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Il gianduiotto e la “battaglia” dell’Igp: parola agli artigiani piemontesi

Abbiamo intervistato alcuni dei migliori pasticceri e cioccolatieri che da anni valorizzano il cioccolatino che finalmente ha ottenuto il riconoscimento di origine protetta che meritava.

Come nella migliore delle tradizioni italiane anche per il gianduiotto non è stato semplice far valere il profondo legame con il territorio piemontese. Dopo la querelle tra Italia e Svizzera sulla ricetta, a cui i vicini d’oltralpe volevano aggiungere il latte (per i mastri cioccolatieri piemontesi i soli ingredienti ammessi sono nocciola, zucchero e cacao), è stata finalmente depositata in Commissione Europea la richiesta ufficiale per far diventare questi cioccolatini un marchio Igp, facendo salire a 258 il numero degli storici marchi con indicazione di origine protetta.

La “battaglia legale” era cominciata nel 2017, quando venne fondato il Comitato del Gianduiotto di Torino Igp, un’organizzazione promossa da 40 aziende e artigiani del cioccolato difensori dell’iconico dolcetto piemontese, ancora oggi realizzato solamente con nocciola (minino 30%), zucchero semolato di barbabietola o di canna e cacao. «Il gianduiotto di Torino è un’eccellenza del territorio piemontese e, come tale, va riconosciuta sia in Italia che all’estero – dichiara Giacomo Boidi, titolare e pasticcere di Giraudi, una delle più importanti insegne torinesi il cui prodotto di punta è proprio il gianduiotto, realizzato nella doppia versione fondente e 4.3 –. L’Igp è un’importantissima etichetta che ci consentirà di dare maggior valore al prodotto e di comunicarlo con più facilità. Il riconoscimento non sarebbe esclusiva conseguenza della centenaria tradizione cioccolatiera regionale, ma anche delle indiscusse proprietà qualitative della Nocciola Piemonte, altra Igp del territorio».

Non a caso, è stata proprio la tipica frutta secca dell’Alta Langa, la “tonda gentile”, la chiave del successo del Gianduiotto, nome coniato per la prima volta (e poi successivamente registrato come marchio) dalla storica realtà torinese di Caffarel nel 1865 – mentre i primi cenni storici del cioccolatino risalgono al 1805 – per sopperire alla mancanza del cioccolato che era diventato difficile da trovare e anche troppo caro dopo il blocco continentale voluto da Napoleone nel 1806 (il quale impediva alle navi del Regno Unito e delle sue colonie di attraccare nei porti del vasto impero francese). Dopo più di 100 anni dalla sua invenzione, il cioccolatino piemontese a forma di barchetta rovesciata viene preparato da diversi brand italiani e pastry chef del calibro di Guido Gobino, che con il Tourinot, creato nel 1995 e disponibile in cinque diverse tipologie – tre delle quali temperate a mano – dimostra la sua dedizione e abilità artigianale verso il dolcetto sabaudo. «Il riconoscimento Igp è stata una decisione giusta e sacrosanta – commenta Gobino –. Era giusto valorizzare la qualità e la storicità di un prodotto così importante. È stato un lavoro di squadra di noi produttori e artigiani che ha coinvolto anche il presidente della regione Piemonte (Alberto Cirio, nda) e spero sia un monito anche per le altre eccellenze del nostro Paese. Proprio di recente sono stato al Summer Fancy Food Show di New York dove ho visto un obbrobrio di imitazioni di prodotti nostrani, dal Parmigiano al Gorgonzola dell’Oregon, per non parlare del tartufo bianco. Dobbiamo cominciare a difendere tenacemente le nostre specificità o diventeremo terra di conquista da parte delle altre nazioni».

Dal 1992 un altro grande attore della scena pasticcera torinese è Sergio Arzilli, oggi al timone de La Perla di Torino insieme alla figlia Valentina la quale afferma: «Sono felice che finalmente il Gianduiotto sia stato valorizzato con il marchio che merita. Nonostante il nostro core business abbia il gusto del tartufo, elaboriamo sei tipologie di Gianduiotto, dalla ricetta senza l’utilizzo di zuccheri aggiunti a quella con ripieno al latte. Nel cioccolatino torinese non deve mai mancare un profumo intenso di nocciola e una buona sensazione e amabilità data dal cioccolato. Tra l’altro, le nocciole Igp che acquistiamo noi, le calibro 14, fanno parte di almeno il 30% delle nostre preparazioni».

Chi si è esposto particolarmente sulla certificazione Igp è Guido Castagna, maestro pasticcere che si è mosso in prima linea in questa battaglia, creando e coordinando dal 2017 il Comitato promotore del riconoscimento insieme all’avvocato Antonio Borra. «Oltre agli artigiani come me, all’interno del Comitato un ruolo fondamentale è stato svolto dai presidenti delle grandi aziende come Riccardo Illy e Luca Barilla di Pastiglie Leone – racconta Castagna –. Abbiamo cominciato un po’ per gioco, raccogliendo una trentina di campioni di diversi gianduiotti di chi voleva partecipare a questa iniziativa: il nostro obiettivo è stato sin dall’inizio di essere inclusivi. Il caso del cioccolato di Modica dimostra che un marchio come quello Igp permette di aumentare fortemente i volumi di vendita e produzione, senza dimenticare che il Gianduiotto merita di essere valorizzato e protetto. Per questi motivi siamo molto contenti e soddisfatti del risultato.».

Qual è invece l’interpretazione del Gianduiotto secondo Guido Castagna? Il Giuinott, creato nel 2009 con tanto di marchio registrato. «Nasce dalla volontà di proporre un prodotto diverso, con meno zuccheri e più nocciole – conclude il cioccolatiere –. Noi lo lavoriamo con il mulino a sfere che lo rende più scioglievole e permette di sentire meglio gli aromi. Anche il peso di 7 grammi  è una “rivoluzione” rispetto ai canonici 5 o 10».

Maggiori informazioni

In apertura: i Gianduiotti 4.3 di Giraudi

 

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