Bellavista

Il rinnovato corso di Bellavista

Il nuovo Alma, il dialogo tra vigna e cantina, la "cura" Geoffroy e una sinergia inedita tra le realtà della Holding: la storica realtà della Franciacorta si presenta nella sua visione futura.

L’occasione era la presentazione del nuovo Alma assemblage 1, lo spumante che è andato a sostituire di sana pianta la celebre “etichetta arancione” di Bellavista. Ma l’azienda che ha fatto la storia della Franciacorta ha rivelato, in realtà, molto di più. «Questa giornata segna la pietra miliare di una nuova era, un percorso di evoluzione che trae forza dai successi del passato del brand» ha affermato il ceo della Holding Terra Moretti Massimo Tuzzi in apertura della serata di festa che ha accompagnato il lancio della nuova cuvée. «Abbiamo tolto la polvere e le zone di comfort che ci avevano permesso di stare seduti sugli allori per un po’ e abbiamo cercato nel territorio un nuovo modo di essere noi stessi».

Alla guida del gruppo da cinque anni, l’ad non ha solo accolto il difficile compito di managerializzare un’attività familiare, dove la famiglia è anche fortemente attiva e partecipe delle scelte imprenditoriali, ma ha fatto di più. Ha aiutato a mettere le basi per disegnare quello che sarà il futuro della Holding franciacortina, toccandone tutti gli ambiti: dalla vigna alla cantina, fino all’ospitalità (è anche tra le cantine del nostro Speciale Enoturismo). «Sono molto soddisfatto del lavoro svolto in questi anni – ha affermato Tuzzi – che si è basato su tre capisaldi: la managerializzazione di una realtà che conta 950 dipendenti; il passaggio generazionale e l’aumento di valore della Holding, che oggi ammonta a 200 milioni di euro. Una visione a lungo termine che ci rende pronti ad affrontare qualsiasi evoluzione futura. Credo, inoltre, che abbiamo sfatato il tabù che un’azienda familiare non possa managerializzarsi: quello della famiglia Moretti è un esempio da esportare altrove, tanto più in questo momento storico, in cui molte storiche famiglie del vino stanno rinunciando».

La “cura” Geoffroy

Tra le idee di Tuzzi e Francesca Moretti, colei che tra le tre figlie del patron Vittorio Moretti ha raccolto il testimone della cantina vinicola, c’è stata, tre anni fa, quella di “aggiudicarsi” uno dei più noti chef de cave di Champagne: Richard Geoffroy. Esponente di una famiglia di viticoltori da 8 generazioni, 80 vendemmie svolte in tutto il mondo, l’ultimo cartellino da dipendente timbrato nel 2019 da Dom Pérignon prima di andare in pensione e aprire un’azienda di sake in Giappone, l’enologo francese, a 70 anni, era proprio in cerca di un divertissement. E lo ha trovato in Franciacorta: «Venire qui è stata una scelta di amicizia – ha raccontato – ed è incredibile l’accoglienza e la fiducia di cui sono stato investito dalla famiglia Moretti».

Uno dei principali interventi messi in atto dal suo arrivo nel 2021 è stato l’inserimento di una stretta sinergia tra le patiche di coltivazione delle uve in vigna e le tecniche di vinificazione in cantina, con l’obiettivo di valorizzare al massimo le caratteristiche naturali del frutto. «Rispetto al passato oggi il vigneto è diventato il punto di partenza – afferma Francesca Moretti, che ha trovato nell’enologo francese un mentore di assoluta fiducia – negli ultimi tre anniabbiamo attuato una maggiore parcellizzazione delle vigne e avviato nuove sperimentazioni in vigna: ad esempio, pacciamature differenziate tra un vigneto e l’altro, oppure una gestione del verde variabile. Soluzioni diverse che ci aiutano trovare il modo migliore per mantenere freschezza e una maturazione più corretta dei frutti, ritardandone i tempi di raccolta senza andare in surmaturazione. Tutto gira attorno al frutto e a come dovrà essere al momento del suo arrivo in cantina, per questo facciamo dialogare vigna e cantina. Un approccio che ci permette di mettere in atto anche un’enologia sempre più leggera».

A supportarlo, dal lato vigna, nientemeno che l’esperienza di Marco Simonit, che da vent’anni cura i vigneti di Bellavista. «Tutto il team ha compreso qual è il nuovo focus – ha affermato Richard Geoffroy – ed è una grande soddisfazione veder lavorare con un alto livello di sana competitività tutte le diverse squadre in vista dell’obiettivo». L’assemblaggio è stato identificato dall’enologo come la via per trovare il giusto livello di armonizzazione. «Un’armonia – ha sottolineato Geoffroy – che è già nella natura della Franciacorta, non c’è alcun bisogno di forzare. Penso che questo sia un territorio vocato, un’eccellenza a livello mondiale, con un’identità definita, riconoscibile, con competenze e capacità di innovazione illimitate: non ha quindi bisogno di imitare altri modelli. È tempo quindi che la Franciacorta cammini con le proprie gambe». Insomma, c’è voluto “un uomo di Champagne” per dire alla Franciacorta che può finalmente tagliare il cordone ombelicale con la Champagne.

Il nuovo Alma

Alma Assemblage 1 è una cuvée che nasce dalla selezione di 129 parcelle in cui sono ripartiti i vigneti aziendali, che restituiscono in cantina 91 vini base. «Ciascuna delle 129 parcelle ha una propria individualità – racconta Francesca Moretti – e viene assaggiata giornalmente servendosi durante il campionamento di piccoli torchi, fatti realizzare ad hoc da Geoffroy. Gli assaggi avvengono alla cieca, dando a ciascun campione un voto, sulla base del quale vengono poi creati gli assemblaggi finali di tutti i nostri vini. La priorità è sempre la Riserva Vittorio Moretti, poi via via a scalare si creano tutte le altre». Le cuvée Alma con base vendemmia 2021 sono tre – Alma Assemblage 1, Alma Rosé Assemblage 1, Alma Non Dosato Assemblage 1 – dove il numero 1 identifica il punto di partenza di questo nuovo percorso che, ogni anno, vedrà nascere un’edizione unica. Principio guida dell’etichetta è, infatti, “Ad ogni vendemmia una nuova era” poiché sarà il naturale corso di ciascuna annata a fare da protagonista. Un legame con la natura e la terra al quale la famiglia Moretti ha dato il nome di Sense of Place, per sottolineare quel nesso profondo e inscindibile che la lega al luogo, alle vigne e alle persone che ne fanno parte. Un prodotto rinnovato nella veste – con l’etichetta di colore marrone, come la terra e il legno, impreziosita da dettagli in bronzo –ma soprattutto nell’assaggio dove, nella comparazione con il “vecchio” Alma, ha evidenziato un notevole upgrade in termini di pulizia, equilibrio e leggiadria.

Bellavista e L’Albereta in sinergia

Parte del nuovo corso della Holding della famiglia Moretti guidata da Massimo Tuzzi è l’inedito coinvolgimento delle sorelle Moretti, in virtù del quale si sta creando una vincente sinergia tra le diverse realtà del gruppo. Non a caso, la festa per il lancio di Alma è stata l’occasione per presentare ufficialmente anche il nuovo progetto di ristorazione de L’Albereta Relais & Châteaux, di recente affidato allo chef Alberto Quadrio. Classe 1990, dopo l’esperienza presso Portrait Milano, Quadrio è approdato a L’Albereta con il compito di riportarvi l’alta cucina che fu, agli albori, quella di Gualtiero Marchesi, resident nelle cucine franciacortine per vent’anni, dal 1993 al 2013.

«Il nostro percorso è iniziato con il signor Marchesi, che ha portato L’Albereta nel mondo – ha raccontato Carmen Moretti, responsabile della divisione alberghiera della Holding –, è proseguito per 10 anni con Fabio Abbatista e, oggi, si affida ad Alberto Quadrio che ha già dato una grande energia di cambiamento». Il nome del nuovo ristorante guidato da Quadrio è L’Aurum, la cui origine latina intende evocare sia la vegetazione franciacortina, di cui l’alloro è l’arbusto dominante, sia l’oro che fu simbolo della cucina di Marchesi. Un omaggio al passato in chiave contemporanea (che è poi anche il nome di uno dei piatti firmati dallo chef, guarnito con l’iconica foglia d’oro di marchesiana memoria) come, del resto, tutto il nuovo corso inaugurato dalla Holding Terra Moretti.

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