Ciccio Sultano

Il pensiero citrico di Ciccio Sultano

Con la riapertura di Duomo a Ragusa Ibla, lo chef siciliano racconta in un “manifesto” i tratti salienti della sua cucina, che attinge al territorio isolano e ne interpreta il carattere in chiave personale. Dai toni agrumati.

“Mi sento citrico, penso come un limone”. La frase criptica – ma ben spiegata, e con riscontri apprezzabili in maniera tangibile nei piatti del nuovo menu di Duomo – anticipa e racchiude il senso delle pagine del manifesto “Chef Domani e Dopodomani” (o anche Quaderno Citrico), con cui Ciccio Sultano accompagna la riapertura del ristorante due stelle Michelin di Ragusa Ibla. Quasi un bilancio – e un compendio – degli ultimi 24 anni: dal 16 maggio del 2000 quando varcò la soglia del ristorante da autodidatta affamato e assetato di sapere e pronto a dedicarsi ai sapori della sua isola, fino alla fotografia attuale che conta 8mila coperti l’anno, affiancandosi alle bellezze della città iblea che richiamano visitatori da tutto il mondo. Ma non certo inteso come un punto di arrivo.

Anzi, appunto come manifesto programmatico che traccia in maniera ancor più netta la via da percorrere, per una cucina che lo chef stesso descrive come “fatta per godere con gli occhi e saziarsi con una scintilla, una sterzata di gusto che tiene insieme consistenze, colori, ingredienti”. E che sa innestare sulla grande tradizione isolana, e suo incredibile patrimonio di sapori – lascito di fenici, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, austriaci, borboni, piemontesi – intuizioni e realizzazioni totalmente contemporanee e originali, frutto della cultura e dello spirito di un’isola da sempre “a metà strada tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud”.

Una cucina che proprio per questa ricchezza alla base non potrà mai essere “minimal chic” ma che anche definire barocca è limitativo: complessa, piuttosto, ma non (inutilmente) complicata, capace di affascinare e allietare il palato senza artifici, schiettamente mediterranea anche quando sa farsi contaminare, autenticamente siciliana anche quando guarda ben oltre i confini liquidi dell’isola, in cui la tecnica si mette al servizio della meraviglia.
E in cui il filo conduttore
– e tra i ricorrenti “elementi catalizzatori”, quelli che, come una scintilla, sono capaci di accendere il piatto – sta proprio nel gusto citrico: né dolce né amaro, frutto del lavoro attento su un “catalogo” di prodotti (in gran parte ma non forzatamente isolani, e coerenti a un percorso in cui le parole etica, onore e bellezza trovano il loro senso) che spaziano dai frutti – a cominciare dagli agrumi, col pomelo in testa, ma anche pomodori, ciliegie, frutto della passione, mango, mallo della mandorla verde e così via – alle erbe – timo comune e critrodoro, verbena, citronella, acetosella, diversi tipi di origano e quant’altro –, dal mare – con alghe e cocquillage – alle carni, a cominciare dall’agnello. E poi ancora le spezie, vicine e lontane: dalle vaniglie ai pepi, dalla curcuma alla galanga, dal finocchietto selvatico e sommacco al tamarindo.

Così, nel suo Quaderno/menu dedicato alle Dominazioni Siciliane (e alle relative testimonianze storiche o letterarie) trovano spazio dodici piatti che intessono un racconto dotto ed emotivo dell’isola e della sua storia, culinaria e non solo: dall’Agnello nostrano, aggrassato con farcia dolce e salsa di yogurt allo zafferano siculo (dedicato al ciclope, in cui la farcia a base di datteri, fichi secchi, mandorle, pinoli, uva sultanina, sesamo tostato è accostata a una salsa rinfrescante), al dessert Moakaffè (doppio omaggio: al “vino d’Arabia”, la bevanda eccitante giunta in Europa attraverso il mondo arabo e ottomano, e all’azienda produttrice di caffè Moak, storico partner di Sultano), passando per la Triglia maggiore di scoglio ispirata ad Apicio o per Zucca, alici, arancia, bottarga di tonno rosso (e gelatina di bergamotto) che omaggia le contaminazioni in arrivo da India e America.

Per prendere due “varianti” nei rinnovati menu degustazione Stupor Mundi e Basileus Hyblon, entrambi fondati sui principi di identità, appartenenza e responsabilità: il primo, dedicato a Federico II ma anche a una dimensione “imperiale” senza confini, inclusiva e sorprendente, annovera tra le altre proposte lo Sgombro, croccante marino, dashi di bottarga di tonno rosso, la Pasta con ricci di mare, sanapo e nocciola e il Bottone di mandorle in brodo speziato. Il secondo – omaggio al regno di Hyblon, ultimo re di Hybla, e a un’antica, ma non troppo, età dell’oro siciliana, ispirata alla convivenza e all’assimilazione pacifica – va da Triscele (frutti di mare, agrumi, pomodoro) al dessert Mi sento citrico, che mette al centro la “scossa amorevole” degli agrumi (nella foto di apertura), passando per la Pasta sarde e alici e l’Agnello di Giuseppe G. con peperone farcito e fave.

In entrambi i casi, vi si può abbinare il percorso di vini al calice Movimento o scegliere dalla ricca carta dei vini, che – con un sistema “a semaforo” basato su bollini rossi, gialli o verdi – indica i vini dai più giovani ai più “anziani”, fornendo anche un utile orientamento sui prezzi. Tenendo a mente, però, anche lo spazio Cantieri Sultano, inaugurato nel 2019 al piano terra di Palazzo La Rocca: elegante ed esclusiva lounge e allo stesso tempo spazio di sperimentazione per la brigata di cucina, vede protagoniste le proposte di mixology “esperienziale” di Mattia Cilia, bar manager del Gruppo Sultano, che segue la filosofia della cucina includendo sempre un elemento citrico e una componente floreale: dal Ryoma – con Kamiki Sakura Whisky, invecchiato in botti di ciliegio – al Dr Fritz con Arancia e Cacao Cordial, assenzio, limone e yogurt.

Maggiori informazioni

Duomo
Ragusa
cicciosultano.it

 

foto BeStudio

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