La via della terracotta

Come utilizzare un antico metodo di cottura nella cucina di tutti i giorni

terracotta protasio

In una fresca serata primaverile dell’anno scorso ho parcheggiato la mia auto a noleggio di fronte a un piccolo edificio bianco di La Madera, in Nuovo Messico. Ero andata in quel paesino di campagna — a quarantacinque minuti dall’ultima tacca del mio telefono — per partecipare a “Shed”, una cena-evento organizzata dallo chef Johnny Ortiz. Ortiz, che si è formato da Alinea a Chicago, da The Willows Inn sull’isola di Lummi e da Saison a San Francisco, era tornato a cucinare a casa sua. Ho aperto la porta e sono entrata in un ambiente caloroso, illuminato dalle candele. Una pentola di terracotta appena modellata stava ad asciugare su un tavolo; un’altra, ricolma di fagioli anasazi, ribolliva su una stufa a legna. Ortiz e i suoi cani mi hanno dato il benvenuto e Afton Love, il suo socio in Shed, mi ha passato un mezcal on the rocks – nel vero senso della parola: non conteneva ghiaccio, bensì cristalli di quarzo estratti da una valle non lontana, dove Ortiz si rifornisce di argilla. Le pietre avevano infuso il cocktail, già affumicato di suo, di una distinta mineralità. Così ho cominciato a toccare con mano i motivi per cui Ortiz preferisce gli ingredienti tradizionali della regione.

Nel suo menù di carne speziata ed essiccata di bisonte, tartare di alce e pinoli, funghi, cactus e asparagi, tutti raccolti in natura, Ortiz è riuscito a mantenere un equilibrio tra gli elementi rustici e quelli più sofisticati. Ma è stata la terracotta a catturare la mia attenzione. Ortiz ha servito tutto in ceramiche non smaltate di sua produzione, e sono convinta che abbiano trasferito a ogni boccone un sapore particolare, interessante. Poi è stato il turno dei fagioli. Verso la fine della cottura, Ortiz vi aveva aggiunto una considerevole dose di pasta di peperoncini fatta a mano. Li aveva cotti in una pentola speciale fatta di argilla ricca di mica, una sostanza alcalina, che ammorbidisce e addolcisce la piccante e acidula pasta di peperoncino. Ortiz ha poi concluso il pasto con una tisana di erbe selvatiche servita in una tazza di terracotta non smaltata, che aveva trasferito la sua mineralità all’infusione, producendo in me una sensazione così marcata da essere paragonabile alla prima volta che avevo degustato una buona bottiglia di Borgogna.

Nel corso della mia carriera, mi è capitato di cucinare in una pentola di terracotta di Paula Wolfert, in una di terracotta cinese e in una pentola di ceramica. Ma i sapori e le consistenze che avevo appena provato mi avevano fatto vedere la terracotta in una prospettiva del tutto nuova. Ho lasciato il Nuovo Messico pervasa da una forte curiosità di saperne di più sull’argomento. Dopo aver assaggiato quei fagioli cotti nella mica, volevo una pentola simile per casa mia, quindi ho contattato la chef Katharine Kagel, dello storico ristorante di Santa Fe, Café Pasqual’s, grande esperta di argilla micacea. Lei mi ha magnificato la versatilità della terracotta in cucina. «Esistono pentole di ogni genere e forma!», mi ha detto, «e, dal momento che non contengono metallo, si possono utilizzare sia in forno, sia sui fornelli, sia nel microonde». Come Ortiz, Kagel predilige recipienti di terracotta micacea prodotti con argilla vulcanica locale. Queste pentole panciute, alle quali la presenza di mica conferisce, in superficie, un aspetto luccicante, sono il lascito del vasaio di origine apache Felipe Ortega, scomparso nel 2018. Ortega aveva imparato i fondamenti di questa arte da una donna apache di 90 anni, non vedente, che rispondeva al nome di Jesusita Martinez — una delle ultime depositarie di questa tecnica — poco prima che lei morisse. Per 40 anni, lui ha continuato a produrre queste pentole e insegnato la sua tecnica a un’intera generazione di ceramisti.

Si tratta di un processo laborioso. Innanzi tutto, all’argilla bagnata viene data la forma di un contenitore, che viene lasciato asciugare fino ad assumere la consistenza della pelle conciata, per poi essere raschiato fino a ottenere una superficie liscia. Dopo un’ulteriore asciugatura, le pentole vengono carteggiate e lucidate con pietre di fiume, fino ad avere una superficie perfettamente liscia. Una volta asciugate, le pentole vengono cotte su un fuoco a legna, ad esempio di cedro rosso; la quantità di ossigeno presente nel fuoco determina il colore finale della pentola, che va da un ramato giallognolo fino a un nero assoluto e luccicante. Alla base della dedizione di Ortega nel produrre questi oggetti c’era l’ossessione per la cottura perfetta dei fagioli. «La prima volta che l’ho visto mi ha messo in mano una pentola e dei fagioli e mi ha detto: “Non aggiungere spezie e chiamami domani mattina”, come se fosse un medico che mi prescriveva un’aspirina e una notte di riposo», mi ha raccontato Kagel. «Non avrei mai immaginato che dei fagioli potessero assorbire così tanto sapore dalla pentola in cui erano stati cotti». Naturalmente, ho dovuto ordinarne una subito.

Negli ultimi 200 anni l’argilla ha rappresentato un materiale fondamentale per l’uomo, che l’ha utilizzata per costruire edifici e strumenti di lavoro. La storia antica delle culture e delle religioni ne dimostra l’importanza per le prime civilizzazioni, le cui divinità la utilizzavano addirittura per dare forma all’uomo (a proposito, nella storia originale, perfino Wonder Woman viene modellata dalla creta). Le teorie scientifiche moderne affermano che lo stesso brodo primordiale da cui sarebbe scaturita la vita sulla terra si sarebbe fondato su elementi propri dell’argilla. Ma forse la cosa più rivoluzionaria che questo elemento ha fatto per l’uomo è stata fornirgli gli strumenti per cucinare. Le prime pentole di terracotta hanno permesso di cuocere i cibi riducendo l’azione dei batteri e rilasciando sostanze nutrienti di facile assimilazione. Ancora oggi, la creta ha un ruolo per gli uomini tanto fondamentale quanto invisibile (voi, che state leggendo questa storia sulla terracotta, ricordate che l’industria della carta utilizza più caolino, un tipo di argilla, di quanta ne utilizzi quella della terracotta, e anche che l’argilla viene estratta per poter avere accesso a minerali rari, fondamentali per il funzionamento del telefono cellulare che sicuramente avete a portata di mano).

Le pentole di terracotta vennero rimpiazzate da quelle di metallo quando questo divenne meno costoso da produrre, ma i due materiali non sono equivalenti. Le pentole di terracotta si scaldano più lentamente e in maniera più uniforme rispetto a quelle di metallo, inoltre mantengono e distribuiscono il calore in maniera più diffusa. Queste sono le caratteristiche che le rendono ideali per la lunga bollitura di zuppe, per gli stufati e i brasati che cuociono nei loro stessi succhi, nonché per cuocere a puntino fagioli o riso. In tutto il mondo la terracotta è utilizzata ancora oggi per ricette che non avrebbero lo stesso esito se realizzate in pentole di metallo: biryani e curry di pesce in India; salsa mole, fagioli e birria in Messico (senza dimenticare il mezcal); cassoulet e daube provenzale in Francia; tajine in Nordafrica; maiale glassato alla salsa di pesce in Vietnam; riso croccante a Hong Kong; riso jollof in Ghana; stufato di pollo piccante (kedjenou) in Costa D’avorio; zuppe coreane; piatti delle feste in Sri Lanka cotti in grandi pentole all’aperto; cazuelas ripiene di gamberi, pesce e verdure, cotte a bassa temperatura in Spagna; fagioli stufati a Boston; barreado in Brasile.

Se le proprietà generali della terracotta sono universali, i singoli siti di estrazione hanno caratteristiche precise che conferiscono proprietà diverse alle pentole realizzate con la loro argilla. Per esempio, l’alta percentuale di mica nell’argilla delle miniere di Tao Pueblo in Nuovo Messico risulta in pentole che sono al contempo sottili e molto resistenti e che trasmettono il calore molto bene: il cibo cucinato in queste pentole si manterrà caldo anche molto tempo dopo essere stato rimosso dalla fiamma. Il letto asciutto dell’antico lago Biwa, nella regione Iga, in Giappone, contiene un tipo di argilla contraddistinto dalla presenza di fossili marini. Quando viene cotta nella fornace, questi fossili bruciano creando piccole bolle nella terracotta, che aumentano la sua capacità di mantenere il calore. L’argilla di Iga è il materiale prediletto per realizzare le donabe, pentole basse provviste di coperchio in cui cucinare riso, tofu fresco e zuppe.

Lo chef Kyle Connaughton utilizza le donabe per cuocere un gran numero di piatti nel suo ristorante con tre stelle Michelin, SingleThread, a Healdsburg, in California.
«La particolarità delle donabe risiede proprio nel tipo di argilla di cui sono composte», dice lui, «l’argilla di Iga è unica; il modo in cui trattiene il calore permette di valorizzare al massimo il sapore degli ingredienti». Proprietà che rende queste pentole perfette anche per servire le pietanze a tavola, cosa che accade regolarmente da SingleThread. Naoko Takei Moore, amica di Connaughton e co-autrice con lui del libro di ricette “Donabe: Classic and Modern Japanese Clay Cooking”, importa donabe di Iga nel suo negozio di Los Angeles, Toiro Kitchen and Supply, dove tiene anche corsi su come utilizzarle correttamente. Uno dei piatti che ama più insegnare è lo yosenabe, una sorta di hot pot molto informale. «Se siete impegnati, magari con figli, la donabe vi renderà la vita più facile, dal momento che potrete radunare la famiglia intorno alla tavola e cucinare tutti insieme», spiega lei. Le foto che pubblica su Instagram, contrassegnate con l’hashtag #happydonabelife, comunicano un entusiasmo e una passione molto diffusi tra gli amanti delle pentole di terracotta.

L’argilla è ottima per cuocere anche allo stato naturale, crudo. Lo scorso autunno, Connie Matisse e lo staff di East Fork, un’innovativa azienda di articoli per la tavola di Asheville, in North Carolina, hanno organizzato una singolare cena cucinata con l’argilla cruda. Prendendo spunto dalle tecniche culinarie della valle dell’Indo e della Cina, in collaborazione con lo chef locale Matt Dawes, hanno chiesto ai loro ospiti di avvolgere delle quaglie imburrate e marinate con foglie di fico e uno strato di argilla, prima di metterle a cuocere nelle braci. L’argilla si è velocemente scaldata e seccata, creando una crosta intorno ai volatili, che si sono cotti al vapore. Una volta aperti gli involucri di argilla, e rimosse le ceneri, le quaglie erano cotte a puntino, leggermente affumicate. «Tutti i sapori risultavano accentuati e perfettamente armonizzati tra loro», racconta Dawes.

Dopo mesi passati a cercare piatti da ristorante cotti nell’argilla — dal biryani della Adda Indian Canteen nel Queens, a New York, al mole di Masala y Maíz a Città del Messico, al tajine di carne di Bavel a Los Angeles — mi sono sempre più convinta che la mia cucina avesse assoluta necessità di alcune pentole in terracotta. Ma, benché io sia una cuoca professionista, continuavo a provare un certo timore all’idea di utilizzarle a casa. Mi sono gettata a capofitto nella ricerca di informazioni sull’argomento, consultando libri di scienza, di storia e di religione, parlando con chef e altri esperti della materia per cercare di comprendere a fondo la natura stessa della cottura in terracotta. È stato certamente utile, ma non mi ha comunque trasmesso la sicurezza che cercavo. Non avevo ancora trovato la chiave che mi permettesse di mettere in pratica tutto quel sapere nella cucina di casa mia.

Può sorprendere, quindi, che tra tutti, sia stata la modella e cuoca Chrissy Teigen a indurmi ad abbandonare ogni esitazione nel cucinare con la terracotta: è bastata una singola foto, pubblicata sul suo profilo Instagram, di un chili preparato in una tajine di terracotta per suo marito, John Legend. «Mi sono innamorata di questo recipiente durante un viaggio in Marocco, uno dei posti che preferisco al mondo», mi ha confessato Teigen in seguito. La sua passione è autentica, e lei la condivide con entusiasmo: potete ammirarla mentre prova a preparare un tajine nello show di David Chang “Breakfast, Lunch & Dinner”, su Netflix; ha anche inserito una tajine nella sua linea di articoli per la casa, Cravings, che ha sviluppato per la catena Target. «Cucinare in questo materiale ha qualcosa di ancestrale, e il modo in cui la tajine ritiene il calore dà molta soddisfazione», ha aggiunto. Da mamma di due bambini, lo trova anche un metodo di cottura molto comodo. «Mi piace servire pietanze, come gli stufati, che devono cuocere a lungo e che possono essere preparate in anticipo o che comunque non necessitano di molta attenzione». Le parole di Teigen mi hanno fatto capire che, sì, effettivamente abbiamo tutti cucinato nella terracotta per anni: basti pensare agli inserti in ceramica delle Slow Cooker, che in America hanno venduto 12,7 milioni di pezzi nel solo 2018. Ma le pentole tradizionali — soprattutto quelle pensate per cuocere a diretto contatto con la fiamma — producono piatti dal sapore più profondo e particolare, rispettando la natura dell’ingrediente molto meglio di quanto anche la migliore Slow Cooker possa fare.

La cucina laboratorio di F&W ha acquisito più di 50 pentole di terracotta. Per prima cosa, abbiamo cucinato i fagioli, sperimentando con una dozzina di pentole provenienti da ogni angolo d’America, e confrontando i risultati con quelli delle pentole di ghisa e d’acciaio inossidabile. In una degustazione alla cieca, i fagioli cotti in una pentola di argilla micacea di alta fascia fatta a mano sono risultati di gran lunga i migliori di tutti. Quelli cotti nella pentola d’acciaio inossidabile erano piuttosto scialbi, coriacei e dal gusto pungente. Abbiamo ripetuto l’esperimento più volte, ma il risultato è stato sempre lo stesso: la pentola micacea ha vinto a mani basse. Poi ci siamo dedicati alla Römertopf, molto diffusa negli anni 70. Si tratta di una pentola (di solito di forma rettangolare) bassa, provvista di coperchio e ottenuta da argilla di Ransbach-Baumbach, Germania. Grazie al fondo smaltato non richiede grassi aggiunti mentre il coperchio poroso, non smaltato (e che va immerso nell’acqua prima dell’utilizzo), trattiene l’umidità mantenendo morbido e idratato il cibo al suo interno. Durante le prove, un pollo è stato cotto troppo a lungo per errore, fino a raggiungere una temperatura interna di 90°C. Eravamo certi che sarebbe stato secco e stopposo ma, una volta aperto con il coltello, l’interno si è rivelato ancora perfettamente morbido e succoso. Morale della favola: dimenticate la marinatura, la Römertopf è la soluzione ideale per il miglior pollo arrosto che abbiate mai preparato.

Dopo numerosi test, abbiamo stabilito che tutto ciò che viene cotto nella terracotta aveva un sapore migliore rispetto a ciò che era stato cotto nelle pentole di metallo. Il riso aveva un profumo più floreale e più tostato, ogni chicco era cotto alla perfezione pur conservando la sua consistenza, i fagioli restavano più cremosi e più teneri senza disfarsi. I brasati avevano una consistenza fresca e vivace, non pesante e stopposa. Se da un lato non è consigliabile rosolare o friggere nella terracotta — lo shock termico degli ingredienti freddi sulle superfici calde può incrinarle — dall’altro si può star certi che i metodi di cottura più delicati e uniformi diano risultati eccellenti. L’unico problema delle pentole di terracotta è, appunto, che si possono rompere. Pulirle, trattarle e riporle con cura sono precauzioni semplici e necessarie per mantenerle in buone condizioni. E anche cucinarvi richiede un minimo di esperienza — una sorta di periodo di apprendistato per conoscere bene ogni modello. «In fin dei conti, stai cucinando in un pezzo di terra: è una cosa piuttosto emozionante», mi ha detto Ortiz quando ci siamo risentiti l’ultima volta. «Quando scegli di cucinare in queste pentole, il solo fatto di sapere che potrebbero rompersi, che non hai il controllo su tutto, cambia il tuo modo di vedere il cibo che stai preparando».

foto di Victor Protasio