Parlare di una denominazione vinicola significa rinvenire un ordito nella trama complessa di un universo fatto di identità giustapposte, intrecciate, contrapposte e talvolta confuse. Perché alle spalle del nome collettivo, quello che fa la differenza sono le persone che lavorano in vigna e in cantina, che accompagnano il vino a giocarsela con il tempo e con gli imprevisti per diventare esperienza sempre nuova per il consumatore. Scoprire quel tratto unitario degustando l’anteprima d’annata del Sagrantino significa azzardare un giudizio sul presente e una previsione per il futuro. Sì, perché la prima impressione che si trae dagli assaggi, dalle visite in cantina e dall’immersione nelle atmosfere di Montefalco è un ribollir di tini proiettato ad una evoluzione in corso.
LEGNO IN ALLEGGERIMENTO
Non è scontato che produttori che sono tuttora premiati dai mercati internazionali – si pensi a nomi di peso come Caprai e Lungarotti o Farchioni – si mettano in discussione, puntando ad una beva più raffinata e contemporanea. Se dunque la tradizione vuole un Sagrantino espressione di grande spinta tannica, con un intervento a tratti invasivo in cantina per “domare” un vitigno complicato, orientando il vino ad un invecchiamento prolungato, i produttori stessi stanno riorientando le tecniche verso un “alleggerimento” che risponda all’evoluzione del gusto.
Ecco allora la scelta di “armi” più leggere per accompagnare l’affinamento, virando dalla presenza di legni ingombranti quali le barrique (talvolta di primo passaggio) a tonneaux oppure botti di dimensioni maggiori, arrivando all’anfora o al cemento. Un passaggio strategico, probabilmente, perché se è vero che alcuni mercati – dagli Usa alla Scandinavia – cercano ancora rossi corposi e tannini addolciti alla moda dei Supertuscan, è innegabile un processo di consapevolezza che sta portando gli stessi critici di maggior prestigio internazionale a riconoscere il valore della verticalità, di una gestione meno invasiva (in cantina) dei tannini, di una produzione capace di fare sintesi tra le potenzialità di lunghi invecchiamenti e la piacevolezza di beva immediata (si pensi ai punteggi nell’areale di Montalcino).
ALLA RICERCA DEL CONTEMPORANEO
Cosa significa questo per il Sagrantino? Forse immaginare un percorso di “modernizzazione” delle tecniche tradizionali, senza rinunciare alla potenza del vitigno, ma facendola esprimere senza pesantezze e piuttosto in verticale. Ancora, significa puntare sull’acidità più snella (per quanto possibile) di maturazioni meno pronunciate e su tannini evoluti in botte grande. Apparentemente su questa strada si sono incamminati molti produttori e forse – ma sarà il tempo a dirlo – un Sagrantino più elegante potrà giocare la propria partita anche nel sedurre i nuovi consumatori. Senza dimenticare che questo grande rosso, espressione intensa del suo territorio, può proporsi in tandem con quel bianco seducente che è il Trebbiano Spoletino, capace di stupire soprattutto nel gioco delle macerazioni e delle vinificazioni meno convenzionali.
ANNATA A 3 STELLE
Valutata 3 stelle dalle commissioni di assaggio, l’annata 2017 di Montefalco Sagrantino Docg è stata caratterizzata da condizioni atmosferiche complesse e preannuncia vini con “ottimo equilibrio e piacevolezza, seppure nel solco di una certa potenza e calore”. In effetti la spinta alcolica si è fatta sentire ai tavoli di degustazione, ma questo non ha impedito a diversi produttori di lavorare con un equilibrio che fa ben sperare. Nell’esplorazione delle anteprime (in maggioranza campioni di botte o in affinamento) abbiamo approfondito la prospettiva con assaggi “comparati” delle annate attualmente in commercio. E abbiamo scelto alcune etichette che hanno mostrato una buona coerenza, giocando maggiormente in chiave di agilità, tensione acida, vivacità di beva ed eleganza.
AZIENDE STORICHE IN EVOLUZIONE
Frutto di una maturazione in botti di rovere prevalentemente grandi per almeno 18 mesi e di una sosta in vasche di cemento prima dell’imbottigliamento, il Sagrantino firmato Antonelli – azienda storica che vinifica da uve proprie in bio – esprime la potenza di una prolungata fermentazione sulle bucce senza rinunciare all’eleganza. Nonostante l’alcol si faccia sentire nel 2017 in affinamento, l’equilibrio tra un frutto intenso (dalla confettura di frutti di bosco alle ciliegie sotto spirito) e sentori verdi, quasi balsamici offre un sorso già vibrante. Il tannino morbido nell’anteprima si ritrova anche nel 2015 Chiusa del Pannone, nel quale l’alcolicità viene compensata da un boisé leggero intrecciato a sentori di macchia mediterranea.
Fondata dal principe Ugo Boncompagni Ludovisi come “stabilimento” del vino nel 1884, la cantina Scacciadiavoli è un pezzo di storia di Montefalco e la famiglia Pambuffetti – che l’ha acquisita nel 1954 – l’ha rilanciata proponendo vini che sanno sorprendere. Oltre alle bolle pregevoli a base Sagrantino (da segnalare il Pas Dosé 10 anni sur lies), l’autoctono rappresenta una sfida anche per le giovani generazioni. Il 2017 presenta una freschezza inattesa, quasi balsamica, che bilancia tannini ancora spigolosi. L’eleganza verticale del vino in anteprima si conferma nella 2016, che offrono un bouquet espressivo tra frutti rossi e spezie. L’invecchiamento in cantina porterà buoni risultati.
Si lega alla tradizione la produzione di Arnaldo Caprai, i cui vini in anteprima – i Sagrantino Valdimaggio e Collepiano – risultano equilibrati e arrotondati dal legno, con una sobrietà “bordolese” che guarda ai palati internazionali, ma non perdono il frutto e il tannino del vitigno.
ATTENZIONE ALLE VIGNE VECCHIE
L’azienda agricola Adanti, con vecchi vigneti nelle zone collinari di Arquata e Colcimino, è una realtà storica di Montefalco. Il campione di botte di Sagrantino Arquata 2017 si presenta con una certa invadenza, molto frutto e però tannini ispidi, l’alcol forse scomposto e note boisé che emergono ancora in allungo. Merita però il gioco di specchi con l’annata 2013, ora in commercio, per ritrovare compostezza ed eleganza, un tannino non astringente e decisamente espressivo, con un finale lungo per un vino capace di sedurre senza inclinazioni ‘piacione’.
La cura per le vigne vecchie, tra le più alte della denominazione, è uno dei segreti della finezza del Sagrantino di Tenuta di Saragano. L’anteprima 2017 del Saragano è eccellente: nettezza e persistenza ne fanno un vino già interessante (nonostante sia un campione in affinamento), mentre la dolcezza del legno emerge in trasparenza su un tannino austero. Nella comparazione con l’annata 2015 si conferma una pulizia del sorso e, nonostante una leggera riduzione, emergono sentori aromatici che fanno spiccare l’eleganza.
BOTTE GRANDE O BARRIQUE?
Nonostante l’utilizzo di legno piccolo, già nel campione da botte il Sagrantino di Perticaia 2017 si presenta pulito e capace di stupire con un tocco aromatico che ne connota l’evoluzione. L’azienda, che spinge verso il biologico, vuole restituire in bottiglia il terroir. Confrontando l’anteprima con l’evoluzione della 2015 (al netto dell’annata) si conferma un intervento in cantina che mantiene una verticalità senza “maltrattare” l’acidità e i tannini. Il finale restituisce un tocco amaricante e seducente.
Con amore per il territorio e una spinta orientata al mercato, alla Benedetti & Grigi si lavora esplicitamente su un vino non troppo austero e complesso, cercando di produrre Sagrantino senza le spigolosità che l’hanno sempre contraddistinto. Nel campione da botte 2017 emerge dunque un piglio scalpitante, un Sagrantino robusto, ma domato con legni anche piccoli. Una tendenza alla pronta beva che si paga in parte nell’affinamento in cantina, perché l’assaggio del Sagrantino 2014 fa scoprire un tannino ancora esuberante, ma un’acidità meno sostenuta.
La chiave di lettura potrebbe essere però l’annata difficile, dato che questo paradosso si scopre anche nel Sagrantino Collenottolo 2014 di Tenuta Bellafonte, che sembra aver poca espressività. Eppure l’azienda lavora con botte grande e questo emerge assaggiando il 2017 in anteprima: pulito ed elegante, è verticale senza esser scorbutico, è grazioso eppure netto. È probabilmente un Sagrantino da scoprire nel tempo.
Proprietà della friulana Livon, Fattoria Colsanto porta all’anteprima 2017 un campione da botte che sfoggia una promettente acidità e un tannino stratificato, mettendo in luce intensità dall’alcol e frutto dell’annata calda. Lo sguardo in prospettiva sul Sagrantino 2013 indica una tenuta coerente: naso pulito con intensità dei frutti rossi, acidità ancora pronunciata e tannini robusti che rendono il vino austero e intrigante.
PICCOLI E GIOVANI
Cantina giovane quella di Ilaria Cocco, che affina il Sagrantino in botti di rovere dopo la macerazione prolungata sulle bucce in acciaio. L’anteprima 2017 del suo Phonsano è esperienza di intensità tannica mescolata a un legno ancora presente, per un vino preciso pur se giovane con frutto carico e maturo. L’assaggio del Phonsano 2015 conferma questa linea, enfatizzando l’evoluzione con un piglio elegantemente ossidativo che ne fa un vino per chi vuole perdere l’eccesso carnosamente fruttato.
Non fanno nulla per sedurre i vini di Terre di San Felice, garage winery inerpicata sulle colline di Castel Ritaldi. In pochi metri quadrati, tra acciaio, tonneaux e anfore, nascono vini che conquistano con spigoli nascosti. Apparentemente scontroso al primo sorso, il Sagrantino 2017 si rivela lentamente sciogliendosi tra richiami di frutta con un tannino corpulento ma non aggressivo. L’azienda propone anche il divertente Vinum Dei, che dopo il tonneau affina in anfora, portando in dote un profumo speziato e un tocco quasi resinoso, con una lieve affumicatura che non sovrasta il frutto e il tannino si impone senza invadenza.
Per finire, l’outsider Antica azienda agricola Paolo Bea merita una visita per un assaggio dei suoi Sagrantino Pagliaro e Cerrete: lunghe macerazioni, frutto intenso e profondo, ma un’eleganza vibrante che conferma l’impatto positivo delle botti grandi sull’affinamento di questo vitigno scorbutico eppure affascinante.