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Il Lazio è in tavola: cinque paste per cinque province

Acqua, farina, qualche volta uovo: l’arte di “ammassare” prende forme, nomi e sughi diversi e sempre buonissimi.

Come in tutta Italia, anche nel Lazio la lavorazione della pasta fresca è diffusa e molto diversificata, e contraddistingue la tradizione regionale: se non arriviamo a contarne una tipologia per ogni singolo paese, di certo sono moltissime le specialità su tutto il territorio. Ecco allora cinque paste legate alla tradizione – antica o più recente – per ognuna delle province laziali.

A Frosinone e dintorni si “ammassa” l’impasto all’uovo dei fini-fini (detti anche maccaruni), sorta di sottili tagliatelle stese e tagliate a mano le cui origini datano al Cinquecento; si condiscono con un sugo semplice di pomodoro o di funghi ma, soprattutto in occasione del Carnevale (sono il piatto tipico del Giovedì Santo) i fini-fini vengono insaporiti da un sugo di carne, che siano spuntature di maiale o rigaglie (frattaglie) di pollo.

A Norma, in provincia di Latina, per il Carnevale (e non solo) si prepara invece la ramiccia, delle strette tagliatelle ricavate da un impasto di acqua, farina, uova e un filo di olio extravergine di oliva, tradizionalmente cotte velocemente nella pentola di rame appesa al camino e condite con il sugo a base di salsicce di fegato e spuntature di maiale.

Diverse le paste tradizionali del Reatino, tra cui spiccano le cordelle sabine fatte con la pasta lievitata che avanzava dalla preparazione del pane, raschiando il fondo della madia per ottenere queste gustose striscioline cui gli uomini non resistevano, tanto da essere chiamate anche con il nome popolare di “cecamariti”. Si condiscono solitamente con un sugo a base di pomodoro e pecorino ma ad Orvinio, grazioso borgo montano, la variante è rappresentata dal sugo all’aglione, arricchito da un soffritto di aglio e peperoncino tritati.

Sono a base di acqua e farina – dunque senz’uovo – i lombrichelli tipici del Viterbese, sorta di grossi spaghetti di pasta fresca filati a mano, simili ai pici toscani e conditi con sughi robusti come quello “alla viterbese”, con sugo di salsicce e pomodoro; a Vitorchiano prendono il nome di cavatelli – specialità locale con tanto di riconoscimento PAT-Prodotto Agroalimentare Tradizionale – e sono conditi con un sugo di pomodoro fresco, aglio, olio, peperoncino e finocchietto selvatico.

Sul litorale romano, a Torvaianica, nasce invece in tempi più recenti – il nome è stato coniato solo nel 2003 ma il prodotto, creato dal pastaio Giuseppe Giuliani, c’era già – una ricetta particolarmente curiosa. Quella dei Torvicelli: grossi spaghettoni acqua e farina (00, integrale e di farro) impastati e tagliati a mano e conditi, secondo la tradizione marinara locale, con un sugo veloce a base di pomodoro fresco, vino, alici fresche e pecorino profumato dall’aggiunta di cipollotto, peperoncino, finocchietto e basilico. Un piatto molto amato anche dall’attore e cuoco provetto Ugo Tognazzi, che ne preparava grandi quantità per la famiglia e gli amici nelle sue estati a Torvaianica.

 

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Il Lazio è in tavola
Dai prodotti dell’orto al lavoro degli artigiani fino a ricette e tradizioni dalle origini antiche, una regione da scoprire facendosi guidare dal gusto. Viaggio tra le province e i territori in cerca di specialità e sapori veraci e autentici che conquistano al primo assaggio.

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