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Umbria

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Oltre al vino, i monaci di San Masseo si sono messi a fare Vermouth 

Ai piedi del centro storico di Assisi, questo monastero ha ripreso da alcuni anni la coltivazione della vite e dal Grechetto ha cominciato a produrre il vino aromatizzato tanto caro ai piemontesi.

Il vino ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del Cristianesimo e i monaci sono stati custodi, nonché promotori, di questa tradizione. Come simbolo del sangue di Cristo, ha rivestito infatti un’importanza sacramentale e liturgica sin dai tempi della Bibbia, ed è diventato un elemento essenziale nelle celebrazioni eucaristiche. Per questo motivo i vari ordini monastici, soprattutto a partire dal Medioevo, hanno dedicato gran parte della loro vita alla coltivazione della vite e alla produzione enologica sviluppando, prima di altri, avanzate tecniche agronomiche e di vinificazione in grado di migliorare costantemente la qualità del vino. Con il passare dei secoli, il rapporto tra produzione vinicola e attività monastica ha continuato a evolversi e, anche dopo la Rivoluzione francese, quando molti monasteri furono chiusi e le loro terre confiscate, le tecniche e le tradizioni viticole sviluppate dai monaci furono adottate dai vignaioli laici e oggi, se territori come la Borgogna o la Champagne sono famosi in tutto il mondo, lo si deve proprio all’opera dei monaci, soprattutto cistercensi, che hanno preservato quelle terre dall’incuria e dalle barbarie.

Questo interessante connubio tra spirito, storia e antiche sapienze enologiche, ci ha portato alla scoperta dei vini realizzati all’interno del monastero benedettino di San Masseo, ai piedi del centro storico di Assisi e risalente al 1050 d.C., dove la cura della vite e dell’ulivo da alcuni anni è stata ripresa in mano dai monaci di Bose che oggi possono contare su un vigneto di circa 2 ettari per la coltivazione di Grechetto di Todi e Merlot, grazie all’aiuto degli ospiti dell’Abbazia. In particolare, dalla prima vigna, un vecchio impianto di oltre 50 anni, si producono circa 2mila bottiglie di Grechetto di Assisi Doc Bio (100% acciaio) che, vista la rarità, abbiamo avuto la fortuna di degustare verificando, con enorme sorpresa, che si tratta di un bianco tutt’altro che banale, lontano da filosofie produttive commerciali e, proprio per questo, in grado di esaltare le peculiarità di un vitigno dalle grandi potenzialità come il Grechetto di Todi. Questo vino, infatti, si fa apprezzare per intriganti note di sambuco, mela verde, mandorla fresca ed agrumi. Al sorso è ricco di sapidità e ponderata freschezza e chiude piacevolmente su ricordi fruttati.

Dalla vigna di Merlot di circa 20 anni nasce invece il Rubeum (anche in questo caso vinificato solo in acciaio), un rosso che fa della piacevolezza il suo punto di forza: è fresco, vinoso, sa di ciliegia e more e al sorso è misurato, dinamico, rappresentando un grande jolly per tantissimi abbinamenti a tavola, a cominciare dai salumi. L’altra etichetta di punta del monastero si chiama Masseo, un buonissimo Vermouth nato per caso. Qualche anno fa, infatti, una parte della produzione del Grechetto, a causa di un errore, ebbe dei difetti di ossidazione. Uno dei monaci ebbe così un’idea: perché non provare a farne un Vermouth? Fu contattato così uno dei migliori produttori piemontesi che, per rendere ancora più territoriale questo vino aromatizzato, propose di usare (oltre ai classici assenzio e ginepro) anche delle botaniche mediterranee del Monte Subasio. Questa è la filosofia dei monaci di Bose: come da un prodotto di scarto si può ottenere un nuovo vino liquoroso di grande qualità, così da ogni essere umano che giunge al monastero, in cerca di pace e per lenire mille ferite, può uscire un essere umano totalmente nuovo, vivo e ricco. Non è un caso se questo Vermouth stia ottenendo grandi consensi da chiunque lo assaggi.

Maggiori informazioni

Comunità Monastica di Bose, Monastero San Masseo
Via Petrosa sns, 06081, Assisi (PG)
monasterodibose.it

Foto di Roberto Merlotti

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