L’Italia è sempre stata un sogno, per noi. Un sogno inafferrabile, un pensiero magnifico che durava quanto le nostre vacanze estive. L’abbiamo visitata moltissime volte, ne conosciamo quasi tutte le regioni, ma non avremmo mai pensato di chiamarla casa, un giorno. Non siamo italiani, non avevamo motivi particolari per trasferirci. Un giorno, però, ci siamo chiesti: ma davvero c’è bisogno di avere un motivo specifico per visitare, soggiornare o addirittura vivere in Italia? Non è evidente che va fatto?
Alla fine, naturalmente, una scusa l’abbiamo inventata noi: un libro di cucina. È una motivazione come un’altra. Dopo aver scritto due libri sulla cucina di campagna francese era giunto il momento di aprire un nuovo capitolo, di affrontare una nuova sfida. La cucina italiana è una delle più rinomate del mondo, probabilmente la più famosa. Tutti, qui, hanno un’opinione su come si prepari quel determinato sugo per la pasta, cosa serva per fare una buona pizza, chi abbia inventato quel dato dolce. Io sono una brava cuoca. Conosco bene i piatti italiani ma per questo progetto avevo bisogno d’aiuto, e l’ho ricevuto. Molte porte si sono aperte davanti a me: gli italiani sono persone calorose ed accoglienti, amano mettere a disposizione le ricette di famiglia. Sono orgogliosi della loro tradizione culinaria e felici di constatare quanto interesse ho per loro. E, io, di interesse ne ho moltissimo. Il caso e il destino ci hanno fatti arrivare a Torino. Si tratta di una città genuina, ma anche ricca di magia. Così maestosa, così ricca di storia e, cosa ancor più importante per me, di deliziose ricette. Ho sempre amato la cucina piemontese, ma adesso ne sono proprio ossessionata. La mia relazione con i tajarin è una vera e propria storia d’amore. Abbiamo portato con noi lo stretto necessario – la nostra casa nella campagna francese è troppo importante per noi. L’abbiamo lasciata intatta così da avere, quando vi torniamo, la sensazione di non essere mai partiti.
Viviamo due vite, ecco la verità. Nella nostra vita italiana possediamo meno oggetti, meno cose. I muri sono ancora un po’ disadorni. A me piacciono i mobili antichi, che hanno una storia da raccontare – gli oggetti che sono sopravvissuti. Io ho due vite e il libro che sto ultimando è in realtà due libri. Da una parte racconto la mia cucina: la cucina italiana che ho sempre praticato e quella che ho imparato da quando sono qui. Dall’altra parte c’è il contributo degli italiani che ammiro, che condividono la mia stessa passione per il cibo – chef, scrittori, cuochi casalinghi. Persone provenienti da ogni parte d’Italia che non mi regalano solo le loro ricette, ma anche il loro tempo e le loro storie. Una ricetta è sempre migliore quando è accompagnata da una storia. Durante la nostra prima estate la città era torrida e l’appartamento vuoto. Le strade desolate, anche i negozi erano chiusi. Non ero nemmeno certa che ve ne fossero, di negozi, vicino a Piazza Vittorio, dove si trova la nostra casa. Ma poi, una domenica mattina d’autunno, la città si è risvegliata. Fuori dalla mia finestra, l’intera piazza brulicava di vita. C’erano mercanti di mobili e ogni genere di piccoli oggetti: lampade, piatti, utensili da cucina. Uno dei banchi, il mio preferito, apparteneva a due ragazzi giovani, deliziosi. Ho comprato alcune cose da loro, soprattutto per la cucina. Col tempo siamo diventati amici e ho acquistato molti altri oggetti dal loro bellissimo negozio, Fané. Senza rendermene conto, per ironia della sorte, molti di questi acquisti erano di origine francese.
La vita è buffa. Un tempo ero la ragazza che tornava in Francia dall’Italia con l’auto piena di guanciale, barolo e nocciole. Adesso porto anatra e burro dalla Francia a Torino, dove compro antichità francesi. Il prossimo sarà il nostro primo Natale insieme a Torino. Il menu sarà una combinazione di piatti francesi e italiani. Non vedo l’ora di immergermi nelle tradizioni natalizie locali. A dire il vero, ho già cominciato a studiare ed esplorare. Avete mai provato la Nuvola di Ghigo? È il pandoro migliore di tutti. E il burro ne è la prova. A mio marito piace moltissimo lo zampone con le lenticchie. Noi, però, non rinunceremo alle quaglie ripiene di foie gras con castagne (queste ultime sono il mio punto debole – insieme alla panna). Inoltre, devo assolutamente avere le ostriche in tavola a Natale: fortunatamente, un ristorante della nostra via ne è sempre fornito, e di ottima qualità, provenienti dalla Francia. Se dovessi riassumere lo spirito natalizio in una ricetta, direi le mince pie. Non so dire perché ma, sin dalla mia infanzia, sono sempre state il mio piatto preferito. Così rassicuranti, vecchia maniera, quasi dickensiane. Sono “il” dolce, la sera di Natale, o almeno uno dei dolci. La colazione, la mattina di Natale, ricoperte di panna liquida. Uno spuntino, in qualunque momento, quando nessuno mi vede.
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