In una terra di re rossi, c’è un bianco toscano che è stato il primo in Italia ad aver ottenuto nel 1966 la Denominazione di Origine Controllata. È la Vernaccia di San Gimignano, vitigno autoctono e grande interprete della viticoltura locale fin dal Medioevo (è persino l’unico citato da Dante nella Divina Commedia). Per rendere omaggio alla regina ribelle dei bianchi toscani, il suo Consorzio ha organizzato un inedito evento gli scorsi 3 e 4 giugno, con masterclass alla Rocca di Montestaffoli e degustazioni itineranti insieme ai produttori presenti nel borgo storico che, nei secoli bui, è stato per tutti una Manhattan ante litteram visto l’alto numero di torri che svettavano sul panorama (delle più di 70 censite oggi le superstiti sono circa una decina).
«Siamo molto soddisfatti che questa prima edizione abbia ricevuto una risposta di così successo e di forte interesse per nostra denominazione – commenta Irina Strozzi, presidente del Consorzio –. Il vino è questo: è cultura, è arte in tutte le sue forme, è conoscenza, è condivisione e comunità. Ma anche rispetto ed educazione, caratteristiche che abbiamo ritrovato nelle tante persone arrivate a San Gimignano lo scorso weekend. E a tutti coloro che non hanno potuto essere con noi, dico: veniteci a trovare nel corso dell’anno, per conoscere la nostra Regina Bianca. Unica, nobile, ribelle».
Un successo confermato anche dall’affluenza di pubblico e dal sold-out del convegno d’apertura “L’Amor che de la vite cola” che aveva un focus su temi legati alla sostenibilità e al rapporto vino-salute. Nel corso della tavola rotonda che ha riportato il vino all’attenzione dei consumatori su basi scientifiche e culturali, tra gli altri relatori, a prendere la parola sono stati anche Michele Manelli, vice-presidente Equalitas, e l’agronomo Giovanni Bigot, titolare della società Perleuve di Cormons, Gorizia, che rispettivamente abbiamo premiato ai nostri Awards con il premio Responsabilità sociale nel vino 2022 e Innovazione nel vino 2021. La vernaccia è stata protagonista anche sulle tavole della cena di gala, allestita nell’antico chiostro di Sant’Agostino e a cura dello chef Vito Mollica, lucano ormai naturalizzato a Firenze, e della sua brigata in trasferta da Chic Nonna, ristorante fine dining all’interno del fiorentino Palazzo Portinari Salviati. Il wine pairing? A scelta degli ospiti tra 35 etichette del nobile bianco toscano.