È dovuto andare in Inghilterra (ma anche in Australia e Thailandia) Alessandro Piantedosi per ritrovare l’aglio orsino a Montevergine, sulla vetta del massiccio del Partenio che sovrasta Avellino, città da cui proviene e dove, a fine 2023, ha aperto un ristorante tutto suo: Il Bulbo. «Quando lavoravo a Londra ogni tanto andavo sulla costa a Sud dove l’aglio orsino cresce a circa 1.000 metri sul livello del mare. Una volta rientrato in Italia lo cercavo a bordo strada; un giorno, con mio padre, siamo andati a fare una passeggiata in montagna e sull’altopiano qui vicino ne abbiamo scoperto un’intera parete».
La stagione di questa pianta selvatica dura solitamente due mesi, così Alessandro ha deciso di centellinarne l’uso in tutte le sue parti. «Adesso in menu c’è il cappero che aggiungiamo sulla tartare di tonno, ma sono stati valorizzati anche fiori, foglie e radici, queste ultime le abbiamo prima messe sottovuoto e poi cotte alla brace». La griglia in puro stile giapponese è uno dei fili conduttori dell’insegna, «mi piace tantissimo il sapore che dà agli alimenti», e ha contribuito a portare un gusto cosmopolita e audace in una città molto legata alla tradizione e, più in generale, in una provincia che, a differenza del resto della regione (dopo la Lombardia, la Campania è l’area più stellata d’Italia), conta solamente due stelle Michelin, quella di Maeba Restaurant e Oasis – Sapori Antichi. Al robata viene passata anche la paglia che con il suo fumo aromatizza il burro danese, servito in contemporanea con l’olio: una volta spalmato sul pane (anche questo fatto in casa, come i grissini al sesamo, le chips di riso e la focaccia integrale), ricorda la provola affumicata.
Nel suo personale melting pot, Alessandro racconta un viaggio in ogni piatto, al punto che fermentazioni scandinave, spezie asiatiche e sapori mediterranei si incontrano armoniosamente. Tra le portate più apprezzate ci sono sicuramente le Alette di pollo alla thailandese, in tempura e glassate con salsa agrodolce, una ricetta che ha imparato sul posto da alcune signore. Il giovane chef ha addomesticato sapori troppo decisi, come quello dei fegatini di pollo che risultano quasi dolci nel parfait, sfidando la percezione del classico antipasto, o reso più attraente la scelta del cappello del prete. Come? Cambiando nome al piatto in bistecca.
Il Bulbo è anche una famiglia. Alessandro ha formato una squadra giovane ma affiatata, a partire da sua moglie, Federica Patania, sommelier e direttrice di sala. Lei è originaria del Piemonte e si sono conosciuti in un ristorante a Londra, dove entrambi hanno lavorato insieme per un breve periodo. Il primo vero rodaggio come colleghi e soci è avvenuto proprio in occasione dell’apertura de Il Bulbo. Grande appassionata di vini, Federica ha costruito una cantina che spazia dai grandi nomi alle più piccole cantine irpine, spesso frutto di incontri diretti con i produttori della zona, insieme a quelle che hanno fatto la storia di questa regione vinicola (come Di Marzo, una storica azienda che ha dato origine al celebre Greco di Tufo quasi quattro secoli fa). Menzione speciale per il giovanissimo Simone Russo (appena 20 anni) che si occupa di coltivare anche delle erbette, e a Mattia Mazzeo, il secondo in cucina di Alessandro.
Questo è solo un punto di partenza per un progetto più ampio. Alessandro e Federica sognano di aprire un secondo locale immerso nella natura, in stile agriturismo. «Lo immaginiamo in montagna, con un allevamento e delle coltivazioni. È un desiderio che ho da quando ero piccolo: mi riporta ai momenti felici trascorsi nella casa in campagna dei miei nonni».
