Alegría café de olla

I grani dell’abbondanza

Un mondo di cereali da scoprire: sostenibili, poliedrici e soprattutto deliziosi.

Quasi tutte le dispense occidentali sono strapiene dei soliti cereali come granoturco, riso e orzo – magari un po’ di quinoa e farro –, ma questa è solo una piccola frazione della grande varietà di cereali sorprendentemente gustosi che vengono consumati nel resto del mondo. Alcuni sono croccanti e mandorlati, altri amidacei e appaganti, mentre altri donano un’inattesa ricchezza ai piatti. Introdurre dei cereali diversi nella vostra dieta offre l’opportunità di apportare ai pasti consistenze decise e una pienezza molto soddisfacente (con, allo stesso tempo, una bella aggiunta di proteine e fibre). Cercate qualcosa di denso e piacevolmente amidaceo? Prendete un po’ di sorgo e tramutatelo in una vivace insalata. Per cambiare un po’ la solita pasta fatta in casa, provate a usare il teff. Per una cena infrasettimanale molto veloce, cucinate il fonio come se fosse polenta o trasformate il miglio indiano in una pila di morbidi roti. E come dessert, saltate un po’ di amaranto in padella e mischiatelo con dello sciroppo dolce, noci e frutta secca per una goduria che ricorda i Rice Krispies. Il vantaggio maggiore di questi grani è sicuramente la loro versatilità. Esistono molteplici modi per utilizzarli e vengono sempre bene. Ciascuno di essi è tanto resistente quanto gustoso. Sono ben adattabili e, per chi li coltiva, meno laboriosi dei cereali più comuni quali riso e grano – il che vuol dire che con il cambiamento climatico in atto saranno sempre più diffusi nei prossimi anni. Attingere al variopinto mondo dei cereali è il modo giusto per aggiungere sfumature di carattere e sapore al vostro repertorio. Appena comincerete a capire in quanti modi possono rivoluzionare i vostri pasti, non penserete mai più ai cereali come a qualcosa di monotono.

Sorgo

«Mi piace chiamare il sorgo il grano del futuro», dice Roxana Jullapat, comproprietaria e pasticcera del ristorante Friends & Family di Los Angeles. Jullapat, nata a Los Angeles ma di origini tailandesi e costaricane, si rese conto del potenziale del sorgo lavorando al suo primo libro di ricette, Mother Grains, un’esplorazione del mondo dei cereali per fornai professionisti e appassionati all’argomento. «Il sorgo è altamente sostenibile. È molto nutriente; è una coltura ad alto rendimento; e può crescere in ambienti secchi e aridi – cosa che un grosso numero di terreni coltivabili rischia di diventare». Il sorgo esiste da millenni. Le sue origini come alimento risalgono all’Egitto meridionale e fu inizialmente addomesticato in Etiopia e Sudan prima di espandersi al resto dell’Africa. Si pensa che sia arrivato negli Stati Uniti tramite le popolazioni schiavizzate dell’Africa occidentale. Qui, i raccolti di sorgo vengono in genere usati per tre scopi: come mangime per bestiame, per produrre sciroppo e come grano. Lo sciroppo di sorgo, ricavato dagli steli della pianta simili a quelli del mais, è un pilastro della cucina appalachiana, usato come un dolcificante simile alla melassa per crostate e biscotti. L’uso del grano è quello sul quale Jullapat si concentra. Lo potete usare macinato e unito alla farina, come ingrediente per dolci senza glutine o anche intero in chicchi, che siano dolci (cotti, diventano un sostanzioso porridge ricco di amido) o salati (come nella sua Insalata di sorgo e tonno bianco con limone sotto sale). «È il cereale più ricco di amido – dice Jullapat –. Diventa cremoso, come il riso Arborio, e molto denso». Se lo usate come base per un’insalata, lavate i chicchi prima di cucinarli per rimuovere l’amido in eccesso e cuoceteli in acqua abbondante, come la pasta. Una volta cotti, spargeteli su una teglia e irrorateli con olio extravergine d’oliva così che non si attacchino troppo l’uno all’altro», consiglia lei. «Un vantaggio di questi grani è che si sposano bene con una vinaigrette, siate quindi generosi». – Margaret Eby

Fonio

Lo chef Pierre Thiam è un paladino del fonio. Non solo ha parlato in un TED Talk della sua importanza e ha scritto il libro di cucina Fonio Cookbook, ma se questo ingrediente adesso si può facilmente reperire negli Stati Uniti lo si deve a lui. «Cominciammo a distribuirlo ufficialmente nel 2017 presso un’unica sede di Whole Foods, una nuova apertura ad Harlem», dice Thiam. La sua popolarità crebbe velocemente tra i clienti; adesso il Thiam’s Yolélé Fonio si trova in tutti i Whole Foods degli Stati Uniti. Si capisce facilmente il perché: il fonio è un cereale nutriente e versatile, ed è piuttosto semplice da cucinare, tanto che nella comunità Bambara, un’etnia Mandé nativa di una larga parte dell’Africa occidentale che lo usa come alimento di base, c’è un detto che dice più o meno “il fonio non imbarazza mai il cuoco”. In una pentola di acqua che bolle, si cuocerà per bene in cinque minuti o anche meno, giusto il tempo che i chicchi assorbano il liquido di cottura. «Troppa acqua, e diventa un porridge fantastico, simile alla polenta o al grits americano (preparazione a base di farina di mais o semola degli stati del Sud) – dice Thiam –. Con meno acqua, il risultato è un grano soffice come un cous cous, con una nota di frutta secca. È anche un cereale molto generoso: da una tazza di fonio crudo se ne ottengono fino a quattro, una volta cotto». Il fonio ha radici profonde in Africa, ma divenne meno diffuso in seguito alle dominazioni coloniali alla fine del XIX secolo. Al giorno d’oggi, lo si coltiva e lo si consuma per lo più nella regione del Sahel nell’Africa occidentale, un’area piuttosto arida a sud del Sahara che include parti di Senegal, Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger, Algeria, Nigeria, Chad, Etiopia, Eritrea, Camerun e Sudan. Il fonio richiede pochissima acqua e cresce molto velocemente: le piante sono pronte per il raccolto in due-tre mesi a seconda della varietà. «La cosa più importante per me è che l’utilizzo del fonio significa poter dare sostegno a quei piccoli agricoltori che lo coltivano in una delle regioni più povere al mondo», dice Thiam. Senza tralasciare il fatto che va benissimo nelle polpette (vedete la ricetta di Thiam per le Polpette di manzo e fonio con stufato di patate dolci). – Margaret Eby

Miglio

Il termine miglio non si riferisce a un solo grano ma piuttosto a una famiglia di piante annuali. In quanto una delle coltivazioni più antiche – se ne trovano menzioni nei testi dell’antica Grecia e nel Vecchio Testamento – il miglio è consumato in molte zone del mondo. Oggi è popolare in paesi africani e asiatici come Nigeria e India. In Occidente, si usa più che altro come mangime per animali e uccelli, visto che spesso non si è ancora compreso quanto questo cereale sia gustoso e adattabile. Ci sono diversi tipi di miglio apprezzati in tutto il mondo (tra cui il teff), ma una delle varietà più deliziose e diffuse è quello indiano, anche conosciuto come ragi in molte parti dell’India. È un ingrediente che Chitra Agrawal ha sempre a portata di mano. Agrawal, autrice di Vibrant India: Fresh Vegetarian Recipes from Bangalore to Brooklyn e proprietaria di Brooklyn Delhi, una società che produce condimenti indiani, dice che il ragi è particolarmente apprezzato nello stato del Karnakata, nel sud del Paese. «La farina viene usata per un piatto rustico e sostanzioso chiamato ragi mude (o palle di ragi), preparato tradizionalmente nelle zone rurali perché offre alle famiglie un abbondante sostentamento per affrontare la giornata». A casa, Agrawal ama trasformare la farina di ragi in una ricca pila di roti – sfoglie croccanti e salate il cui impasto è arricchito da semi di cumino, foglie di curry e cocco in fiocchi – che serve con un po’ di yogurt e di achaar di pomodoro. È un piatto ispirato ai roti di ragi che le preparava sua madre, ed è una ricetta che lei adesso fa per il suoi figli. Oltre al valore nutrizionale (è ricco di fibre) e alla versatilità (va bene non solo per i roti ma anche per un energetico porridge, dei dosa croccanti o degli squisiti biscotti), il miglio è anche tra le colture più resistenti e robuste che l’uomo possa piantare: resiste alla siccità, richiede poca manutenzione e cresce molto velocemente rispetto ad altri cereali (mentre il riso e il grano ci mettono quasi sei mesi per maturare, il miglio è pronto in soli 60 giorni). Ma non lasciatevi ingannare dalla maturazione veloce; le piante di miglio danno anche raccolti davvero abbondanti. Questo significa che c’è più miglio per tutti – ed è un bel vantaggio. — Khushbu Shah

Teff

Definire il teff l’alimento principale della dieta etiope è francamente riduttivo. Questo cereale (un tipo di miglio), rappresenta quasi i due terzi delle proteine dell’alimentazione del Paese. «Il teff è la coltura agricola più diffusa in Etiopia, si pensa sia coltivato da circa 6,5 milioni di contadini etiopi», nota lo chef Yohanis Gebreyesus nel suo libro Ethiopia: Recipes and Traditions from the Horn of Africa (che gli è valso un James Beard Award). È una varietà che viene coltivata da millenni; fu introdotta nel Corno d’Africa quasi 3.000 anni fa. Il teff è tanto resiliente quanto versatile. Questo cereale prospera con la siccità ma può crescere bene anche se il suolo è allagato. Nel 2006, quando il teff cominciava ad acquistare popolarità nel mondo, il governo etiope proibì l’esportazione dei chicchi freschi temendo che ciò potesse farne aumentare vertiginosamente il prezzo e prosciugare le riserve. Il divieto al giorno d’oggi è solo parzialmente rimosso, e per far fronte alla domanda crescente di questo cereale così nutriente, il teff viene ora coltivato negli Stati Uniti, e in particolare nel nord ovest della costa pacifica. In Etiopia il teff viene in genere macinato e usato come farina per fare la injera, una piadina fermentata e acida che è il pilastro della cucina etiope. Ma Gebreyesus fa notare che la farina di teff è anche un’ottima aggiunta alla pasta fatta in casa; per esempio apporta un leggero gusto mandorlato alle sue tagliatelle che poi condisce con un burro chiarificato alle spezie etiopi conosciuto come niter kibbeh (ricetta in alto). Se fare la pasta di teff può sembrare una cosa strana, per Gebreyesus ha pienamente senso anche dal punto di vista culturale. «L’offerta di pasta nei supermercati di Addis Abeba è molto più ampia di altri prodotti, probabilmente a causa della nostra storia legata all’Italia negli anni Trenta». Ma, fa notare, il teff non deve necessariamente essere macinato come farina per essere consumato. «I piccoli semi possono essere cotti e mangiati come chicchi interi», spiega. Semplicemente bolliti in acqua salata fino a che non diventano teneri, i chicchi di teff acquistano un aroma delizioso e una dolcezza di fondo, e sono perfetti come base per una squisita insalata. — Khushbu Shah

Amaranto

L’amaranto è uno dei migliori assi nella manica di madre natura. Nonostante l’aspetto e la consistenza simili a quelli di un cereale, e il fatto che si cuocia e si usi esattamente come tale, è invece un seme. Come la quinoa e il grano saraceno, l’amaranto è considerato uno pseudo-cereale. Ma, a parte questo, è un portento di nutrimento e sapore: una fonte completa di proteine, perché contiene tutti i nove aminoacidi essenziali. Stupefacente, considerandone le dimensioni minute. La pianta di amaranto in realtà è maestosa – può arrivare anche fino a 3 metri di altezza, con larghe foglie che si possono usare nei soffritti e un’abbondanza di fiori in vivaci toni di rosso, viola e oro. I semi di amaranto, invece, sono quasi microscopici; assomigliano a un mucchio di perline. Questi piccoli granelli, che hanno un sapore intenso con note di frutta secca quando vengono cotti, sono coltivati in molte zone del pianeta, grazie alla natura resiliente dell’amaranto che richiede un ambiente a bassa umidità e può crescere a diverse altitudini. Le foglie sono particolarmente amate in Cina, India e in alcune zone dell’Africa Occidentale e dei Caraibi; mentre i semi sono da tempo immemore consumati in America centrale e meridionale, dove gli Aztechi vi si riferivano come al “cibo dell’immortalità”. Mentre gli antichi lo consumavano più che altro durante le cerimonie religiose, oggi nella cucina messicana l’amaranto è spesso preparato come il popcorn e sparso sulle insalate, o usato per addensare zuppe e stufati, dice Esteban Castillo. L’autore di Chicano Eats: Recipes from My Mexican-American Kitchen ne ama la versatilità, e spesso ne aggiunge una manciata nei frullati o ad altri piatti per un tocco croccante. L’impiego preferito per Castillo – e il modo in cui l’amaranto è più comunemente usato in Messico – è per preparare lo snack dolce tradizionale chiamato alegría. L’amaranto viene saltato in padella e poi mescolato a sciroppo, frutta disidratata e noci per creare un risultato finale che ricorda un mix tra Rice Krispies e il croccante di frutta secca. È semplice da preparare, e perfetto come prima prova con l’amaranto – da qui in poi le possibilità sono infinite. «Sono sicuro che abbiamo appena cominciato a scoprire quante cose si possono fare con i suoi semi», dice Castillo. — Khushbu Shah

Maggiori informazioni

Foto di copertina: Victor Protasio
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