Al supper club The Betty di Atlanta, il beverage director Darius Naderi mette in infusione Aperol e fragole da usare al posto del succo di mirtilli in una brillante rivisitazione del Cosmopolitan. Il risultato è un Retropolitan, che ricorda un succo di frutta alla fragola di qualità: estremamente dissetante, ma sofisticato e tale da essere assaporato con profonda concentrazione. Eppure, l’ingrediente che sprigiona note di vaniglia e di terra salata, in abbinamento al gusto dolce-amaro dell’Aperol e dei frutti rossi, che ci crediate o no, è proprio la vodka.
Naderi utilizza la Boyd & Blair della Pennsylvania, prodotta con patate locali fermentate con lievito di Champagne per esaltare la dolcezza ricca e setosa che le contraddistingue. Si tratta di una delle tante vodka in ascesa che stanno stravolgendo la reputazione di questo superalcolico. «Negli anni 80 e 90 paragonavo la vodka al tofu, per il suo gusto neutro – afferma Nadari – ma quelle più recenti hanno molte più sfumature e profondità (e a dire il vero, lo stesso vale per il tofu, ndr)». Un tempo definita dall’Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (TTB) come “priva di carattere distintivo, aroma, gusto o colore”, la vodka si è poi talmente diversificata che, nel 2020, il TTB ha deciso di eliminare quella frase. «Non esistono più solo Popov e Smirnoff», afferma Tony Abou-Ganim, autore di Vodka Distilled: The Modern Mixologist on Vodka and Vodka Cocktails.
Oggi ci sono prodotti da tutto il mondo, distillati con ingredienti nuovi: la giapponese Haku, chiara, pulita e a base di riso; la sudafricana Vusa, accessibile e distillata a partire dalla canna da zucchero; la fruttata St. George, prodotta con pere della California; la greca Kástra Elión, derivata dalle olive, perfetta in un Martini salato. Quelle con gradazione alcolica bassa, come la Sommarøy (27,5% vol), ne mitigano gli eventuali effetti. Quelle biologiche, come la Purity, utilizzano cereali da agricoltura sostenibile. Esistono persino vodka che si propongono di contrastare il cambiamento climatico e promuovere cause sociali. Ma anche i produttori storici hanno deciso di diversificare la propria offerta. Al suo celebre fiore all’occhiello a base di patate, Chopin ha aggiunto una vodka a base di grano e una a base di segale, quest’ultima ormai molto comune sui carrelli bar dei ristoranti di lusso che sono stati i primi a introdurla al grande pubblico.
Aviram Turgeman, beverage director del Monterey di Manhattan, afferma: «Mi piace giocare con il suo sapore speziato», aggiungendo amaro e scorza di arancia per un risultato più citrico. Il brand ha anche lanciato una versione della vodka di segale con una gradazione alcolica più alta (60% vol), chiamata Bartender’s Choice e pensata per essere miscelata in cocktail a base di più ingredienti. Con il ritorno del Vodka Martini, «le persone celebrano la produzione di nuovi e straordinari distillati ad opera delle distillerie locali», afferma Abou-Ganim. Alla Thinking Tree Spirits, distilleria artigianale dell’Oregon, la vodka Main Stage è prodotta con acqua delle cascate e grano bianco non OGM proveniente da coltivatori vicini. Viene distillata 21 volte, preservandone l’aroma. «È così morbida e cremosa», dice il Tasting Room Manager della distilleria, David Heter, che usa le sue note di fiori di limone per ravvivare un Martini speziato e piccante chiamato The Lovesick Crocodile (qui trovate la ricetta).
Anche il locavorismo sta contribuendo ad aumentare la reputazione delle vodka aromatizzate. Il famoso spritz di Thinking Tree è infuso con lavanda biologica e attinge le sue caratteristiche tonalità viola dai fiori della Clitoriaternatea (Butterfly Pea Flower). «Dopo decenni di vodka liscia volutamente insapore o arricchita da aromi artificiali, la gente ora ricerca un prodotto le cui note rimandino all’origine del distillato, giocando in perfetta armonia con gli altri ingredienti del cocktail senza esserne sovrastato», afferma Darcey Howard di Thinking Tree.
Inoltre, ci stiamo approcciando anche ai diversi stili di produzione maggiormente apprezzati nei Paesi che vantano l’origine della vodka. «Nei paesi occidentali abbiamo ricercato un prodotto neutro», dice Abou-Ganim. «Ma quando si tratta di Polonia e Russia, lo stile è più deciso e robusto». Distillata una sola volta da patate coltivate in loco, la vodka della Woody Creek Distillers del Colorado si distingue per quello che Abou-Ganim definisce un «retrogusto affascinante»: un sapore vegetale, fungino, di muffa e di buccia di patata che la rende la protagonista del suo Rocky Mountain Wizard (qui trovate la ricetta).