In questi ultimi anni ci siamo talmente abituati a conoscere le aziende dai loro social o dall’unboxing di una spedizione, quanto a scoprire un nuovo prodotto virtualmente, che tornare a toccare, odorare e assaggiare dal vivo ha reso una delle fiere enogastronomiche più amate un’esperienza da “prima volta”. È stato così per Pitti Taste, il salone delle eccellenze del gusto italiane che ha da poco presentato la sua quindicesima edizione con risultanti che fanno ben sperare nella ripartenza di uno dei settori più colpiti dalla pandemia.
Il concetto di novità è stato il fil rouge della tre giorni fiorentina che ha accolto quasi 7mila visitatori per la prima volta a Fortezza da Basso, nuova location strategica per ospitare i 470 espositori protagonisti (+130 rispetto al 2019) e accogliere gli affezionati e numerosi buyer – soprattutto sul fronte estero – di cui la nostra testata aveva raccolto alcune testimonianze. Taste Firenze è sempre un’ottima occasione per focalizzare l’attenzione su singoli territori gastronomici, su realtà un po’ meno visibili eppure spesso interessantissime, ma anche per introdurre le new entry “figlie della pandemia”, al primo palcoscenico o quasi.
Una formula intelligente, insomma, che ad esempio ha saputo cogliere lo spirito del momento, ovvero il gin, al quale è stata dedicata un’area ad hoc al piano terra del padiglione centrale. Così, il Chianti oggi non è più solo il terroir perfetto per vini rossi eleganti e profumati, ma diventa la culla per l’unica distilleria artigianale indipendente. Peter in Florence è infatti il primo London Dry Gin tutto fiorentino prodotto con l’infusione di 14 botaniche made in Tuscany, tra cui petali di giaggiolo e ginepro, of course. Se in questo sorso non è difficile isolare il profumo romantico e cipriato dell’iris, nel Floressence si parla non a caso di piramide olfattiva che al naso si apre con note di bergamotto, gelsomino, lavanda, violetta, salvia, cardamomo e neroli. Presentato in anteprima alla kermesse e in distribuzione da giugno, a ispirare la formulazione di questo gin, messo a punto dal bartender Oscar Quagliarini, è stato il profumo di Caterina de’ Medici, regina consorte di Francia che nella terra del duca di Orléans non ha portato solo la cucina, il galateo, la forchetta, bensì anche il buon gusto per le fragranze.
Tornando ai nostri giorni, ai cugini d’oltralpe lo chef Fabio Barbaglini ha riconosciuto invece la qualità delle anatre della Guascona dalle quali attinge per produrre il suo foie gras, Fuà, lavorato e confezionato nella macelleria agricola Savigni. Oltre al torchon di fegato al naturale, in Fortezza sono state presentate la versione con cedri canditi e pepe di Sarawak e l’altra con nespole candite e zenzero, disponibili nei formati da 150 e 300 grammi. Altra joint-venture ormai consolidata è quella tra Savini Tartufi e Trattoria da Burde dalla cui partnership è nata una linea di salse, sughi e ragù tipici della regione, da ultimi il peposo, uno spezzatino cotto al forno con tanto pepe, appunto, e salsa all’aglione della Val di Chiana al tartufo, sempre una buona idea per condire i pici. Contestualizzato in un lusso domestico e per collezionisti di prodotti rari, ‘Veteris’ è la limited edition di Malandrone 1477, caseificio modenese del Consorzio Parmigiano Reggiano, pioniere delle lunghe stagionature e tra i primissimi a credere nel progetto Premium 40 mesi. All’interno dei 29 esemplari di queste box dal nome di latina memoria è racchiusa la collezione Agosto 2004: 1 kg di Parmigiano invecchiato 15 anni, il coltellino artigianale personalizzato dalla coltelleria mugellana Berti e il coperchio della scatola che all’occorrenza diventa tagliere.
Se la pasta poteva rischiare di venire penalizzata dall’assenza di assaggi sul momento, i famelici racconti (trafilati in oro e in bronzo) del pastificio abruzzese Verrigni hanno restituito autenticità, amore e nuove idee. Come la suggestione data da Massimiliano Alajmo nel mettere a punto un formato di pasta secca affumicata che nel lockdown ha trovato la quadra con il loro spaghettoro affumicato: un formato lungo di solo aromi naturali e affumicatura in essiccazione, ideale per avvolgere condimenti di pesce o primi della tradizione romana, che a breve farà spazio anche al rigatoro affumicato. Mentre arriva dalle Marche – a Monte San Giusto, dove ha sede La Pasta di Aldo – l’ultima novità di Luigi Donnari, che rivede la tradizione della sfoglia all’uovo marchigiana con Semola&Chiara, spaghetti alla chitarra a base di semola di grano duro e albume d’uovo, che rinuncia ai grassi (e al colore) del tuorlo senza perdere texture. Restando in tema carboidrati, dalla Sardegna arriva un’altra “digressione cromatica” dalla tradizione: quella del pane carasau (anche) nero, con aggiunta di carbone vegetale di Sunalle: ma ci sono anche il pane guttiau (condito con olio e sale, o anche con aggiunta di erbe o spezie), le versioni gluten free e quelle ad alto contenuto di iodio e i divertenti snack, tutti preparati con la lunga lavorazione in quattro fasi – sa cotta – a Fonni, nel cuore della Barbagia.
Sul fronte dei salumi, era al suo debutto assoluto l’azienda campana Nero del Fortore che – grazie alla joint venture tra l’allevatore e norcino Castrese Galluccio e l’imprenditore napoletano Gian Maria Morra – ha trovato una bella veste grafica e nuovo sprint per prodotti straordinari realizzati dai maiali di Nero Casertano allevati allo stato semibrado nel Sannio Beneventano: dal prosciutto al lonzardo, dalla pancetta arrotolata alla preziosa sugna in barattolo. Mentre non si ferma l’inventiva dell'”allevatore-sognatore” toscano Carlo Giusti che, dopo essersi concentrato sull’allevamento biologico e grass fed del Black Angus e aver stupito tutti con il suo prosciutto di piccione (marinato a secco all’interno di vasche di marmo, col suo gusto intenso è ideale per completare gustose ricette, a fette o anche grattugiato!) sta portando ora avanti anche il recupero e la valorizzazione di un’antica razza di Gallo del Chianti – la Valdarno Nera, quella della famosa disfida tra Siena e Firenze – da cui ottiene prodotti come l’ottima “mortadella” e il Sugaccio in bianco di gallina, ginepro e arancia.
Tra i tanti stand ci hanno incuriosito anche prodotti che (totali) novità non sono, dalle verdure colte, pulite, cotte a bassa temperatura e confezionate sottovuoto senza conservanti da Cappellini Laboratorio Vegetale – comodissime e buone, in versione “basic” e nelle ricette da assemblare, perfette per la primavera/estate, come la dadolata di melanzane, zucchine, peperoni e carote l’insalata Mediterranea (con una base di farro perlato arricchita da fagioli cannellini e datterini e un condimento profumato da un tocco di basilico) – alle uova pugliesi di Tuorlo Biancofiore: uova “nobili”, sane e buonissime, covate da galline libere di razzolare all’aperto nei campi del parco del Gargano, e confezionate negli originali astucci.
Infine, una menzione a parte per le proposte dolci, raggruppate nel padiglione Cavaniglia – che segnava anche l’uscita dalla manifestazione – in una sorta di “girone dei golosi”. Impossibile resistere ai colorati vasetti di Zabà, l’ultima invenzione del gelatiere piemontese Alberto Marchetti: zabaione prêt-à-porter (ma anche in vasi più grandi, magari per affogarci del gelato o da spalmare su biscotti e lievitati) preparato a Pecetto con la collaborazione di un gruppo di ragazzi diversamente abili secondo ricetta langarola a base di uova fresche, zucchero italiano e Marsala; ma ci sono anche le varianti, dal Marsala Ambra 2004 al Moscato, e lo Zabaudo che mette insieme pandoro, giandujotto e Zabà. Mentre, anche in omaggio al tema dell’edizione 2022 – Zero Spreco: non sprechiamo il cibo, non sprechiamo l’ambiente – il biscottificio versiliese Fortini, oggi guidato da Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner, ha presentato in anteprima le nuove confezioni sostenibili dei deliziosi e burrosissimi biscotti shortbread ancora arrotolati a mano, realizzati in 13 gusti diversi – da Cacao e pinoli a Castagne e granturco – e impacchettati singolarmente, per garantire fragranza e consistenza senza aggiungere conservanti.
Senza dimenticare l’area Taste Arena, dove nei tre giorni si sono succeduti incontri su foraging e filiera, presentazioni di libri (come l’interessante Il passato è servito, scritto da Lydia Capasso per Guido Tomasi Editore) e progetti, come le prossime tappe di Provviste, l’iniziativa ideata da Martina Liverani e Valeria Carbone che unisce trekking, territorio, cibo. E, a tappezzare la parete d’ingresso, la poetica raccolta di liste della spesa – che spesso raccolgono messaggi o indizi sulla personalità di chi le scrive – raccolte negli ultimi anni da Giulio Castoro sul profilo Instagram @insta_della_spesa.