Il 'paniere' che arriva da campi e orti laziali

Il ‘paniere’ che arriva da campi e orti laziali

Dalla costa alla montagna, la produzione regionale riempie la dispensa in tutte le stagioni.

Con il suo esteso distretto ortofrutticolo, l’Agro Pontino rappresenta l’epicentro della produzione di frutta e verdura nel Lazio. Strappata alla malaria da bonifiche reiterate nel tempo – la più nota riconducibile al periodo fascista – la pianura estesa per buona parte della provincia di Latina è oggi Terra Felix per molte filiere che qui primeggiano su scala nazionale, dai ravanelli alle fragole (le celebri favette di Terracina, cui fanno da contrappunto le fragoline di Nemi, altrettanto note, che crescono nei boschi dei Castelli Romani), ai cocomeri, passando per carote e olive da tavola.

Il prodotto emblematico di questa ricchezza “costruita” negli ultimi cinquant’anni, però, è principalmente il kiwi: per la coltivazione di questo frutto – ingenuamente associato a scenari esotici, di cui l’Italia è invece primo produttore nel mondo – Latina ha ottenuto nel 2004 una certificazione Igp (il Kiwi Latina, per l’appunto), e i 9mila ettari dedicati alla sua produzione sono valsi all’area l’appellativo di piccola Nuova Zelanda. Nel Paese agli antipodi dell’Italia, l’actinidia deliciosa – nome scientifico del kiwi, originario della Cina – ha conosciuto i suoi primi successi commerciali. Nel 1971, proprio a San Felice Circeo, sul litorale pontino, fu realizzato il primo impianto sperimentale del frutto, che un paio d’anni dopo avrebbe dato il là alla coltivazione intensiva, in un territorio che, da subito, si rivelò particolarmente adatto per caratteristiche climatiche e del suolo. Buona parte delle colture oggi endemiche di questo fazzoletto di terra compreso tra i Monti Lepini e il bel litorale che si inarca dalle spiagge del Circeo fino a toccare la punta di Gaeta, del resto, sono frutto di intuizioni maturate nella seconda metà del Novecento (pensiamo al Sedano Bianco di Sperlonga Igp).

Diversa, è invece, la storia del Carciofo romanesco di Sezze, che sui Monti Lepini si coltiva dai primi dell’Ottocento, e ha dato origine a ricette, usi e costumi che raccontano di una civiltà contadina perduta. È questo, spesso, il merito delle produzioni autoctone preservate nel tempo: succede a Castelliri, nel Frusinate, dove la coltivazione dell’aglio rosso è ancora legata a tecniche secolari e si conclude nel paziente lavoro di intreccio manuale delle corone; o, più a nord, sulle alture sabine, con le Mele di Amatrice – oggi De.Co. – da piante resistenti che crescono a mille metri d’altitudine, conferendo al frutto uno spiccato gusto zuccherino. Per non parlare della Patata di Leonessa, ancora nel Reatino, cui dal 1989 è dedicata una delle sagre più frequentate nel Lazio, ogni seconda domenica di ottobre. Emblema della cucina montana (qui siamo su un altopiano a 900 metri di quota), oggi è protagonista in tavola in piatti dal gusto antico, e celebrata da un detto inequivocabile, in dialetto locale: “Fritta, lessa, rescallata, un piatto co’ li fiocchi lu tartufu co li gnocchi”.

Tra Priverno (Latina) e Anguillara Sabazia (alle porte di Roma, sulle sponde del lago di Bracciano), invece, ci piace immaginare una sorta di disfida dei broccoletti: quelli viola, ribattezzati Chiacchietegli (Presidio Slow Food), che nella cittadina pontina si consumano insieme alla falia – pane contadino – o in zuppa; e i cugini lacustri, coltivati su suolo vulcanico, che leggenda vuole siano stati scoperti secoli or sono dal mitico cacciatore O Ciafero.

 

Il tour dei legumi

È il vento che spira costante, cui Ventotene deve il suo nome, l’alleato più prezioso dei contadini locali impegnati nella spulatura manuale delle piccole lenticchie caratteristiche dell’isola pontina, nel mese di giugno. Solo una delle molteplici tradizioni legate alla coltivazione di legumi nel territorio regionale, in un giro che tocca la Tuscia di Canepina, per gustare una zuppa a base del cece autoctono, e l’altopiano reatino di Rascino, dove cresce un’altra apprezzata lenticchia. Infinite, poi, le variazioni sul tema del fagiolo, che vanta i nomi più fantasiosi: dal Cioncone alla Fagiolina Arsolana, dal Cannellino di Atina al curioso Fagiolo Del Purgatorio, che a Gradoli è re della tavola nel giorno del Pranzo del Purgatorio, abbinato al pesce di lago.

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Il Lazio è in tavola

Dai prodotti dell’orto al lavoro degli artigiani fino a ricette e tradizioni dalle origini antiche, una regione da scoprire facendosi guidare dal gusto. Viaggio tra le province e i territori in cerca di specialità e sapori veraci e autentici che conquistano al primo assaggio.

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