Madonnina del Pescatore

Il ristorante 2 stelle Michelin ha 35 anni «ma sembra fatto ieri». Moreno Cedroni lo racconta, a partire da una certa ossessione per l’acqua

madonnina al pescatore food and wine italia

Anconetano, inventore del “susci” con la “c” (preparazioni tecnicamente analoghe a quelle giapponesi ma contaminate con la palette dei sapori mediterranei), conoscitore assai “secchione” del prodotto, dal taglio alla trasformazione, ideatore di una linea di semi-lavorati e inscatolati di mare e di una salumeria di pesce (Anikò), oltre che di una versione gourmet e stagionale del “beach shack” (il Clandestino, sulla baia di Portonovo, ad Ancona), Cedroni senza l’acqua è incapace di creare. «Anche adesso che ti parlo sono in piedi davanti alla grande finestra che dalla sala del ristorante si affaccia sulla spiaggia e il mare, a pochi metri da qui, e guardo l’Adriatico». Da quella sala, condotta con mano delicatissima e precisa dalla moglie Mariella Organi, una delle migliori padrone di casa che l’Italia della ristorazione possa vantare, lo chef racconta la sua passione. «Ho sempre pensato che se lavori in un ambiente dove si trovano cose belle, sei naturalmente portato per fare cose belle. Mi ricordo per esempio che nel lab di Paco Torreblanca c’era un meraviglioso ulivo secolare… Per me il bello è l’acqua, che non può mai mancare in nessuna delle mie cucine, compresa quella di casa. Creo guardando il mare e non è un mare qualunque: è il mare da cui sorge il sole, e credo fortemente che anche questo contribuisca a far nascere e crescere le mie idee migliori. In questo ambiente la spinta alla ricerca si accende spesso e volentieri: non potrei lavorare per più di una settimana senza questo elemento. Anche se sono convinto che non sia una regola aurea e che se dentro di me con ci fosse la leva che muove la curiosità, questa ricerca forse non la farei, acqua o non acqua». 

Discutiamo di come la vicinanza di montagna e mare renda un ristoratore naturalmente più sensibile alle tematiche ambientali: Cedroni dall’anno scorso ha introdotto nei suoi ristoranti una policy di abbattimento del consumo di plastica e di altri materiali non riciclabili. «Il nostro è un mare pulitissimo: a 20 km da qui c’è una raffineria ma negli ultimi 20 anni la qualità dell’acqua è migliorata di stagione in stagione e qui sono “piantate” molte bandiere blu. Il riscaldamento globale incide, ma non ti so dire in che misura 2 gradi in più o in meno facciano la differenza in un mare come l’Adriatico; penso comunque che il problema non sia solo ambientale: c’entrano anche le politiche della pesca. Ti faccio un esempio: qui davanti un tempo era zona ad alta densità di cannolicchi. Mio padre e mia madre li pescavano a mano, con l’acqua che arrivava al ginocchio. Ricordo che quando era increspata, usavano versarvi qualche goccia di olio: allargandosi, la macchia permetteva di vedere meglio il fondo, fungendo quasi da lente di ingrandimento. Io poi facevo mazzetti da 10 cannelli e li andavo a vendere, 100 lire al mazzetto. 20 anni fa sono arrivate le barche che, anziché “arare”, aspiravano, e così facendo hanno risucchiato tutte le uova: per onorare il ricordo di quel mollusco, in uno dei miei menù ho inserito un cannello ricomposto, con il carapace in pasta brick e un ripieno di polpa vera; lo serviamo come aperitivo». Le flotte di pescherecci commerciali hanno portato a una graduale contrazione del numero di piccoli pescatori. «Va aggiunto che molti stanno attenti a pescare solo piccoli quantitativi, in modo da “far cartello” e mantenere il prezzo alto». Per procurarsi solo il meglio Cedroni moltiplica i fronti, rifornendosi dal mercato ittico di Ancona come anche dalle piccole barche, «così posso assicurarmi dalla sogliolina senigallese al moro oceanico, lo stesso che mangiavo già molti anni fa da Nobu». 

Parte delle preparazioni per i suoi ristoranti vengono realizzate negli spazi dell’Officina, il grande capannone dove in anticipo di tendenza (e non senza qualche difficoltà) ha creato la sua linea di mare prêt-à-porter (ricordate la bresaola di pesce spada e il San Daniele di tonno?). Mentre nel primo laboratorio, inaugurato nel 2003 nel garage di casa e traslocato nel 2005, da pochi mesi è nato Tunnel, nuovo spazio di sperimentazione pura. «L’ho chiamato così perché quando si fa ricerca si è al buio e per questo motivo l’ho voluto dipinto di nero, dal pavimento al soffitto. L’ho costruito con lo spirito di usarlo davvero, ogni giorno, e non solo per farlo vedere a clienti – anche se un giro, a fine servizio, glielo faccio sempre fare, è a pochi metri da qui! Ci ho messo tutti gli strumenti che ho conosciuto grazie alla scuola spagnola, liofilizzatore, distillatore, ultrasuoni, pentola a pressione coreana: adesso vanno di moda ma considera che il primo distillatore io lo comprai 15 anni fa; lo usai due settimane poi si ruppe e cambiare il pezzo costava troppo: meglio così, la mia ricerca allora non era supportata dalla maturità». Le idee che nascono a Tunnel devono entrare al ristorante in maniera delicata, come una nota in più, senza creare rotture. Come i distillati usati nei cocktail di Anikò, come l’ostrica sbriciolata per il risotto, come il gelato alla buccia di banana nera, fatta in pentola a pressione, analogamente all’aglio nero. «Ora c’è un cocomero a disidratare, vediamo cosa ne esce». Ogni anno la Madonnina del Pescatore osserva tre mesi di chiusura: ogni anno Cedroni la riapre con lo spirito di chi apre un locale nuovo. «Ha 35 anni ma sembra fatta ieri». 

 

Fotografie di Brambilla Serrani, Francesco Scipioni, LCM