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Identità Golose

Identità Golose, ripartenza concreta

La prima giornata del congresso milanese propone “ricette per il futuro” e tanti spunti per affrontare le sfide che verranno.

Dalla regola benedettina dell’ora et labora, all’articolo 1 della Costituzione italiana, dalla sapienza degli scalchi rinascimentali alla grande stagione creativa del boom del Dopoguerra citati ad esempio e modello da Davide Rampello, il cui intervento apre i lavori dopo i saluti dei padroni di casa sottolineando anche il valore culturale del settore della ristorazione, ma pure il “diritto alla felicità” che in molti trovano in un’occupazione in linea con le proprie aspirazioni.

Il tema del lavoro è al centro della sedicesima edizione del congresso milanese – non si conta quella digitale dello scorso anno, non perché non abbia prodotto contenuti interessanti ma perché, come sottolinea un emozionato Paolo Marchi, «la realtà è questa qui, quella di cuochi e pasticceri che lavorano», di gente che si incontra, anche dei problemi come gli scioperi aerei che hanno bloccato Martina Caruso in Sicilia – e come dice Claudio Ceroni, «è alla base di ogni pensiero futuro e ripartenza».

Poca retorica, tanta concretezza per un’edizione rimandata per tre volte e per nulla scontata: passione e fatica vanno di pari passo, ed è tanto più evidente in un momento come questo in cui per la prima volta si avverte la mancanza di risorse lavorative fondamentali (non solo per ristorazione, non solo in Italia), soprattutto quelle giovani. «Un problema che va analizzato con serietà, senza semplificazioni», dice ancora Ceroni, anche perché per i giovani il tempo scorre più veloce e in due anni sono in tanti ad aver cambiato percorso, perdendo entusiasmo e facendo perdere all’Italia talenti.

Se ne parla con particolare urgenza nel primo pomeriggio, in occasione del confronto del comparto con le istituzioni, nella figura del viceministro Alessandra Todde (ma in video apre le danze l’intervento registrato del titolare del Mise Stefano Patuanelli, chiaro nel riassumere contingenze e obiettivi). Sul palco, Cristina Bowerman, Carlo Cracco ed Enrico Buonocore – patron di Langosteria, bel modello di impresa di settore made in Italy capace di trovare il suo equilibrio, appena approdata anche a Parigi – portano avanti le istanze di una categoria in cerca di se stessa, o meglio del riconoscimento che merita per poter garantire una vita dignitosa a chi lavora nella filiera, da chi produce a chi lavora in cucina.

«La ristorazione è fatta di persone che presidiano il territorio, che usano prodotti di qualità, che formano i giovani e che hanno bisogno di un referente. Il comparto deve ottenere un riconoscimento preciso, avere tutele per non scomparire – spiega Cracco – Abbiamo una grande occasione: ripartire in modo serio e costruttivo per darci un futuro e rendere il nostro lavoro non solo sacrifici, ma anche qualità del tempo e sicurezza economica. Ma ci vuole coesione». Gli fa eco Buonocore: «Le nostre aziende devono essere messe in grado di poter lavorare con beneficio per ripartire benessere su tutte le risorse umane. Ristorazione di successo vuol dire energia, continuità e numeri. E il nostro comparto, in Italia, è di interesse nazionale». Si discuterà di questo, il prossimo 6 ottobre, al primo incontro del neonato tavolo tecnico permanente della gastronomia con Mise e Mipaaf: «La priorità è quella di creare una legislazione specifica che permetta di distinguere la ristorazione come categoria che possa condividere regole e sostegni», chiosa Bowerman.

Non a caso, dunque, nella prima giornata di Identità Golose sul palco dell’Auditorium – ma sono temi e argomenti che tornano anche nelle altre sale, tra preparazioni e assaggi – le ricette che vanno in scena non sono quelle classiche ma contemplano soprattutto idee, concetti, persone. Come accade con Franco Pepe che presenta la sua “ricetta per la ripartenza” in dialogo con il giornalista ed economista Leopoldo Gasbarro che, spiega, ha conosciuto il pizzaiolo di Caiazzo tramite Niko Romito: a unire i due la semplicità nel porsi e nel raccontare la propria cucina, ma anche l’aver saputo cambiare il destino del proprio territorio innescando circoli virtuosi. Dunque, gli ingredienti della ripartenza di Pepe in Grani – impegnativa ma necessaria, e pienamente funzionante anche per l’indotto che si è creato a Caiazzo negli anni – punta su uno staff affiatato e ampliato, aggiungendo nuove figure e competenze come una Covid manager, una nutrizionista e un F&B manager al lavoro sull’innovazione dei prodotti, e anche lo stesso Gasbarro per ciò che riguarda la programmazione economica e le idee e un mental coach che supporti i 43 dipendenti e lo stesso Franco nell’affrontare sfide personali e professionali che nessuno si sarebbe aspettato.

Lavoro a 360° gradi, che oggi più che mai – e per chi lavora nella ristorazione ancor di più, da sempre – riguarda ogni aspetto della vita: dal legame con il territorio alla formazione e alla leadership, temi questi ultimi affrontati soprattutto nel panel al femminile con Dominga Cotarella di Intrecci, Tiziana Fava (talent acquisition manager del gruppo francese Big Mama) e Cristina Bowerman.

Impegno e concretezza sono parole chiave, presenti anche nel piatto scelto come simbolo di quest’anno: il “Lego” commestibile di Matias Perdomo e Simon Press, a rappresentare la costruzione – fattiva, non solo estetica, con il nome-monito “Questo non è un gioco” – di nuovi, possibili futuri.

Responsabilità – da parte di chi prepara da mangiare e accoglie, ma anche da parte delle istituzioni e della stampa nel raccontare in maniera veritiera la realtà – è un’altra parola che torna spesso nelle sale, a sostituire formule vuote come resilienza.

E aggiungiamo anche ottimismo: parola poco pronunciata ma che inizia a respirarsi, a cominciare dall’annuncio benaugurante delle date della prossima edizione del congresso: appuntamento a Milano il 23, 24 e 25 aprile 2022, come annuncia Claudio Ceroni, «per festeggiare tutti insieme la Liberazione».

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foto Brambilla/Serrani

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