Se c’è un consiglio spassionato che mi sento di dare a chi si reca in Giappone, è che il primo pasto lì non dovrebbe essere in un famoso ristorante di sushi o in uno di quei localini segreti di yakitori che solo gli chef sembrano conoscere: fermatevi piuttosto in un 7-Eleven. Con il jet lag da volo intercontinentale che scombussola il senso della realtà, i neon intermittenti e i fiumi di folla, le prime 24 ore in una città come Tokyo rischiano di farvi sentire dentro una casa degli specchi metropolitana. La versione giapponese del famoso minimarket — dove si possono comprare un caffè freddo in lattina da far invidia a qualsiasi costosissimo cold brew degli Stati Uniti, croccanti fritture karaage e bento box — rende l’impatto con il paese un po’ più facile. E poi c’è l’egg salad sandwich. Dopo una vita passata a ritrovarmelo nelle mense scolastiche, non avrei mai pensato che una cosa semplice come un panino con le uova potesse rivelarsi tanto perfetta. Ma nell’esatto momento in cui ho assaggiato la versione del 7-Eleven giapponese, seduto nella mia stanza d’albergo alle dieci di sera, mezzo addormentato dopo un turbolento volo sul Pacifico, ho capito che mi sarei innamorato del Giappone. Questo sandwich, farcito con insalata di uova cremosa e piena di tuorlo ben strapazzato, servita con qualche pezzetto di albume su soffice pane bianco al latte, diventa speciale grazie a un particolare ingrediente: la maionese Kewpie. Non capirò mai perché ci accontentiamo di altri tipi; quella fatta solo con tuorlo e aceto “spacca”, come si suol dire. E spacca talmente tanto che quando sono tornato a casa, più che il pesce essiccato che avevo assaggiato in un mercato di Kyoto, o uno dei Negroni più perfetti che avessi mai bevuto, non riuscivo a smettere di sognare quel panino. Preparo spesso l’insalata di uova. Quindi ho pensato: perché non provare a ricreare il sapore di quella mia prima serata a Tokyo? Per fortuna ero iscritto a una cooperativa agricola che mi consegnava fin troppe uova ogni settimana, e ho svuotato gli scaffali del supermercato accanto a casa comprando quanta più maionese Kewpie potessi. Il mio problema però era il pane. Avevo provato diversi panifici e stavo quasi per gettare la spugna, quando, un giorno, mentre facevo un giro al mercatino rionale, l’ho trovato: perfetto pane al latte giapponese dalla Lost Bread Co. di Philadelphia. Mi sono messo in azione, ma la prima prova è riuscita di un colore giallo spento, il che significava che dovevo limitare la quantità di albume. Dopo almeno altri quattro tentativi, ho cominciato a preoccuparmi. L’insalata del 7-Eleven aveva una consistenza cremosa che non riuscivo proprio a ottenere. Stavo sbattendo con troppa forza? Non usavo abbastanza maionese? È stato allora che ho addirittura cercato di rintracciare qualcuno — chiunque — che avesse in qualche modo a che fare con la catena, ma senza fortuna. Le poche risposte che ricevevo dal Giappone erano di persone gentili che però non sapevano proprio come aiutarmi. Ho anche pensato di chiedere a un amico che abita a Tokyo di andare a comprarne uno e farmi avere la lista degli ingredienti, ma mi sono reso conto che in quel modo avrei tradito in pieno lo spirito dell’impresa. Il mio lavoro aveva a che vedere con il ricordo e la memoria, quindi ho continuato a provarci, preparando una bella mole di insalata di uova e invitando gente a casa per assaggiarla. Alla fine sono arrivato a una versione che si avvicinava molto all’originale, anche se mancava sempre quel qualcosa che non riuscivo a identificare. A spiccare più di tutto era la maionese Kewpie, con il suo gusto pungente. Dovevo trovare il modo di smorzarlo, e mi è venuto in mente un amico che mi raccontava di come sua nonna italiana aggiungeva un po’ di zucchero alle salse, perché i pomodori in scatola che comprava negli USA erano troppo acidi rispetto a quelli che usava in Italia. Così, copiando la sua strategia, ho aggiunto un pizzico di zucchero, mescolato bene e ho finalmente risolto il problema. Non si può battere l’originale, naturalmente. Finché però non tornerò in Giappone a fare un giro in un minimarket dopo un lungo volo, per comprare il sandwich che sarà il mio primo pasto, la versione homemade che ho impiegato un’estate a perfezionare andrà benissimo.