Rubia Gallega, con processi di frollatura e maturazione che arrivano fino ai 100 giorni. «Non è detto un lombo più è frollato e più e buono, perché ogni vacca ha la sua storia», specifica Lorenzo che insieme ad Alessandro, a Carlo Della Monica – responsabile della cucina ora alla brace – e alla restante brigata, si riuniscono abitualmente per creare un menu dove non mancano i crostacei e il pescato del Mar Tirreno: dalla Pancia di maiale con lo scampo al Midollo con tartare di tonno, dalla Lingua alla brace con gambero rosso agli Scampi dell’Argentario in cottura ancestrale con grasso di vacca. Convincente anche la proposta delle paste fatte in casa come il Raviolo di ricotta e borragine di campo – raccolta dal team nelle campagne maremmane –, burro d’alpeggio e Parmigiano Reggiano 60 mesi o le Pappardelle del cacciatore al ragù di lepre selvatica.
Un’esperienza culinaria che può contare su una cantina con più di mille etichette, raccontate e selezionate con bravura dal sommelier Ayoub Nouira, il plus in sala di questa affascinante insegna nel cuore della Maremma.