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La “via crucis” in vigna della Vernaccia di San Gimignano 2023

Dopo l'ultima annata resa complessa dal meteo e una vendemmia scarica di uva, in cantina il vino bianco toscano per eccellenza trova la riscossa. E nel calice vincono polpa e sapidità.

Nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, per volontà del granduca Cosimo I de’ Medici il Vasari rappresenta due denominazioni del vino toscano ancora oggi esistenti: il Chianti Classico e la Vernaccia di San Gimignano. E già nel trattato di Jeofrois de Wateford, scritto intorno al 1330, la Vernaccia viene descritta come “il vino di qualità migliore perché moderatamente forte ed il suo profumo è delicato. Quando penetra in bocca, lusinga le narici e conforta il cervello. Si lega bene al palato senza ferirlo, al cuore dà gioia e allegria e, in verità, di tutti i vini è il non plus ultra”.

Sono solo alcune delle testimonianze di valore che (legittimamente) il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano esibisce con orgoglio, a dimostrazione di un prestigio che affonda le radici nei secoli. Eppure, aggirandosi tra le strade lastricanti e i vicoli del centro storico, tra le torri che ogni anno attraggono centinaia di migliaia di turisti da mezzo mondo, si scopre che proprio i visitatori non sono poi così immediatamente attratti dal calice di bianco e si dedicano invece frequentemente a sorseggiare un rosso che fa tanto Toscana. Eppure la Vernaccia è indubitabilmente il vino bianco toscano per eccellenza, anche se oggi sulla costa il Vermentino si pavoneggia nelle vesti di nuovo alfiere della regione, da dare in pasto a bagnanti e ospiti festaioli sulle barche in marina. Sembra però sviluppato ancora parzialmente quel nesso simbiotico che fa del vino una componente essenziale di attrazione per una destinazione – un po’ come avviene, appunto, per il Chiantishire o a Montalcino o nelle Langhe – mentre San Gimignano esercita un magnetismo legato alla storia e all’architettura.

È proprio per solidificare e intensificare la liaison tra la città delle torri patrimonio Unesco e il suo vino prezioso che, dallo scorso anno, il Consorzio della Vernaccia ha voluto trasformare le anteprime d’annata in un’occasione di promozione aperta al pubblico. L’evento “Regina Ribelle” prova dunque a coinvolgere wine lover e operatori, curiosi e semplici turisti con degustazioni itineranti nel centro storico, ma anche tasting approfonditi, laboratori di abbinamento cibo-vino con i prodotti tipici toscani e pure intrattenimento per i più piccoli. Inoltre (dal 2017) nel cuore di San Gimignano il Consorzio gestisce all’antica Rocca di Montestaffoli il museo multimediale della Vernaccia e la vetrina permanente delle etichette delle Denominazioni tutelate. L’obiettivo? Per dirla con le parole della presidentessa Irina Guicciardini Strozzi, fare della Vernaccia di San Gimignano – denominazione «così antica con i suoi ottocento anni di storia, ma proiettata in maniera decisa verso il futuro del vino» – sempre più «il bianco iconico della nostra regione».

Via crucis in vigna

Lungo questo percorso, la Vernaccia si è affacciata sul mercato con l’interessante annata 2023 – anche se forse, per rafforzare lo standing di un vino che diventa intrigante dopo qualche anno di attesa, potrebbe esser strategicamente ritardata l’uscita. La stagione che ha portato a una vendemmia tutto sommato positiva è stata a dir poco difficile. La frequenza e l’intensità delle piogge nella primavera dello scorso anno hanno messo a rischio l’intera produzione per l’impatto della peronospora, ma ad aggravare una situazione parzialmente compromessa si sono aggiunte temperature estive nettamente sopra la media, accompagnate da ondate di calore protratte per giorni, con ulteriori danni ad alcune varietà. La capacità di adattamento del vitigno e il lavoro enorme dei viticoltori hanno però consentito di arrivare ad un buon raccolto, pur se ridimensionata per volumi (meno di 3.250 tonnellate di uva, con una perdita del 37,7% sull’anno precedente). La grande fatica in vigna ha però visto un riscatto in cantina, dato che la denominazione è arrivata a immettere sul mercato quasi 3,6 milioni di litri di Vernaccia di San Gimignano (contro i 3,47 del 2022), con un conseguente incremento superiore al 3% sul 2022 di bottiglie immesse nel mercato.

Nel calice un’annata 2023 di polpa e sale

L’annata 2023 sembra dunque il frutto di una via crucis viticola, che ha però visto emergere l’attrazione dei produttori verso la denominazione – dato che una vendemmia ridotta ha portato a più bottiglie in Docg. Una scelta supportata probabilmente dalla qualità del frutto e dunque del vino. Nel calice emergono infatti polpa e corpo nervoso, acidità e una spinta sapida. Il vino, ça va sans dire, è ancora troppo giovane per poterne apprezzare profondità e complessità, ma il sorso risulta già intrigante in prospettiva. Tra gli assaggi di Vernaccia 2023 più convincenti si segnalano il Selvabianca de Il Colombaio di Santa Chiara, che spicca per il sorso elegante e minerale con sensazioni tattili di compattezza tra agrumi e macchia mediterranea, e il Madama Dorè di poderi Arcangelo, che sprigiona una bella acidità elegante e una mineralità con toni metallici. Ci sono poi il Giadra di Collina dei Venti, il Madre Terra di Collemucioli, Fattoria San Donato e Podere Le Volute, che giocano di eleganza e complessità tra frutti bianchi, albedo e sapidità, ma anche il Titolato Strozzi di Guicciardini Strozzi, Le Postine de La Roccaia e Tenuta La Vigna che portano nel calice profumi floreali e dolcezze erbacee con sfumature iodate. La Lastra, Pietraserena, Tenuta Le Calcinaie e il Lunario di Tollena fanno già emergere sfumature sulfuree che rendono la Vernaccia tanto elegante, mentre Casa Lucii e Signano combinano la spinta citrina con uno slancio elegante e pulito.

La carezza del tempo

Ci sono poi aziende che (giustamente) fanno attendere la 2023 un anno almeno e dunque si presentano sul mercato con la 2022. Tra queste meritano una citazione il sorso setoso e fresco, salato e acido del Viti Sparse di Terre di Sovernaja, l’eleganza erbacea e sapida del Campo della Pieve di Il Colombaio di Santa Chiara e lo slancio flessuoso e composto pur se vibrante delle due Vernaccia di Tenuta Sovestro. Andando indietro con gli anni, ci sono aziende che fanno dell’attesa un’arma elegante: ecco la balsamicità mediterranea del Lyra 2021 de Il Palagione e il miele salato e intenso de La Paglierina di San Quirico.

Infine, guardando alla Vernaccia di San Gimignano Riserva, va detto che la tendenza di molte cantine verso un ammorbidimento del sorso finisce spesso per snaturare la bellezza slanciata della Vernaccia. Si stagliano allora le espressioni eleganti di Riserva spigliata e nitida come Macinatico 1332 (2022), La Ginestra di Signano (2022), la polposa Tenuta La Vigna, l’alcolica La Ginestra di Tenuta le Calcinaie (2022), ma soprattutto l’avvolgente Antalis de Il Colombaio di Santa Chiara (2021), l’erbacea e piccante Assola di Terre di Sovernaja (2021), l’officinale e “vermuttosa” Isabella di Guicciardini Strozzi (2020). Manca all’appello Montenidoli, che di solito è una garanzia, ma tocca visitare la cantina per poterla assaggiare.

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