Testo estratto dal numero speciale Italianissimo: 20 (+1) racconti d’autore per 20 regioni
La passione per l’ospitalità è iniziata quando ero ragazzino: mio papà faceva il barbiere e dopo la morte del nonno si è trovato a possedere dei terreni con vigneti. Ha lasciato il lavoro di barbiere e si è dedicato alla vigna. Mia mamma, nella casa di campagna paterna, aveva aperto una “bettola”, dove si poteva bere del vino sfuso di nostra produzione e mangiare qualche piatto come la soprèssa, la trippa in bianco o l’uovo sodo. Ma la grande passione della mamma erano in realtà le erbe aromatiche e le spezie: la sua specialità, infatti, era quella di utilizzarle per aromatizzare la grappa e altri liquori fatti in casa.
Quando sono arrivato all’hotel Cipriani nel 1978 ho trovato una filosofia dell’ospitalità che era logicamente diversa, ma ugualmente spontanea. Non era quella del classico albergo di lusso ma piuttosto un’accoglienza autentica che faceva star bene l’ospite. E il mio era un lavoro che, anche se duro, alla fine mi faceva star bene. In quegli anni chi voleva bere bene andava necessariamente in un bar d’albergo e il Cipriani, come altri grandi hotel veneziani, ha contribuito a cambiare la cultura del bere miscelato in Veneto. È proprio durante la mia prima settimana al Cipriani che nacque il Canaletto: il Direttore dell’albergo entrò al bar con dei giornalisti e ordinò tre Bellini. Ma aprile non era ancora stagione di pesche bianche e così mi venne l’ispirazione di usare il succo di lampone, aggiustato con un po’ di Crème de Framboise e zucchero, e il Prosecco. Il Direttore si complimentò per il bel colore rosso che gli ricordava i colori dei quadri del pittore veneziano e da lì scelsi il nome: Canaletto!
Dal 1990, promosso capo barman, ho voluto recuperare quella tradizione di famiglia e ho iniziato una miscelazione proprio con erbe aromatiche e spezie. Dopo trent’anni continuano ancora a essere presenti nelle nostre proposte. Una volta l’ospite sceglieva il suo drink in base al distillato base, oggi si lascia trasportare dalla curiosità per le erbe aromatiche provenienti dal nostro giardino Casanova. Qui crescono rigogliosi i mirtilli che ho usato nel nuovo cocktail “421 Venezia Mia”, dedicato ai 1600 anni di storia della città e all’epoca in cui era una potenza commerciale.
Nel drink uso anche Select Aperitivo, un bitter rosso intenso lanciato a Venezia nel 1920, che dagli anni ‘60 divenne un componente essenziale dello spritz, la Malvasia per la marinatura, il vino più famoso in Europa tra il 1300 e il 1600 proprio grazie a Venezia, tanto che esiste un porto commerciale chiamato Fondaco della Malvasia, e il Maraschino, liquore di ciliegie con radici nella Dalmazia veneziana prima di passare alla produzione su larga scala inaugurata dalla Repubblica di Venezia nel 1759. Mi piace ricercare le vecchie tradizioni venete, capire cosa si beveva come digestivo, quali erano i rituali dell’aperitivo o cosa venisse servito al mattino presto prima di andare al lavoro. E infatti ho creato anche quattro cocktail ispirandomi a queste consuetudini, trasformandole però in chiave estiva e contemporanea.
A me piacciono i drink con un’anima e una storia dietro (Bolzonella ha scritto anche un libro, “Cocktails in Venice. Tales of a barman”, ndr). Il cocktail è come una canzone: quando la senti ti ricordi il posto dove hai passato dei bei momenti. L’arte dell’aperitivo è un’arte tutta italiana che racchiude in sé alcuni elementi che più caratterizzano il nostro paese: passione e convivialità. Per celebrare questo rito al Cipriani, sulla terrazza del Bar Gabbiano abbiamo quest’anno una sorta di bacaro dove il “bacarista” prepara a vista i cicchetti veneziani abbinati ai nostri cocktail. L’ennesimo modo di vivere Venezia all’interno del nostro hotel.
Venezia è romantica, magica, preziosa, inimitabile. E così è un cocktail che nasce in laguna. Lo stesso drink a Milano o Londra non sarebbe uguale, perché le emozioni che questa città ci dona ogni giorno sono uniche al mondo. In oltre 40 anni al Cipriani ho avuto il privilegio di servire i più grandi della terra: da Reagan a Carter, da Mitterand alla Tatcher, da Andreotti a Berlusconi, alle star di Hollywood come George Clooney, che qui è un habitué. Alla fine sono persone che a volte vorrebbero avere una veste normale. Ed è al bancone del bar che emerge questa normalità.
Io non faccio una miscelazione complicata, cerco di interpretare quello che il mio cliente desidera. In poche parole non creo un menu per me stesso. La formula giusta per essere un vero barman è la fusione tra il cocktail e l’ospitalità, che è ciò che ti farà ricordare quell’esperienza attraverso lo stupore e le emozioni. Servono passione, empatia e umiltà. L’ospitalità però la devi avere dentro, penso che la mia prima casa sia il salotto del Bar Gabbiano e la seconda casa quella di residenza.