Testo estratto dal numero speciale Italianissimo: 20 (+1) racconti d’autore per 20 regioni
Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia aperta alle novità, senza timore di guardare oltre l’orizzonte. Questo è stato l’insegnamento più importante. Mio padre è venuto a mancare che ero giovanissimo, mia madre è stata un punto di riferimento, mi ha insegnato a riconoscere la bellezza della natura, e a rispettarla. Ne sono stato impressionato sin da bambino: l’uomo, in origine, viveva il suo rapporto con la natura per istinto e intuizione; per millenni ha rispettato le sue leggi, poi, circa tre secoli fa, ha cercato di razionalizzare questo legame, e si è consumato un distacco frutto di un grande errore. Il progresso è un motore imprescindibile ma la natura va rispettata per trarne beneficio, non sovrastata, perché è biodiversità e molteplicità.
E quando nel ’74 ho preso in mano la nostra azienda vinicola ho subito capito che la “normalità” non faceva per me. Avevo idee diverse, e sono stato fortunato a incontrare persone importanti per la mia crescita al momento giusto. La capacità di reagire agli stimoli esterni è una dote essenziale: ho conosciuto persone che mi hanno cambiato la vita, invitandomi a riflettere sull’importanza di evolversi sempre. Così ho cercato di orientare il mio operato a vantaggio del territorio e della comunità altoatesina.
Un imprenditore dev’essere guidato da responsabilità sociale e ambientale, deve creare i presupposti per favorire la crescita e il benessere di chi lo circonda. Io ho trovato nell’arte una valida alleata: a Magrè (sulla Strada del Vino a sud di Bolzano, dov’è la tenuta di famiglia Löwengang, acquistata nel 1934, che oggi ospita anche la Vineria Paradeis, summa della visione olistica di Alois Lageder, ndr) ci siamo sempre circondati di artisti, abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere le arti visive e la musica, per il nostro piacere e per creare opportunità per il territorio. La bellezza è un valore sottovalutato, non si tratta di una parola vuota come vorrebbero farci credere: non posso immaginare di circondarmi di cose che non mi piacciono, e tutti dovremmo agire con l’intento di procurare bellezza, che è un balsamo per l’anima e per lo spirito, e si traduce in benessere collettivo.
A questo obiettivo afferiscono le operazioni più disparate condotte in questi anni, dal sostegno alla banda musicale di Magrè al periodo travagliato di presidenza del Museion di Bolzano (il Museo d’arte moderna e contemporanea della città: Lageder ha ricoperto la carica dal 2000 al 2009, ndr), all’impegno per riunire i produttori di vino altoatesini, al mecenatismo verso giovani artisti e compositori (con manifestazioni come Vin-O-Ton e residenze artistiche che hanno lasciato traccia nella installazioni d’arte contemporanea che allietano la visita alla Tenuta, ndr).
Ogni azione è stata importante per crescere come persona e infondere un desiderio di cambiamento: negli ultimi quindici anni, l’Alto Adige ha finalmente iniziato a esprimere il suo grande potenziale. Ricordo i miei inizi al Museion, la diffidenza della stampa tedesca locale, i contrasti. All’epoca incentivavo la nostra regione ad aprirsi al mondo: siamo gente di montagna, attaccati alla tradizione, in un contesto particolare in cui convivono più culture linguistiche.
Non è stato semplice metterci in discussione per avviare un processo di rinnovamento. Eppure, anche se con ritardo, oggi raccogliamo i frutti di un ribaltamento di fronte: si moltiplicano le aziende all’avanguardia, siamo diventati modello da seguire nel wellness, nell’innovazione tecnologica, nell’edilizia a basso impatto ambientale. Ho vissuto questo passaggio da presidente dell’Istituto Ecologico dell’Alto Adige, ereditando la carica da chi, all’inizio degli anni Novanta, mi invitò a riflettere sulla necessità di progettare un’architettura intelligente per la nuova cantina che allora ci apprestavamo a costruire.
Gli interventi che operiamo sul territorio sono destinati a generare conseguenze a lungo, è importante fare in modo che abbiano un impatto positivo. Da queste premesse, nel ’95, è nata una cantina che avrebbe fatto scuola (con torre di vinificazione profonda 17 metri, che funziona in base a due principi fondamentali della natura: la forza di gravità e il cerchio, ndr), alimentata dal più grande impianto fotovoltaico finanziato da un privato nell’Italia di allora. Ma devo essere grato ad altri per avermi condotto sulla strada giusta. È giusto credere nel valore dell’insegnamento, cercare il pungolo di chi la pensa diversamente da noi. E gli artisti in questo processo sono preziosi: osservano il mondo da una prospettiva che sfugge alle regole, e smontano il nostro approccio pragmatico. Ammetto di aver imparato tanto da loro, a partire dall’importanza di curare i dettagli: la qualità è la somma di tantissimi dettagli, su cui spesso sorvoliamo. Invece più prendiamo atto che è proprio l’insieme di tante piccole cose a fare la differenza, più riusciremo a perseguire la nostra idea di perfezione.
E questo è vero nella gestione di una vigna, come nella direzione di un’impresa e nell’amministrazione di un territorio. Che vive delle sue tradizioni ma deve sapersi proiettare oltre, accordando fiducia al talento dei singoli, alle loro intuizioni: ci sono infinite strade per raggiungere un obiettivo, tutte meritano rispetto e considerazione, purché non venga mai a mancare la visione d’insieme.
Alois Lageder è patron della tenuta vinicola altoatesina che più ha segnato, negli ultimi decenni, la strada della viticoltura biodinamica nella regione, espressa in vigna – 50 ettari di terreni amministrati come un microcosmo organico – e in cantina. La produzione si articola tra Vitigni Classici, Capolavori, Composizioni e Comete (in edizione limitata). Tutti esprimono il terroir da cui provengono.