L’obiettivo dell’enologia, neanche a dirlo, è aiutare il produttore a ottenere il miglior vino possibile, esaltando tutte le qualità dell’uva da cui ha origine. Riuscirci dipende dalla conoscenza approfondita del vino, dei suoi componenti e dei processi di trasformazione a cui può essere sottoposto. Più la scienza enologica avanza, più le sue nozioni vengono applicate in modo razionale.
L’enologo Andrea Moser ne è ben consapevole e, con pacatezza e umiltà, si differenzia da chi tende a credere ancora che la qualità sia indipendente dalla tecnologia, sottovalutando il ruolo dell’intervento umano. Il suo approccio, che abbiamo già avuto modo di raccontare, si basa su un’enologia dinamica e consapevole, adattata ai diversi vini per cui presta consulenza in tutta Italia. Dal Trentino-Alto Adige (De Vescovi Ulzbach) alla Sicilia (Sofi), dal Veneto (Monte Cimo) alla Liguria (Bruna), dalla Toscana (Terre di Beba) all’Abruzzo (Tenuta del Priore) fino alla Sardegna (Etzo): cantine diverse, ma accomunate da una visione e da valori condivisi, gli stessi su cui si fonda AMproject, la sua azienda.
Un nuovo progetto: Komb(w)ine
In occasione della seconda annata dei suoi Temporary Wines – Fly (Pinot Bianco) e Run (Pinot Nero) 2023, disponibili sul mercato da fine aprile e appena approdati nell’eclettico Tapasotto di Giancarlo Perbellini e Federico Zonta (uno dei ristoranti più cool di Verona) – Moser ha presentato un’idea innovativa e rivoluzionaria: Komb(w)ine. Si tratta di un progetto totalmente no alcol, nato in collaborazione con Ettore Ravizza, fondatore di Legend Kombucha.
«L’esigenza dell’alta ristorazione di costruire abbinamenti sempre più intriganti per i menu degustazione e di creare dei pairing che vadano al di là del canonico cibo-vino da associare ad un crescente e doveroso desiderio di una alimentazione più curata ci hanno spinti ad immaginare una nuova strada per il vino e a ideare qualcosa che, partendo dal mosto varietale potesse essere una valida alternativa per tutti». Ci spiegano i due imprenditori, proseguendo le motivazioni con entusiasmo: «Le bevande fermentate sono davvero trasversali; sono amate da chi è astemio, da chi non beve o non può bere per scelta o per salute, ma anche, grazie alla loro base enoica, a chi cerca una nuova strada per il vino».
Un’alternativa enoica, sostenibile e naturale
Il nettare aromatico nato da questa sperimentazione si inserisce pienamente nella filiera del vino, recuperando il mosto d’uva non utilizzato dalle cantine. Il processo prevede la combinazione di tè, acqua e mosto, a cui si aggiunge lo scoby, un consorzio di lieviti e batteri che agisce su due fronti: fermenta gli zuccheri e, al tempo stesso, elimina l’alcol in modo naturale. Il risultato? Una bevanda che esalta l’uva di partenza senza aggiunta di zuccheri, con un tasso alcolico inferiore allo 0,5%, ottenuta attraverso un processo spontaneo e a basso impatto energetico.
Nonostante la scarsa diffusione delle tecniche di produzione e conservazione alternative nel mondo enologico, Andrea Moser prosegue il suo percorso con la stessa convinzione, ispirato da un vecchio detto viticolo: “la qualità è uno stato d’animo, la volontà e la preoccupazione continua di fare il meglio”. Se il progresso passa attraverso la conoscenza e se i buoni vini – e in questo caso anche i mosti – affinano il gusto dei consumatori, l’enologia ha oggi un compito fondamentale: far conoscere meglio i prodotti per renderli ancora più apprezzabili.