Con lo scorso 7 luglio sono quattro anni che le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene figurano come sito nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Proprio in occasione di questo nuovo anniversario è stato inaugurato un inedito cammino che prende il nome dall’area stessa della Denominazione. Con partenza da Vidor e arrivo a Vittorio Veneto, questo percorso di 51 chilometri attraversa 9 comuni con una media giornaliera di 10-12 chilometri per tappa. Stesse regole come per gli altri cammini della spiritualità: in ciascuna fermata si esibisce il proprio passaporto del pellegrino sul quale viene applicato un timbro che certifica lo spostamento compiuto rigorosamente a piedi.
Se sono diversi i motivi di interesse storico, religioso e culturale per programmare questa uscita, dai borghi alle abbazie, fino alle trincee che riportano con la memoria alla Grande Guerra, è tra filari di vite e nel paesaggio rurale che è tangibile il focus enogastronomico grazie a quasi 400 prodotti tradizionali, in primis il Prosecco che fa naturalmente da volano per l’intera regione. Un cammino tutto da stappare, insomma, che s’inserisce in un sistema di itinerari tra Venezia e le Dolomiti, sostenuto anche dalle aziende vitivinicole locali. Tra queste c’è Col Vetoraz, cantina che tre anni fa ha scelto di eliminare la parola “Prosecco” in etichetta per chiamarsi solo “Valdobbiadene Docg” (del resto si trova proprio a Valdobbiadene). Proprio nel cuore di questa denominazione la narrazione del vino è indissolubilmente legata non solo a chi lo produce ma anche alla sua terra. Difficile abituarsi a 800 anni di storia della viticoltura guardando fuori da una delle finestre che disegnano il perimetro delle sale di degustazione – qui fino a settembre sono esposte le sculture dell’artista Elena Ortica, tra volti di donna e i due ritratti denominati “Bacco” che omaggiano il mondo enoico –: dopo aver assaggiato il loro Valdobbiadene DOCG Millesimato Dry, Medaglia d’Oro al Concours International de Lyon, concentrate lo sguardo al di là di queste vetrate dove i vigneti vanno digradando verso valle. Come scoprirli? Col Vetoraz suggerisce di intraprendere l’itinerario delle chiesette nel corso del quale s’incontrano piccoli luoghi di culto: dall’eremo di Sant’Alberto – fin dall’antichità fu meta di pellegrinaggi durante i quali la popolazione invocava la pioggia nei periodi di siccità, e ancora oggi diventa luogo di ritrovo in occasione della Festa del Santo, il 7 agosto, –, alla chiesetta di San Gregorio dedicata al grande riformatore della Chiesa e patrono di Valdobbiadene.
Lungo il sentiero ci si può sempre rifocillare con alcune soste di gusto. Una di queste è il ristorante Da Gigetto con un menu che esprime quanto di meglio il territorio può offrire, quindi radicchio, funghi, erbette spontanee, lumache e cacciagione, in un ambiente intimo e familiare che colleziona cimeli dai primi del Novecento tra pentole e suppellettili in rame, mentre in un muro di pietra ha esposto gli strumenti musicali della vecchia banda del paese. Per capire la filosofia di cucina dell’Osteria Dai Mazzi bisogna ordinare il loro Gran Misto, una selezione di antipasti di stagione, oppure puntare sulla pasta fatta in casa condita con gli ingredienti “poveri” della tradizione, dai ravioli di anatra e funghi freschi ai tortelli di zucca in fonduta di Morlacco. Trattoria alla Cima incuriosisce invece gli avventori con la tipica Merenda del Mazarol che si ispira a un mitico folletto della tradizione locale: il piatto prevede soppressa di Valdobbiadene cotta in tegame, amalgamata con ricotta e servita con radicchio e agretto di mele. Durante l’estate si cena direttamente in vigna, un’occasione ideale per provare il loro Valdobbiadene Superiore DOCG Brut, l’etichetta dell’azienda agricola.