Non rientra tra le Blu Zone del mondo (in Italia l’unica longevissima area è in Sardegna), ma c’è una parte del Cilento che accoglie una popolazione centenaria. Il merito probabilmente è della Dieta Mediterranea che a Pioppi ha trovato casa persino in un museo, dedicato ad Ancel Keys, scienziato statunitense che si trasferì qui per condurre i suoi studi sul tema che, nel 2010, è stato riconosciuto anche Patrimonio culturale immateriale dall’Unesco. L’americano ha di fatto inventato la Dieta Mediterranea ma non è l’unico uomo di scienza che è stato attratto da questo posto. Più recente è, infatti, l’arrivo di Sofia Cavalleri, ricercatrice di origine veneta che è approdata qui grazie al programma di Young Scientists Group promosso dalla Fao. Il suo approccio scientifico e gli studi in etnobotanica, concentrati sulle relazioni tra territorio, paesaggio, biodiversità e popolazioni sono stati completati dalla conoscenza con Amabile Cortiglia, cuoco pollichese doc, che in questo territorio è cresciuto andando nell’orto con nonno Giuseppe e imparando le ricette tradizionali dell’antico Cilento con nonna Rosetta e che oggi è la parte meno razionale nella vita della giovane professionista. Pure Sofia ha portato avanti la passione dei suoi nonni Alessandro, farmacista galenico, e Annamaria, insegnante, mettendo in campo insieme ad Amabile progetti di educazione alimentare e Medicina Tradizionale Mediterranea. Coppia nel lavoro e nella vita, Sofia e Amabile sono entrambi under 30 e hanno da poco partecipato al ventennale dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con un intervento incentrato sulla diversità bio-culturale del Cilento, raccontata attraverso alcuni prodotti, dalle alici di Menaica al pane di grani antichi che hanno proposto in assaggio.
Con una visione complementare tra cucina e ricerca, i due hanno anche lanciato Ristolab – Ritiro Mediterraneo, bed & breakfast e ristorante che ha sede in mezzo a un uliveto di circa 13mila metri quadri, luogo secolare protagonista anche di un pacchetto esperienziale dedicato alla raccolta delle olive. Ogni camera – sei in totale, tra cui quattro matrimoniali, una quadrupla e una singola – porta il nome di una cultivar e l’olio extravergine di oliva di produzione locale è protagonista assoluto di molti piatti che saranno in carta non appena il ristorante aprirà (presumibilmente dopo l’estate). Al momento la cucina si esprime con una proposta più informale tra colazioni, brunch e aperitivi che seguono la via della genuinità, tra verdure “a metro zero” perché sono quelle dei loro orti, disegnati secondi i principi della permacultura, ai cibi indigeni come gli asparagi spontaneio il fico bianco del Cilento la cui polpa diventa il ripieno del loro raviolo con formaggio di capra – le tipologie di pasta sono solo tre e a base di acqua e farina, a cui si aggiungono anche cavatelli e fusilli – mentre la foglia del frutto avvolge il maialino cotto in forno. A proposito di carne, c’è un dialogo aperto con un abbattitore selettivo di cinghiali mentre per i piatti di mare ci si affida al gozzo di Amabile che coltiva una passione per la pesca. Scelte abbastanza radicali anche in cantina che, al momento, conta (sulle dita di una mano) pochissimi produttori, come Tenuta Bortone e Polito.
Con una visione di gastro turismo , il loro casale accoglie gli ospiti che vogliono scoprire la natura e percorsi escursionistici attorno, in cui raccogliere le erbe da usare poi in cucina, come per il pesto di San Giovanni a base di rosmarino, salvia, timo, menta e finocchietto selvatico, oppure andare alla scoperta di agro-imprenditori del territorio che sostengono l’agricoltura rigenerativa, attività che non si discostano molto dal precedente lavoro di Sofia in Thailandia, in cui era impegnata in ricerche sul campo in merito alla relazione tra consumatori urbani e produttori alimentari rurali.