morandin italianissimo

La Valle d’Aosta di Mauro Morandin

Canditi e torte contadine

Testo estratto dal numero speciale Italianissimo: 20 (+1) racconti d’autore per 20 regioni

Uno dei primi ricordi in pasticceria – ero bambino – mi riporta alla canditura dei marroni, che mio padre Rolando trattava con abilità. A distanza di decenni, i canditi della pasticceria Morandin sono diventati la nostra principale fonte di notorietà e volano economico. Il laboratorio di Saint Vincent è nato praticamente con me: dopo avermi messo al mondo, nel ‘65, l’anno successivo i miei genitori aprirono lo spazio che ancora oggi ospita lo stabilimento di produzione. Sono cresciuto guardando mio padre impastare; da mio nonno – che non era pasticcere, ma si occupava di inventare e costruire macchinari e strumenti per produrre biscotti e dolci d’ogni genere – invece, ho ripreso la passione per le attrezzature di antiquariato industriale, come l’impastatrice a bracci tuffanti, che ancora oggi orientano il nostro metodo di lavoro che valorizza l’imperfezione come emblema di artigianalità.

Sono molto legato alla Valle d’Aosta, sono valdostano a tutti gli effetti, nonostante la mia formazione piemontese, e cerco di valorizzare i prodotti locali, le mele, i lamponi, il latte, il burro d’alpeggio… Ma la nostra è una regione particolare: siamo poco più di 100mila abitanti in un territorio che sulla carta nazionale occupa un piccolo spazio, ma ha una densità abitativa molto bassa. Dalla valle di Gressoney a Courmayeur si percorrono 120 chilometri, le distanze sono amplificate, le relazioni tra comunità diverse ne hanno storicamente risentito. Questo ha forgiato la nostra mentalità, e oggi il nostro impegno dev’essere quello di non chiuderci, anzi di aprirci al mondo, prendendo i vantaggi della globalizzazione ma restando sentimentalmente legati alla Valle. Il che significa anche sperimentare per far conoscere il buono della nostra regione nel resto d’Italia e all’estero.

Guardando al mio mestiere, la nostra storia regionale non offre una grande tradizione dolciaria. Le materie prime sono quelle di montagna: latte e panna, castagne e miele, mele Renette e pere Martin Sec, con l’aggiunta di mandorle e spezie, cioccolato e caffè, transitate dal Mar Mediterraneo all’Europa d’Oltralpe. Ecco perché abbiamo ereditato principalmente pani dolci, arricchiti con frutta secca, come il Flantze, a base di farina di segale e frumento, o i biscotti alle castagne tipici di Lillianes e Donnas, all’imbocco della valle del Lys, dove si trova la maggior parte dei castagneti valdostani. Prodotti da credenza, che si conservano a lungo, coerenti con la cultura contadina. Quella delle tegole, specialità che oggi identifica la nostra tradizione dolce più di ogni altra e che anche noi produciamo in pasticceria, invece, è una produzione nata solo nel Novecento, quando negli anni Trenta la famiglia Boch, di ritorno dalla Normandia, la “inventò” prendendo spunto dalle tuiles francesi. Il nome deriva dalla forma che i biscotti assumevano quando venivano messi ad asciugare dopo la cottura, imitando l’ondulazione delle tegole sui tetti. E pure i torcetti di Saint Vincent, ciambelline ricoperte di zucchero semolato, sono una tradizione condivisa col Piemonte: si dice fossero i biscotti preferiti di Margherita e Umberto I di Savoia, sovrani d’Italia dal 1878 al 1900. Allora perché non inventarne una nuova, di tradizione, prendendo spunto dalle nostre radici?

Sono nati così, nel nostro laboratorio, il Panciucco – un panettone aromatizzato al Moscato di Chambave che ricorda la merenda contadina di una volta, col pane bagnato nel vino – e le praline al Genepy o il Pan di Sant’Orso, che richiama il pane nero della festa, quello che si faceva la domenica, con i fichi secchi, le noci e quel che avanzava in casa. Ma anche la torta Veneranda, ideata per dare un’identità dolce alla Valle d’Aosta: farina di frumento, farina di segale, uova, zucchero, mele candite, noci, miele di castagno. Il nome è un gioco che va a ripescare le gesta di personaggi leggendari: storicamente, Veneranda fu la prima moglie di Gontran, re di Borgogna e di Orléans, che, nel 575 d.C, sconfiggendo i Longobardi, portò in valle la lingua dei Franchi.

 

Mauro Morandin è figlio d’arte, oggi tra i maestri della pasticceria nazionale più apprezzati in Italia e nel mondo. Raffinato cioccolatiere per formazione (negli anni dell’alunnato piemontese con Guido Bellissima), ha ripreso e approfondito lo studio dei grandi lievitati, emblema – insieme a frutta candita e confetteria – del suo laboratorio di Saint Vincent.

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