In Corea del Sud, nell’isola di Jeju, ci sono le Haenyeo, le “donne di mare” (letteralmente) che secondo un’antichissima tradizione s’immergono in apnea per raccogliere sui fondali alghe, polpi e frutti di mare. Nella Prefettura giapponese di Mie, a sud di Tokyo, resistono ancora alcune rappresentanti delle Ama, le “sirene” dedite alla raccolta di ricci, alghe, lumache di mare e soprattutto di ostriche, per ricavarne le preziose perle. In Brasile, nella regione Ceará – dove è diffusa la pesca femminile d’acqua dolce – ma anche in quelle di Bahia, del Piauí e di Rio Grande do Norte, pescatrici e pescatori si sono riuniti nel 2019, in occasione della XV Fiera dell’agricoltura familiare e dell’economia popolare equo-solidale di Crateús, creando “reti solidali” per tutelare l’habitat, la pesca e il ruolo delle donne in quest’attività.
A Sidi Bounuar e Aglou, in Marocco, anche grazie all’azione di Slow Food, è nata la prima cooperativa che riunisce le donne raccoglitrici di cozze e altri frutti di mare – con tanto di festival, Slow Fish Tigri, dalla parola berbera che indica appunto i frutti di mare e il periodo del mese lunare in cui è possibili pescarli – portandole per la prima volta a un tavolo di discussione con i pescatori uomini e dando loro consapevolezza del proprio ruolo. Mentre in Ecuador, sempre con il supporto di Slow Food, le donne dedite alla tradizionale attività della raccolta delle radici di mangrovia – fondamentale non solo per la sussistenza della comunità locale ma anche per il mantenimento di un habitat acquatico prezioso e delicato – si sono riunite nell’associazione Mujeres – Rizomas de vida.
Ma basta guardare più vicino a noi – per esempio in Sicilia, alle isole Eolie, dove fino agli anni Settanta del Novecento erano attive le donne pescatrici raccontate dall’antropologa Macrina Marilena Maffei nel suo libro Donne di mare (Pungitopo, 2013) – per conoscere, e riconoscere, il ruolo giocato dal genere femminile non solo nella pesca ma soprattutto in un rapporto intimo, e spesso fatto di reciproca attenzione, con il mare e i suoi habitat. Una storia che continua ancora oggi, con quel che resta di comunità e consuetudini arcaiche ma pure con nuovi approcci, assolutamente contemporanei e anzi capaci di guardare al futuro, da parte di donne che sono non solo pescatrici ma anche cuoche, chef, ricercatrici, biologhe, artiste. Non a caso, erano diverse le protagoniste della nostra cover story dedicata alla sostenibilità ittica, dalle chef Chiara Pavan e Martina Caruso alla biologa e ristoratrice Daniela Fadda, fondatrice con Giuseppe Ollano del progetto sardo di Fradis Minoris.
E non è un caso nemmeno che ai contributi e al ruolo femminile per lo sviluppo sostenibile e la tutela del mare sia dedicato il premio Donna di Mare, prima edizione del concorso rivolto alle giovani che abbiano a cuore l’ambiente e le sfide che coinvolgono il “Pianeta Blu”, la cui premiazione si è svolta questa mattina a Roma nell’ambito dell’iniziativa 8 marzo, le Donne della Generazione Oceano durante la quale è stata lanciata la piattaforma del Decennio del Mare, primo portale di riferimento dedicato.
Nel 2021 ha preso infatti il via il Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile (Decade of Ocean Science for Sustainable Development), iniziativa delle Nazioni Unite, coordinata dalla Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco – l’unica organizzazione competente per le scienze del mare nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite –, che fino al 2030 punterà a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica. Sette gli obiettivi concreti che si prefigge il Decennio, dalla sicurezza alla sostenibilità, mentre dieci sono le sfide che si pongono davanti a chi ha a cuore il futuro degli oceani (e della vita), a cominciare dall’ottimizzarne il ruolo nell’alimentazione sostenibile.
La giornata romana ha visto una tavola rotonda con esponenti del mondo della ricerca, dell’arte e dello sport e – in particolare – con il racconto del ruolo delle donne nella tutela del mare, grazie ai contributi, tra gli altri, di Paula Barbeito di SlowFood, che ha raccontato dei progetti dell’associazione citati in precedenza; di Margherita Cappelletto, tecnologa del CNR; dell’artista Anne de Carbuccia, fondatrice del progetto artistico ed educativo One Planet, One Future e autrice degli evocativi “Time shrines”, realizzati e fotografati in vari luoghi del mondo per ricordare l’importanza di prendere posizione e fare qualcosa di concreto nonostante il tempo incalzi; e della giovane Sofia Bonicalza, atleta e attivista che insieme all’attività agonistica porta avanti i suoi studi in biologia e conservazione della fauna selvatica (con particolare attenzione alla foca monaca) e le iniziative per la pulizia delle spiagge e dei mari dalla plastica, anche attraverso la challenge mondiale “Plastic Hunt”.
Il Premio – ideato da Francesca Santoro, portavoce del Decennio del Mare, e promosso da Unesco, dall’Associazione Donne di Mare e dall’Associazione B Women Italy (rete di donne imprenditrici che si impegnano concretamente per la promozione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite di Gender Equality e Climate Change, coordinata da Anna Cogo di Nativa), con la partecipazione di Caterina Balivo, Madrina dell’oceano – sostiene progetti innovativi al femminile volti a tutelare e studiare il mare in modo interdisciplinare: dalla ricerca all’arte, dalla cucina all’imprenditoria e all’educazione, attraverso prodotti multimediali, grafici e fotografici, progetti di ricerca, progetti educativi e altre forme di collaborazione.
A vincere il capodoglio di creta e sabbia plasmato dall’artigiana ligure Bianca Biamonti è stata Marta Musso, giovane biologa genovese che ha trovato nelle immagini – foto, disegni, illustrazioni – la maniera più efficace per far arrivare a tutti il suo lavoro e che gira le coste a bordo di un furgone giallo delle poste tedesche trasformato in una sorta di laboratorio itinerante per portare un messaggio dal mare soprattutto ai più giovani, con il progetto Possea.
Tra i partner del premio c’è l’associazione Donne di Mare, che nasce in Sicilia nel 2019 per opera di un gruppo di donne dell’isola tra cui la cuoca-ricercatrice Bonetta dell’Oglio (che ne è stata anche la prima presidente) e le biologhe Cinzia Suriano e Paola Gianguzza, oggi rispettivamente presidente e vicepresidente. «Avendo competenze diverse, ognuna di noi lavora su temi specifici – racconta dell’Oglio -. Ma è comune l’invito ad amare e occuparci della nostra terra e del nostro mare, partendo soprattutto dall’educazione dei più giovani: penso alle mode gastronomiche, al fatto che spesso mangino il salmone senza nemmeno sapere che non è un “nostro” pesce e che ci sono alternative sane e sostenibili; ma anche alla problematica delle microplastiche, alle quote tonno divise in maniera insensata, alla pesca poco attenta. Mentre cerchiamo di sostenere iniziative che valorizzino il mare, come per esempio il pescaturismo, coinvolgendo anche pescatori e pescatrici, e di sostenere la pesca artigianale che rischia di essere messa in pericolo anche dallo sviluppo dei porti turistici, proponendo di creare dei banchi dedicati alla vendita della piccola pesca». Tra le iniziative concrete dell’associazione c’è stata pure l’attivazione di una chat, durante la fase di lockdown, per aiutare i piccoli pescatori di Palermo a vendere il pesce pescato direttamente ai consumatori, con un sistema di “box alla cieca” con pesce freschissimo diverso da quello solitamente esposto nei banchi di pescherie e supermercati, instaurando un bel rapporto di conoscenza e fiducia reciproca.
Mentre proprio come omaggio al Decennio del Mare, Bonetta ha ideato con la consulenza dì Paola Gianguzza un piatto che è anche una piccola provocazione: la sua Insalata Genziana – dal nome della signora che le ha ospitate alla Torre di Scopello, bellissima località siciliana affacciata sul golfo di Castellammare con la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro e i faraglioni – è infatti un atto di “rinuncia”, che porta in tavola il mare senza pesce: alghe (ulva Lattuca, Laurentia, Crithmum maritimum e salicornia) e acqua di mare, che si sposano a elementi della tradizione isolana come grano saraceno, lenticchie di Ustica, olio extravergine d’oliva, aglio selvatico, mandorle e fiori eduli di primavera, in un inedito mix di sapori e profumi che legano la terra e il mare, evocando sentori di gamberi e patelle senza che vi siano: «Per iniziare la stagione – spiega – e festeggiare il Decennio del mare, ho pensato di iniziare a provare le verdure di mare, lasciando riposare i pesci».