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Infusi di stagione

La salute in tazza (e nel piatto). Le virtù delle piante aiutano a stare meglio e sono preziose anche in cucina.

Una tazza fumante che emana profumi di erbe e spezie, un buon libro e magari il camino acceso. Per molti questa è la sintesi di “well-being” invernale, fatto di momenti dedicati a sé stessi con un piccolo aiuto da parte della natura, grazie all’apporto corroborante di una bevanda calda e alle proprietà specifiche delle botaniche. Che in alcuni casi può diventare vera e propria “cura”: se la maggior parte delle tisane in bustine preconfezionate non ha che un blando effetto, l’erboristeria – disciplina cui è dedicato il corso di laurea in Scienze e Tecnologie Erboristiche, e normata dal Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali del 2018, che ha aggiornato un decreto del 1931 autorizzando chi è in possesso del titolo di erborista, oltre che i farmacisti, a creare preparazioni “costituite da piante tal quali, da sole o in miscela, estratti secchi o liquidi di piante” – punta ad alleviare o risolvere alcuni problemi legati alla salute attraverso rimedi naturali che sfruttano l’effetto combinato di più piante (mentre la fitoterapia è la branca della farmacoterapia che si occupa di prevenire e trattare disturbi e malattie mediante l’uso di piante medicinali e preparazioni da esse ottenute, che sono dunque medicinali a tutti gli effetti).

«Il lavoro dell’erborista è quello di conoscere il fitocomplesso, cioè l’insieme delle sostanze presenti nelle piante — che non hanno un solo principio attivo — e le sue interazioni con quelli di altre erbe. Così si creano le giuste sinergie, mettendo a punto una miscela su misura per l’esigenza specifica del cliente e modulandone sapientemente gli effetti», spiega la dottoressa Paola Paltrinieri, farmacista-erborista, titolare da oltre vent’anni dell’Erboristeria del Viale a Modena e docente e coordinatrice didattica dell’Accademia della Tisana, un campus residenziale che completa la formazione pratica dei laureati in materia. Così, per esempio, la liquirizia non è solo un dolcificante naturale dal sapore gradito a molti e un protettore dello stomaco e delle vie respiratorie ma facilita anche l’assorbimento dei principi attivi di altre piante grazie al contenuto di saponine. Mentre la salsapariglia ha proprietà antinfiammatorie, sia per il tessuto cutaneo che per la circolazione (ad esempio nel caso di varici o flebiti), e si rivela un valido supporto anche negli stati reumatici. «Le erbe sono studiate e utilizzate da sempre come rimedio – prosegue Paltrinieri –. Ma oggi vengono spesso degradate in integratori o altri prodotti che isolano, a volte anche eccedendo nelle dosi, il singolo principio attivo; cosa che invece la natura non fa mai».

La “formula” della tisana si rivela quindi spesso la migliore perché il veicolo acquoso, facilmente somministrabile, rende più biodisponibile il complesso. Su principi simili lavora anche Wilden.Herbals, l’azienda creata da Nicola Robecchi, Delfino Sisto Legnani e Tommaso Albonetti con l’obiettivo di rivoluzionare il mondo delle bevande calde e fredde a base di piante officinali (in questo caso, biologiche). Dal 2019 Wilden propone quelli che chiama Remedia, una gamma di infusi da bere nei diversi momenti della giornata, formulati per unire gusto e benessere sulla base di un’idea del nostro organismo come “ecosistema”: dal Morning, tonico e avvolgente per cominciare la giornata, al Focus, ideale per la concentrazione e la meditazione. Novità recente è la limited edition Reborn, un mix di piante officinali, frutti e radici (santoreggia, citronella, lavanda, mela, bergamotto e zenzero) pensato per purificare, rivitalizzare e dare la carica di energia, fisica e mentale, necessaria per affrontare “nuovi inizi”: che si tratti di un lavoro, un cambiamento o dell’anno in arrivo. Reborn è il primo Remedium messo a punto con la collaborazione della responsabile ricerca e sviluppo Sofia Tertzakian: laureata in medicina a Buenos Aires, ha capito che alla vita in ospedale preferiva quella “sul campo” e si è dedicata alla sua altra passione, la gastronomia, viaggiando e lavorando come cuoca. Arrivata in Italia per seguire il master in World Food Cultures and Mobility dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e dedicandosi soprattutto alla sostenibilità dei processi produttivi in ambito gastronomico e all’universo delle piante, è stata messa in contatto con Robecchi da una docente e capito che Wilden era il modo migliore per unire i suoi interessi e competenze: è nata così la nuova linea Health – dedicata per ora alla cura delle esigenze quotidiane delle donne, in particolare legate alla sindrome premestruale, solitamente scarsamente tenute in considerazione e ammantate di un’aura negativa – disponibile per il canale farmacia ed erboristeria da fine gennaio con quattro referenze: Quietea, Cistea, Nateavity e PreCycle. «Abbiamo lavorato su circa trenta piante insieme a consulenti medici ed erboristi, studiando tanto la tradizione italiana quanto l’erboristeria moderna e la medicina cinese, e facendo prove per testare efficacia e sapore. Tra quelli che si sono rivelati più indicati ci sono equiseto, ortica, cannella, ribes, ginepro, sambuco, malva ma soprattutto l’uva orsina, che funziona molto bene combinata con l’equiseto ed è un potente antinfiammatorio e antibatterico».

Sofia ha poi applicato anche il suo approccio gastronomico non solo sul sapore degli infusi ma anche immaginandone un impiego culinario, visto che si tratta spesso di erbe officinali, frutta secca e radici utilizzate anche in cucina: «Le sue note intense e decise rendono Reborn perfetto per i curry di verdure o gli stufati di carne; le note agrumate del bergamotto, la dolcezza della mela e la lavanda sono perfette anche per la preparazione dei dessert», spiega. Ma gli infusi, in generale, si possono usare anche come brodo “veloce” e aromatico per risotti e altre preparazioni, o per condire insalate. Concorda la dottoressa Paltrinieri: «Un bravo erborista che conosce gli aromi delle erbe e non solo le loro potenzialità curative è certamente in grado di inserire le tisane nei cibi: ad esempio spezie e radici, come quella di sedano selvatico, possono essere aggiunte al “dado vegetale” preparato in casa, per ottenere un brodo senza prodotti di sintesi. E spesso suggeriamo piante e aromi naturali da aggiungere nella preparazione domestica di liquori: la genziana o l’assenzio, ad esempio, danno una nota amara particolare al nocino modenese».

Tisane e decotti, le regole affinché siano buoni ed efficaci

Come sfruttare al meglio le proprietà delle erbe in tazza? Innanzitutto occorre distinguere tra tisana (una breve infusione in acqua già fatta bollire) e decotto, in cui piante e acqua fredda vengono portate a bollore insieme e lasciate poi in infusione prolungata a fuoco spento: possono avere applicazioni differenti anche in base alle erbe scelte, e vanno rispettate le raccomandazioni e la posologia indicate da un professionista. Poi, molto dipende dalla dose: «La quantità di piante dovrebbe essere pari al 5% del solvente, cioè l’acqua», spiega Paola Paltrinieri. «Di solito nei filtri di tisane già pronte ci sono 1-2 grammi, per cui si concentrano più sull’aroma che sull’effetto funzionale. È però vero che anche solo le percezioni sensoriali — come il profumo, l’amaro di alcune erbe o la pungenza del peperoncino o dello zenzero — sono in grado di mandare un “messaggio” agli organi grazie al collegamento fra le papille gustative e il sistema nervoso centrale, promuovendo ad esempio le secrezioni gastriche o altre reazioni fisiologiche».

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