Il Pagliaccio

Il Pagliaccio, etichette tailor made

Con il nuovo progetto #EsclusivitywinesbyPagliaccio, Matteo Zappile collabora con alcune cantine italiane per mettere a punto vini unici ed esclusivi. Raccontati al tavolo a partire dal terreno da cui nascono.

Negli oltre vent’anni di attività – traguardo celebrato lo scorso anno con una serie di cene in cui il ristorante bistellato ha accolto ospiti illustri dall’Italia e non solo – Il Pagliaccio ha riservato numerose sorprese: Anthony Genovese è forse lo chef “romano” (in realtà è nato in Francia da genitori calabresi e il suo percorso professionale lo ha portato a viaggiare tanto, soprattutto verso Est) più coraggioso, autore di una cucina fortemente identitaria e spesso ardita ma di grande eleganza, che ha fatto scuola contribuendo a formare numerosi protagonisti dell’attuale scena cittadina. Sedendoci al ristorante in via dei Banchi Vecchi abbiamo scoperto di volta in volta ingredienti in arrivo da terre lontane e preparazioni ispirate alle tradizioni orientali, dessert straordinari e abbinamenti inattesi. Ma non ci era ancora capitato di veder arrivare in tavola della terra.

Non da mangiare, naturalmente: si tratta dei suoli – “serviti” dall’impeccabile personale di sala, quasi tutto al femminile, in vasi di vetro per farne osservare la diversa trama – in cui crescono le vigne alla base delle nuove etichette della selezione #EsclusivitywinesbyPagliaccio, creata dal general manager Matteo Zappile con il contributo dell’head sommelier Luca Belleggia per la cantina del ristorante. «Il progetto nasce con Parallels» spiega Zappile riferendosi al “ristorante nel ristorante” inaugurato nel 2022 in seguito alla ristrutturazione del locale, trasformando uno spazio fino ad allora non adeguatamente valorizzato in un format riservato a massimo 6 ospiti per sera, con un unico tavolo in una saletta privata e un menu dedicato, così come lo staff. «L’obiettivo era proporre qualcosa di esclusivo come appunto quel percorso, e in generale di offrire etichette uniche e personali anche agli altri ospiti del ristorante. Eravamo stati per tanti anni Krug Ambassadors, poi con Luca abbiamo deciso di lavorare invece su un “nostro” Champagne».

Così è nato il Funanmbulle, il Blanc de Blancs Grand Cru con dosaggio tailor made realizzato in 1.500 bottiglie e 500 Magnum in collaborazione con il progetto champenois dell’imprenditore Alberto Massucco, creato ad Avize assieme al vigneron Erick De Sousa, scomparso lo scorso anno. «Siamo partiti dalle bollicine perché sono probabilmente le più adatte ad accompagnare la cucina dello chef che, anche se si sta semplificando negli ultimi menu, resta complessa e basata sull’uso di ingredienti e sapori particolari», prosegue Zappile, che infatti racconta di una carta dei vini incentrata in gran parte su Champagne e altre bolle e che punta sempre di più sulla profondità di annate piuttosto che sull’ampiezza a ogni costo (annoverando comunque oltre 1.000 referenze, di cui appunto quasi 300 bolle, soprattutto tra produzioni di piccoli vignaioli e con un focus sulla Francia che guarda soprattutto alla Borgogna).

Ad accompagnare i piatti della Parallels Experience – ma anche dei menu degustazione proposti in sala, che tracciano un viaggio lungo le tappe dello chef: Circus, un percorso da Oriente a Occidente in dieci portate, Orme, che ne racconta i signature più acclamati in 8 portate, e Intermezzo, con 4 tappe essenziali –, nel calice ci sono poi anche proposte alternative al vino: dai cocktail e distillati (come nel “predessert” Un Grand Cabaret servito nella saletta, dedicato all’omonimo gin limited edition di Hendriks) al sake, dalla birra (in particolare la trappista romana dell’Abbazia Tre Fontane) ai kombucha realizzati con il team di cucina. Niente di meglio dell’elegante perlage del Funanbulle, però, per dare l’avvio al caleidoscopico percorso del menu, a partire dal bellissimo e gustoso Il Giardino dello Chef che si dipana tra bocconi freschi, piccanti e speziati.

All’etichetta di Champagne, poi, se ne sono aggiunte altre incentrate sui singoli vitigni e nate dalla collaborazione stretta con realtà vitivinicole italiane, come Pio Cesare: «Con Federica Boffa abbiamo lavorato su qualcosa di insolito come un Sauvignon delle Langhe, che prima la cantina realizzava interamente in acciaio. Lo avevo assaggiato in Piemonte e ho voluto fare delle prove con legni e tempi di sosta differenti, creando poi un assemblaggio. Così con l’annata 2020 è nato il Blanc Langhe Doc etichettato Il Pagliaccio, la cui retro-etichetta è firmata a quattro mani da Boffa e Zappile, che ha affiancato nel nostro caso l’Asparago bianco con aglio orsino e satay di arachidi, ricordo dell’esperienza in Malesia di Genovese.

Sempre con Pio Cesare, è seguita la nascita del Barbaresco Docg Rocche Massalupo, ottenuto “estrapolando” la produzione di una vigna di Nebbiolo in monopole dal consueto assemblaggio comunale: «Assaggiando i vini appena vinificati, abbiamo deciso di valorizzare quella che a mio parere era la parcella più interessante, scegliendo anche la sola botte grande per evitare un eccessivo carico di legno. Si tratta di un vino che ho pensato in particolare per un piatto del nostro menu Parallels», spiega Zappile riferendosi alla portata denominata proprio Rocche Massalupo-Il barbaresco e le lumache: un risotto saltato al momento in sala, dal gusto deciso, in cui il vino incontra le lumache. Ma l’eleganza del Nebbiolo affianca alla grande anche la strepitosa faraona cotta alla perfezione, “all’antica”, accompagnata da una croccante e freschissima puntarella, da una zuppetta di lenticchie e ricci di mare e da una deliziosa tartelletta con interiora di faraona e cavoletto di Bruxelles.

Il progetto non si ferma qui: sono in arrivo un Nobile di Montepulciano realizzato con Poliziano – «Un’interpretazione immediata ed elegante, davvero sorprendente, che grazie alla parziale macerazione carbonica dei grappoli interi riesce ad avere struttura e parte olfattiva, senza tirare fuori la parte verde del raspo», anticipa Matteo Zappile – e un Fiano irpino dell’azienda Di Meo. Mentre è in fieri – questa volta con lo zampino di Luca Belleggia, marchigiano – anche un Verdicchio, che dovrebbe arrivare nella cantina del Pagliaccio a fine anno. «Puntiamo soprattutto sui bianchi, che si sposano meglio alla cucina del Pagliaccio, e non pensiamo di andare oltre le 5 o 6 etichette», chiosa Zappile. «L’importante è anche raccontarle al meglio, creando in ciascuno dei dieci tavoli del ristorante un’esperienza unica e diversa, soffermandoci soprattutto sul concetto di terroir, sull’importanza del microclima, su quello che una determinata azienda e la natura ci mettono a disposizione».

Maggiori informazioni

foto Aromi.Group

Il Pagliaccio
Via dei Banchi Vecchi 129/a, 00186 Roma
ristoranteilpagliaccio.com

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