Come per molti ventenni, quando Irene Grigoli si trasferì a Southampton, nel Sud-Est del Regno Unito, il suo obiettivo era imparare l’inglese. Tutto quello che sapeva su questa località della contea dell’Hampshire rimandava al Titanic perché è proprio da qui che il transatlantico britannico salpò nel 1912 per la sua prima e unica navigazione. Era il 2015 e, sempre per assecondare il cliché degli italiani all’estero, per mantenersi lavorava nella ristorazione. Una mattina, nel suo spostamento quotidiano casa-lavoro, notò una macchina professionale del caffè in un nuovo locale che stava per aprire in città, fino a leggerne l’insegna: Coffee Lab.
«Ho cominciato a seguirli sui social – spiega la ragazza originaria di Verona – e, a differenza di quanto dieci anni fa accadeva in Italia, Instagram qui veniva già usato come canale per la ricerca del personale. Così, ho risposto al loro annuncio». Comincia in questo modo l’avventura di Irene nel mondo dello specialty coffee. In quella caffetteria ha lavorato per quattro anni fino a quando la sede chiuse a causa del Covid e lei, insieme alla sua ex manager, aprì un coffee shop ambulante su un’apecar. «All’estero il caffè d’asporto è un’abitudine sdoganata, non bisogna convincere nessuno né spiegare il prodotto. La clientela è comunque esigente perché sono soliti bere un buon caffè».
E in Italia? La risposta è arrivata quando è rientrata nella sua città natale, decisa a investire in un progetto nuovo per il Veneto e che probabilmente è ancora un caso isolato in Italia: diventare barista ambulante di caffè di qualità. «Da noi non c’è ancora la cultura del caffè da passeggio e l’approccio alla latte art è ancora timido», racconta Irene che dallo scorso ottobre gira a bordo della sua coffee cart per eventi in Veneto e dintorni. «Non è stato semplice iniziare. Cominciai a chiamare i fornitori quando stavo ancora in Inghilterra e una volta tornata ho atteso diversi mesi a causa della burocrazia – spiega Irene –. In quella fase Michelangelo Graziano di Ammazzacaffè è stato fondamentale: mi ha aiutato tra permessi, licenze e normative sanitarie». La primissima manifestazione a cui ha partecipato è stata quella di Zuccaland in un castello scaligero nel periodo di Halloween. «Ho perso il conto di quanti pumpkin spice latte ho preparato in quelle giornate, per la maggior parte delle persone era una novità assoluta». Da quel momento e nei mesi successivi avrà partecipato a un’altra ventina di appuntamenti nei weekend, presidiando i luoghi con il suo mezzo su quattro ruote (Irene precisa che non è motorizzato ma assemblato), customizzato con il logo che ha disegnato lei stessa. «Punk Chick Barista è il mio alter ego e questo carretto l’ho fatto costruire su misura perché doveva essere leggero in modo che io potessi smontarlo da sola e con dimensioni specifiche per la mia Marzocco mini: per me non esiste altro brand all’infuori di questo».
Ad aiutarla a mettere a punto la sua unica miscela è stato Davide Cobelli, premiato tostatore di Garage Coffee Bros, torrefazione artigianale veronese. «Il mio caffè si chiama Dolcevita ed è 100% arabica, un blend di Colombia, Brasile ed Etiopia, bilanciato e non troppo distante dal caffè classico: quello che mi piace di più è il retrogusto che lascia. È capitato pure che qualcuno tornasse indietro per dirmelo». L’unico metodo di estrazione che usa al momento è l’espresso: «Ci vuole tempo per i caffè filtro perché bisogna spiegarli e io, essendo da sola, non riesco a livello logistico. Già ho fatto un grande lavoro nel convincere le persone che il mio espresso non vale meno di 1,50 euro anche se per me il margine di guadagno è sopra i 2 euro». Il suo è quindi un approccio più pop a cui sicuramente una clientela straniera è già abituata: «Da poco ho seguito un evento a Bardolino e ho lavorato molto con i tedeschi. Il prodotto che è andato di più è stato l’iced chai latte. In generale, cerco di seguire una stagionalità come in cucina: d’estate spingo sul caffè con ghiaccio, nei mesi più freddi vario con un caramel latte».
Guardando al futuro, sogna di spostarsi su un furgone e magari trovare una postazione fissa anche nei giorni infrasettimanali: «Ho bisogno dell’attacco elettrico. Uno dei miei prossimi investimenti sarà un generatore di corrente». A tornare oltremanica, però, non ci pensa proprio: «Ho una visione di Verona e del Nord-Est. Finalmente la porta del caffè di qualità si sta aprendo anche da noi e secondo me bisogna iniziare adesso».