Gigliola

Lucca

Eccentrica regina della Toscana nord-occidentale, la città si è dimostrata capace di imprese sconosciute agli altri capoluoghi regionali: innovative, vibranti e di tendenza, spesso giovani. E se questo vale anche per la musica e la cultura è nella gastronomia che sta diventando una meta da non perdere.

Sontuosa ma tutto sommato anche austera, defilata ma al centro di tutto, tranquilla e cosmopolita al tempo stesso, Lucca non è mai stata una città toscana come tutte le altre. Provinciale, sì, ma negli ultimi anni al centro di investimenti, progetti ed eventi che ne hanno cambiato il volto (basti pensare a Lucca Comics o al Lucca Summer Festival), Lucca è stata protagonista di un cambiamento sostanziale e profondo, fatto di nuovi paradigmi culturali, che ha coinciso anche con la nascita di interessantissime storie gastronomiche e di gusto. Storie giovani ed emblematiche in una regione, la Toscana, notoriamente tradizionalista e fortemente ancorata ai propri valori. Ma a Lucca “si può fare” e, in effetti, tanto si è fatto. Cominciamo dalla storia di tre giovani (Benedetto Rullo, Stefano Terigi e Lorenzo Stefanini) che hanno dato vita a una delle tavole attualmente più interessanti d’Italia: il Giglio. Lo hanno fatto rilevando un locale storico in una piazza storica, piazza del Giglio appunto, e non stravolgendolo nella forma. Niente luci basse e arredi di design, piuttosto una sala classica rimbellettata ma fondamentalmente immutata, in cui le novità vengono direttamente dalla cucina e dalle sue tante e inaspettate idee. I piatti si muovono dunque dai classici come lo Spaghetto al vin jaune e Comté all’Animella rucola datterini e parmigiano, che riprende il condimento alla base della moda della tagliata di carne anni 90 per dare forma a un insieme molto più gustoso, dove il sapore nuovo si destreggia abilmente in un contesto dèjà-vu. Dai ragazzi del Giglio anche due altre proposte, più easy, una più intrigante dell’altra.

La prima è Gigliola, un’osteria contemporanea che forse è più un bistrot ma che seduce facilmente, a partire dal suo pane. Dal forno (come la focaccia o l’hummus), alla cucina (dai ravioli cinesi alla tartare e ai testaroli) e fino alla dispensa (o gastronomia) di salumi e formaggi, non ci sono regole, non ci sono portate: ognuno pesca ciò che vuole in base alla fame e ai desideri, tradizionali o fusion che siano. Si beve anche parecchio bene, naturale, ça va sans dire. L’altra soluzione proposta dall’infallibile trio lucchese, con l’aggiunta di Filippo Buonamici, è quella di Bonny Pizza, ovvero una pizzeria di qualità che però non cerca l’appellativo di gourmet. Ed è questo sicuramente il mestiere di una pizzeria, in piazza San Francesco. Volendo restare sul tema osterie non c’è dubbio che siamo qui per darvi una Dritta. È quella dell’insegna omonima – l’Osteria la Dritta, appunto – anche questa nella stessa piazza di Bonny, che quanto a mani d’autore non ha molto da invidiare agli altri. Tante, tantissime verdure nel menu, un po’ di pesci del Tirreno e carne quanto basta, messi insieme in piatti freschi e originali, ben realizzati e un po’ scapigliati (come i carciofi). Ma la storia di questo posto è la storia di due sorelle, Chiara e Silvia Menozzi, che si son date un gran daffare per arrivare dove son arrivate. Chiara poi arriva dall’Accademia di Niko Romito, che non insegna solo a fare fine dining ma anche ottima cucina quotidiana.

Continuando il viaggio nel centro storico non si può non citare il Mecenate, tempio della cucina slowfoodista e piacevolissima trattoria familiare ospitata nei locali che furono di un’antica tintoria (siamo vicini alla rete di canali che serviva aziende tessili). Qui si viene a scoprire quanto di meglio il mondo chiocciolato sia in grado di offrire, con particolare attenzione ai produttori e alla filiera. Una cooperativa di pescatori, ad esempio, fornisce solo pescato della vicina costa, mentre le verdure di stagione danno vita a un’ottima garmugia. Se poi volete fare le cose in grande a Lucca c’è Palazzo Pfanner, che è un esempio di quanto l’architettura di qui non c’entri nulla con il resto della toscana stereotipata. E nella limonaia del palazzo, con affaccio sui giardini, c’è L’Imbuto di Cristiano Tomei. Ora, non pensiate che il Tomei sia solo quello visto in tv perché in realtà c’è molto di più da scoprire. Nei piatti, perché la cucina è un viaggio ambizioso e stimolante verso una creatività tutta sua ma sempre gustosa, e nello chef perché se avrete modo di parlargli vi accorgerete di cosa è capace, irriverente com’è. Per mangiare tocca affidarsi alle sue mani: i menu sono fissi e si scelgono in base al numero delle portate.
La serata ideale, in centro storico, finisce da Franklin’33, omaggio alla fine del proibizionismo. Questa sorta di speakeasy, nato otto anni fa, serve cocktail classici e d’autore la cui fama ha da tempo varcato i confini provinciali. Ultimamente, fra le altre cose, si son dilettati a creare signature drink dedicati all’immaginario del Bar Sport degli anni 70 e 80.

Ma Lucca non è solo centro storico. Anzi è una città abituata da sempre a varcare i suoi confini. Per questo il distretto gastronomico lucchese, che oggi ha pochi eguali nell’Italia centrale tutta, prosegue intorno al capoluogo. Il primo consiglio che vi possiamo dare è quello di fare un salto appena fuori porta, in modo particolare se è bel tempo, da Tambellini 1870. È un bar tabacchi con ristorante sempre più caratterizzato e interessante, a partire dal suo affascinante dehors. Veniteci sempre a pranzo e a cena il venerdì e il sabato a mangiare piatti della tradizione come la torta d’erbi, la zuppa frantoiana o i tordelli lucchesi, quelli con la “d”. Un po’ più a Nord, ma neanche tanto, c’è la Fattoria Sardi, una cantina di proprietà di un fiorentino e di una greca, con tanto di ospitalità e ristoro. Ed è proprio al ristoro, tutto agricolo, che officia Damiano Donati, ex Punto in centro storico e nome arcinoto a chi a Lucca ha sempre cercato qualità. Ritmi giusti e biodinamica sono gli ingredienti principali, prima ancora di quelli dei piatti. Per naturalisti estroversi e curiosi. Se invece ci si sposta a Sud, a Guamo, si trova l’enoteca Vino e Convivio che ha fatto un pezzo di storia del vino in città: è stata un’apripista sul tema dei piccoli produttori, della biodinamica e del vino naturale. Andando infine verso Est, Lucca riserva ancora due sorprese: l’Osteria di Lammari e il Nida. La prima è un’osteria nel senso più autentico del termine, nata come bar-enoteca e poi evoluta in una tavola vera e propria. L’edificio fungeva da stazione di posta e dunque il ristoro dei passanti è stato assunto a missione anche oggi. I testaroli conditi con i sapidi paccasassi valgono il viaggio così come la rovellina, che è parente stretta della braciola rifatta fiorentina. Si sta bene e si beve anche meglio, con la possibilità di scegliere bottiglie a prezzi assolutamente onesti, magari da sorseggiare sotto il pergolato.

Il nostro ultimo suggerimento, il più esotico, non poteva che essere più a Est ancora (ma sono solo 20 minuti in auto dal centro città) ed è la nuova identità del Serendepico, storico locale della zona. Storia e cultura giapponese sono infatti raccontate con passione da Masaki Kuroda che oggi tiene le redini di questo interessante indirizzo. E tra nikuman, kakumi e harumaki, o meglio ancora affidandosi al menu Omakase, si potrà partire per un viaggio interessante e fuori dagli stereotipi del Giappone da cartolina, che solo qui troverete. Perché Lucca è fuori da ogni stereotipo e anche per questo il suo carattere è così gustoso. 

Da scoprire: zuppa alla frantoiana

La tradizione lucchese è ricca di zuppe, emblema del comfort food toscano e della cucina zero sprechi. Tra le ricette più antiche, c’è quella alla frantoiana, una prelibatezza senza tempo che, come suggerisce il nome stesso, è caratterizzata dall’olio nuovo, quello appena spremuto, dal profilo aromatico molto intenso e dal sentore leggermente piccante. Inserita nell’elenco dei cosiddetti Pat (prodotti agroalimentari tipici) della Regione Toscana, la ricetta di “base” è povera e le sue varianti cambiano di casa in casa: si prepara solitamente nei mesi più freddi dell’anno con quello che offre l’orto, tra verdure di stagione raccolte nel periodo di frangitura delle olive e una selezione di erbe spontanee tipiche della zona. Nonostante la sua semplicità, a fare la fortuna di questo piatto è stata la “Disfida della Zuppa”, contest semiserio che si svolge nelle osterie di Piana di Lucca – selezionate da Slow Food – con i “zuppisti”, cuochi che si sfidano su questa preparazione di recupero, nel segno di una cucina sostenibile. A giudicare gli assaggi, c’è una giuria popolare con tanto di scheda “ufficiale” di valutazione della vera zuppa alla frantoiana. Da qualche anno esiste anche il “Paese della Zuppa”: si tratta di Aquilea, piccola frazione di Lucca, con l’omonima sagra che si tiene sulle colline lucchesi nel mese di agosto: quest’anno l’edizione sarà la numero quarantasei.

Maggiori informazioni

In apertura: La tavola di Gigliola (ph. Alberto Blasetti)

Leggi anche: Le nuove città del cibo

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