Consorzio Vino Chianti Classico

Le nuove annate del Gallo Nero

La trentaduesima edizione Chianti Classico Collection si concentra sulla sostenibilità con dati incoraggianti per una denominazione in salute, sia come sistema imprenditoriale che come mezzo di salvaguardia del territorio.

Sono tre le declinazioni di sostenibilità scelte dal Consorzio Vino Chianti Classico che offrono una fotografia attuale della denominazione e che soprattutto rispecchiano i tre capisaldi del nuovo protocollo (ne parliamo qui) presentato lo scorso maggio in occasione delle celebrazioni del suo centenario: ambiente, socialità e cultura. Si tratta naturalmente di vocaboli piuttosto sonori e identitari, che sono sintesi però di un ampio spettro di impressioni ricavato dall’assaggio in anteprima di una miriade di campioni.

Al di là degli spunti di degustazione, risultano stimolanti i dati che emergono dalla 32esima edizione della Chianti Classico Collection che, tra l’altro, quest’anno segna un nuovo primato nel numero di produttori partecipanti: ben 218 sono le aziende dello storico marchio Gallo Nero che presentano le loro ultime annate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione. 

“Sostenibili sì, ma con criterio”, mette infatti in evidenza il direttore Carlotta Gori. L’impegno quindi di uno dei consorzi più rappresentativi d’Italia per il rispetto del territorio costituisce un vero e proprio habitus ben collaudato negli anni, per ritrovare i princìpi di un’agricoltura cosciente, sana e informata, che vuole riconoscere fortemente il ruolo imprescindibile della terra. Già oggi, due terzi dell’aziende praticano l’inerbimento tra i filari, azione fondamentale per combattere l’erosione del suolo e l’impoverimento dello stesso, mentre tre cantine su quattro preservano l’ecosistema in vigna favorendo compost naturali o i sottoprodotti del processo di vinificazione. In più, quasi la metà delle imprese utilizza fonti energetiche alternative e ha ridotto il peso delle bottiglie, oltre al riuso di materiali quali vetro e carta.  Per quanto riguarda poi la “fase paesaggistica”, il recupero e il mantenimento dei muretti a secco, dei terrazzamenti e delle strade bianche giocano un ruolo essenziale nella cultura locale. L’attenzione, infine, verso i lavoratori rimane uno dei capisaldi dell’evento: dalla garanzia per la parità dei generi (39% degli impiegati sono donne), alla composizione dell’organico (con il 92% dei dipendenti diretti, per la maggior parte residenti nel territorio o nei comuni limitrofi), fino all’attivazione di percorsi di inclusione sociale.

“Una denominazione in salute”, prosegue il presidente Giovanni Manetti, non soltanto perché aumenta il valore globale, ma soprattutto perché conferma la presenza sui mercati principali (nonostante la complessa congiuntura internazionale) e registra “ottime performance anche in mercati minori come Thailandia, Croazia ed Emirati Arabi Uniti”.

Venendo allora agli assaggi, gli esiti sono quanto mai molteplici, sia per le differenti annate proposte, sia per interpretazioni e territori che, in quest’area, davvero presentano una polifonia straordinaria, oltre che per le diverse ambizioni e mire dei produttori stessi. Certamente, non senza compiacimento, si registra la conferma di una cifra stilistica sempre più improntata alla finezza e alla tensione, tanto aromatica quanto gustativa, in barba alle tendenze assai più pompose di un passato non poi così lontano legato anche ai vitigni internazionali, e che adesso pare effettivamente aver trovato rifugio, in massima parte, nella menzione Gran Selezione. 

A voler tentare una tripla sintesi, l’annata del 2023, difficilissimo per via degli attacchi della peronospora a seguito delle copiose piogge di fine primavera, sembra aver acuito i tratti più ossuti del Chianti Classico di altitudine (quello per intenderci di Lamole e Radda). L’andamento stagionale della 2022, sicuramente molto caldo ma in fin dei conti equilibrato, dà l’impressione di aver ispessito la mediterraneità delle zone dalla trama più corposa (quelli per esempio di Greve, Panzano, Castelnuovo Berardenga, Vagliagli e San Casciano Val di Pesa). La 2021 mette invece tutto e tutti d’accordo, sia nelle tipologie che nelle menzioni geografiche, offrendo vini di ottima struttura e conquistando i palati per raffinatezza, slancio e profondità, senza coprire in tal modo il vitigno Sangiovese con il suo areale d’elezione.

Ricambio generazionale, ritorno ad una vinificazione più classica, una netta e maggiore libertà espressiva e finalmente una zonazione sempre più rivolta ai dettagli sono, in conclusione, alcuni aspetti che stanno portando una certa e positiva rivoluzione ad una delle più belle realtà, senza dubbio, del panorama nazionale. 

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