Conosciuta come una delle cinque “Blue Zone” del mondo – le regioni dove i propri abitanti hanno un’aspettativa di vita più lunga della media –, l’area compresa tra la Barbagia e l’Ogliastra, nell’entroterra sardo, è un territorio che custodisce borghi medievali, natura incontaminata e tradizioni culturali centenarie. Ed è proprio in questa zona, nella piccola frazione di Lollove in provincia di Nuoro, che Simone Ciferni ha trasformato un paesino di appena 12 abitanti in una destinazione “digital detox”, riuscendo a far rivivere una città considerata fantasma.
«Io e la mia famiglia siamo di Nuoro, ma è qui che i miei nonni avevano un’azienda agricola ormai in stato di semi abbandono – racconta Simone –. Così, quattro anni fa, poco prima della pandemia, ho deciso di creare il progetto Lollovers, con l’obiettivo di riprendere quelle attività che facevo da bambino nell’azienda a conduzione familiare, per dare un’alternativa al turismo locale».
L’ispirazione l’ha avuta da una esperienza in Sudafrica quando ancora lavorava nel mondo della ristorazione, sua passione da sempre che gli è stata trasmessa dai genitori, proprietari di una pasticceria a Nuoro da 45 anni. «Dopo aver studiato economia a Cagliari sono stato sia a Londra sia in Sudafrica, dove ero in una località fortemente sviluppata dal punto di vista vinicolo: 340 cantine in un’area geografica popolata da mille persone». Simone ha poi conseguito un master negli Stati Uniti a tema turismo enogastronomico, finanziato dalla Regione Sardegna che ha creduto fin da subito nel progetto di Lollove. «La mia idea era quella di far diventare Lollove una meta per un target specifico di turisti, specialmente stranieri, che amano avventurarsi in borghi rurali e scoprire le tradizioni culturali e gastronomiche italiane».
L’azienda di famiglia con i suoi 60 ettari di terreno è diventata il fulcro di tutto e dal 2021 è anche un agriturismo, completamente ristrutturato, che comprende diverse attività. Dai laboratori didattici con focus su pasta, pane e formaggio, ai tour immersivi alla scoperta del borgo medievale, senza dimenticare l’esperienza in e-bike nella vallata di Lollove, con il contributo prezioso dei residenti. «Mia madre insieme alla signora Elvira si occupa dei corsi su pasta e pane, in cui chi ci sceglie può imparare a fare culurgiones, maccarones o il pane carasau, mentre io e mio cugino ci occupiamo di far conoscere tutti i segreti del formaggi tra cui il pecorino e il dolce sardo, dalla fase di mungitura fino alla realizzazione del prodotto caseario». Non mancano l’orto e gli allevamenti di pecore, capre e maiali. L’ultima novità riguarda l’impianto di un piccolo vigneto di Cannonau, vitigno simbolo (insieme al Vermentino) dell’isola. «È una vigna giovane che ci permette di fare vino solamente per nostro consumo; in futuro pianteremo anche altre uve e puntiamo a estendere la produzione, così da far conoscere le referenze in tutta Italia».
L’ospitalità si sviluppa tra le stradine del paesino, all’interno di casette ristrutturate per un totale di 15 posti durante l’inverno e 22 in estate. «L’agriturismo lavora tutto l’anno a pranzo sei giorni su sette, con la possibilità di mangiare a cena solo su prenotazione e per un certo numero di persone». Con i suoi 95 coperti, il ristorante è gestito interamente dalla famiglia: in cucina, a occuparsi dei dolci sono la madre e il padre di Simone, gli zii invece sono specializzati negli arrosti, mentre Simone e la sorella stanno in sala. Il menu – così come l’intero progetto – connette gli ospiti al territorio, attraverso ricette che hanno scritto la tradizione gastronomica di Nuoro e dintorni, con la possibilità di piatti vegani e vegetariani, come la selezione di verdure da fare in pastella o al forno, o la frittata alle erbe. Tra i primi, ci sono i culurgiones fatti in casa che possono essere conditi sia con pomodoro e basilico, sia nella forma più canonica con burro e salvia, ma d’inverno vengono declinati anche con funghi e panna. A proposito di arrosti: la specialità della casa è il maialino arrosto, “lu porcheddu” come viene chiamato da queste parti, e data la sua bontà, forse è uno dei segreti della longevità degli abitanti della Barbagia.