Nel centro esatto della Sardegna c’è un luogo, il Mandrolisai (il più occidentale delle Barbagie) che emana sacralità e genera suggestione, sia per le sue caratteristiche viticole sia per le sue costruzioni antiche. Lo si percepisce chiaramente visitando il più straordinario raggruppamento di menhir del Mediterraneo, il parco archeologico di Biru ‘e Concas, che letteralmente significa “sentiero delle teste” oppure il santuario di San Mauro, perfetta sintesi di arte tardo gotica, barocca e rinascimentale, così come il suo scenario policolturale: uno dei quattordici in Italia iscritti al Registro nazionale dei Paesaggi rurali d’interesse storico; tra l’altro, l’unico della regione, in virtù del fatto che negli ultimi 200 anni la destinazione del suolo è rimasta invariata.
Stiamo parlando di un territorio il cui valore straordinario risiede tuttora nella conformazione del suo terroir, che somma condizioni climatiche specifiche e un’importante variabilità nella composizione geologica come fattore di diversificazione dentro la stessa area produttiva. Di fatto, si tratta di un altopiano a fortissima biodiversità ricoperto di boschi di lecci, roverelle e querce da sughero; poi orti, pascoli, allevamenti, alberi da frutto e in minima parte vigneti. Le altitudini cui si è spinta la vite arrivano a lambire i mille metri, partendo dai 350-400 metri come altitudine più bassa. I vitigni storicamente più presenti in quest’area sono il Cannonau, il Bovale (o Bovaleddu o Muristeddu) e la Monica, iscritta nel disciplinare della Doc Mandrolisai. Il patrimonio di vigne vecchie è impressionante, anche perché le viti stesse sono spesso dotate di imponente promiscuità e possono presentare al loro interno anche decine di varietà diverse: un’affascinante Babele di metodi e conoscenze che rifuggono standardizzazioni e omologazioni.
Mandrolisai si potrebbe definire allora un “Jurassic Park” della viticoltura dove le viti sono il frutto di una cultura millenaria rimasta pressoché intatta, fondata sul concetto di non proprietà e di naturale ereditarietà familiare, in cui ogni campo possiede una specifica destinazione per l’attività agricola. I vini hanno carattere esuberante di arrembante potenza, ma in un quadro complessivo teso, contrastato e sostenuto. La sua cucina, invece, rigorosamente tradizionale (è un trionfo di carni e formaggi) esprime appieno le caratteristiche dell’isola: ovvero la consapevolezza dell’importanza del mare, ma al contempo la sua diffidenza, in quanto potenziale via d’accesso di nemici da cui il montagnoso interno come rifugio.
Dove degustare i vini
I Garagisti di Sorgono
Pietro Uras, Renzo Manca e Simone Murro sono tre ragazzi che hanno preso in pugno il loro destino, vignaioli nell’anima che svolgevano altre professioni (i primi due), giovane enologo (il terzo). Tutti e tre hanno ereditato dell’arte della vigna e del fare il vino in Mandrolisai. Tutti e tre con vigne familiari tramandate di padre in figlio, 10 ettari di vecchi alberelli di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, su altitudini dai 500 ai 700 metri, a Burdaga, Figu, Pischina, Pardu e Cresia, con rese bassissime. “I Garagisti” hanno creato tre etichette corrispondenti alle vigne di ognuno, con tanto di cognome e faccia in etichetta: Uras (il Mandrolisai Doc), Manca (il Cannonau in purezza), Murru (la Monica in purezza). Questi sono i vini fondamentali per comprendere il genius loci dai profumi finissimi, nitidi, curati e sorsi che al palato svelano l’energia del terroir.
Cantine Fradiles
In sardo significa cugini e questa azienda che è in località Creccheri di Atzara, nel cuore del Mandrolisai, fin dal nome ha voluto sottolineare l’intreccio familiare che ne ha determinato la sua fondazione: impegno costante, cura della terra e investimento nei legami familiari sono la forza di questa azienda. I cugini Paolo Savoldo e Giuseppe Flore si prendono cura di un parco vigneti di quattordici ettari, che allignano tra i 450 e 700 metri di altitudine, con anche parcelle di soli alberelli a piede franco, alcuni dei quali vecchi di ben 85 anni e addirittura di 110 anni. Vari i Mandrolisai Doc prodotti dallo stile di eccellente impronta territoriale con uno sguardo rivolto alla ricerca della fragranza gusto-olfattiva: Angaris e Memorias Creccherie (linea Cru) Antiogu e Fradiles (linea classici).
Demelas
In un clima di tradizione autentica, Damiano, Roberta e Lorenzo Demelas, poiché “fare solo vini sfusi per gli amici non è abbastanza”, sentono il desiderio di valorizzare il Mandrolisai in altro modo. Così, a partire dalla vendemmia 2019, decidono di interpretare il territorio secondo uno stile genuino e meticoloso. Il logo, un volto stilizzato, che ricorda le maschere della tradizione sarda, simboleggia proprio il fatto che dietro a ogni bottiglia non c’è una singola persona, ma un’intera famiglia. Domo e Giuàle i Mandrolisai Doc di spicco.
Cantina Su Binariu
Il nome della cantina è profondamente ispirato alla storica strada ferrata che costeggia le vigne e che, oltre un secolo fa, ha permesso di collegare Cagliari con il centro dell’isola. La tradizione e la passione per la cultura della vite e l’arte del vino da parte dei tre fratelli Zedde ha dato vita a questa piccola azienda vitivinicola con vigne di 70-80 anni di media che elargiscono nettari fragranti e vigorosi. Tre Buccas il loro Mandrolisai del cuore.
Cantina del Mandrolisai
La Cooperativa Agricola nasce nel 1950 e risale al 1952 la prima vendemmia. La struttura riunisce i soci del territorio appartenenti ai comuni di Sorgono e Atzara (Nuoro) e anche quelli dei comuni di Meana Sardo, Ortueri e Samugheo (Oristano). La nuova linea di punta si chiama Kent’Annos, (tra cui una rimarchevole selezione di Mandrolisai Doc), dedicata alla leggendaria longevità dei sardi e in particolare ai centenari di questa parte dell’isola.
Dove assaggiare le ricette tipiche
Agriturismo Su Connottu
È la storia di una famiglia (Tino e Antonietta i genitori, mentre Ignazio, Daniele e Laura i figli) con un sogno nel cassetto: creare un agriturismo che esalti i sapori e le tradizioni. Il nome non è una semplice coincidenza, poiché il suo significato rispecchia la loro filosofia: “Tornare a ciò che è conosciuto”. Immerso tra vigneti e frutteti, in un ambiente accogliente e caloroso, si possono apprezzare succulente pietanze come i Malloreddus al sugo di maiale, la Pecora in umido, la Petza imbinada (una sorta di spezzatino di maiale lasciata macerare nel vino e nell’aceto), i deliziosi salumi fatti in casa e i vari formaggi tipici.
Trattoria da Nino
Gianni, in sala, con simpatia e professionalità accoglie gli ospiti, mentre la moglie Maria Antonietta cucina amabilmente i piatti della tradizione. In un ambiente rustico, dal 1965, o meglio in un posto in cui sentirsi a casa, vale la pena ordinare piatti come la Fregula con salsiccia e funghi, i Culurgiones ripieni di pecorino e menta, gli Spaghetti fatti in casa cotti nel brodo di pecora con aggiunta di pepe nero, zafferano e pecorino fresco e le fave con pecorino.