Forse è vero che i congressi di cucina e più in generale gli eventi enogastronomici hanno perso un po’ di smalto, offuscati da formule sempre uguali e da una buona dose di autocelebrazione. Quando, però, sanno scegliere protagonisti e comprimari giusti e si rivelano in grado di far conoscere realtà poco note, dimostrano di avere ancora il loro senso.
È il caso, ad esempio, di Meet In Cucina, il format ideato dal giornalista abruzzese Massimo di Cintio – e organizzato dall’agenzia Virgolacom in collaborazione con le delegazioni locali della Federazione Italiana Cuochi – che punta sulla valorizzazione delle realtà regionali. Soprattutto quelle che hanno tanto da dire ma non sono ancora conosciute a dovere.
Dopo l’Abruzzo – e poi anche la Puglia – da tre anni Meet In Cucina fa tappa nelle Marche, in collaborazione con l’Unione Regionale Cuochi Marche e con le cinque associazioni provinciali, con il contributo della Regione Marche-Assessorato all’Agricoltura, Camera di Commercio delle Marche e altri partner locali e nazionali. A ospitare l’appuntamento, lo scorso 11 novembre, è stata anche quest’anno Senigallia, la cittadina rivierasca famosa come meta estiva ma anche per aver dato i natali a un artista della fotografia come Mario Giacomelli e per la notevole concentrazione d’indirizzi di rilievo; qui ci sono, ad esempio, i due locali – la Madonnina del Pescatore e il rinnovato Anikò, cui si affianca Il Clandestino a Portonovo – di Moreno Cedroni, la pizza di Alessandro Coppari da Mezzometro, il gelato “gastronomico” (in procinto di trovare una nuova, bella sede pensata per renderlo un’esperienza a tutto tondo) di Paolo Brunelli e naturalmente l’insegna che porta il cognome di Catia e Mauro Uliassi e che, con l’arrivo della terza stella Michelin, ha dato ancor più lustro alla fama gastronomica locale.
Proprio i due grandi chef – e il cioccolatiere-gelatiere, unico artigiano ad affiancare i cuochi a testimonianza del valore a tutto tondo della sua proposta – sono saliti sul palco del teatro La Fenice, insieme ad altri sei cuochi che rappresentano il presente e il futuro della cucina marchigiana; ognuno con un sua storia da raccontare e la propria visione culinaria. Accanto a loro, nei piatti oltre che nel foyer del teatro, i prodotti regionali: dai vini di aziende note e meno note (come Velenosi e l’interessante realtà di Conti Buscareto) al focus dedicato agli oli monovarietali delle Marche, raccontati sul palco da Barbara Alfei dell’ASSAM-Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche, fino ai prodotti delle zone colpite da sisma e dei Sibillini; con un posto di riguardo per il Prosciutto di Carpegna Dop, salume che nasce nell’omonimo paese del Montefeltro, nel Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, e trova nell’ambiente unico dove s’incontrano mare e montagna – ma pure nella filiera corta, con maiali di almeno 10 mesi provenienti solo da Marche, Lombardia ed Emilia-Romagna, e nella lavorazione attenta con sale di Cervia e una stagionatura di minimo 14 mesi – il segreto della sua aromaticità insieme delicata e fragrante. Ottimo da mangiare con il pane ma anche nei piatti degli chef, come ad esempio nell’insolito mix tra Lumache, lumachelle e Prosciutto di Carpegna proposto sul palco da Stefano Ciotti (chef patron del Nostrano di Pesaro) o nella versione ad hoc della magistrale Ostrica con grasso di prosciutto (invece del ciauscolo) e olive di Mauro Uliassi.
Ultimo a salire sul palco a chiudere la giornata, lo chef tristellato racconta il suo menu Lab 2019 – strepitoso e per nulla seduto sugli allori, con dei piatti-bomba come il midollo cotto nell’acqua di vongole e trippe di baccalà in pil pil o l’Agnello fuori di testa, che recupera le parti di scarto della testa ovina come l’occhio e il cervello, mettendo nel piatto dei bocconi strepitosi – ma lancia soprattutto un messaggio agli studenti degli istituti istituti alberghieri marchigiani che compongono la gran parte del pubblico, mentre allievi e docenti dell’Istituto professionale “Panzini” di Senigallia hanno collaborato ai servizi di accoglienza, di sala e di cucina. La passione è importante, sottolinea Mauro Uliassi, ma da sola non basta; perché ognuno di noi potrebbe avere il sogno nel cassetto di fare il cantante o il cestista, ma se mancano alcune condizioni di base e, soprattutto, il talento, è difficile che ciò possa avverarsi. Dunque, bisogna capire se quel talento – che per il cuoco, vuol dire avere un palato che permetta di combinare gusti e ingredienti in modo da soddisfare non solo se stesso ma soprattutto chi siede alla sua tavola – c’è davvero, prima di aspirare a premi e riconoscimenti.
Un monito simile viene da Moreno Cedroni, che – presentando sul palco il suo ultimo libro, Cedroni. Il pensiero creativo che ha cambiato la cucina italiana, scritto con Cinzia Benzi che lo affianca – invita i più giovani a pensare soprattutto a consolidare la conoscenza della tradizione e delle basi, prima di potersi cimentare con la creatività.
Ospite d’onore di questa edizione è Vincenzo Cammerucci, marchigiano da anni in Romagna e ora alla guida del ristorante e agriturismo CaMi’ a Savio di Ravenna, dove cucina con i prodotti dell’orto e del territorio mettendo in risalto i sapori naturali dei prodotti con una tecnica nitida e sapiente. Molti lo conoscono per l’avventura stellata del Lido Lido di Cesenatico ma Cammerucci – che è stato al fianco di Marchesi ed è considerato un maestro da tutti i cuochi marchigiani e non solo, compreso Uliassi – ha scelto di tornare alla terra, seguendo le orme contadine della sua famiglia, per proporre piatti eleganti e autentici come il millefoglie di ortaggi di stagione con centrifuga di barbabietola rossa e barbabietola gialla marinata.
Errico Recanati, che porta avanti la grande tradizione dello spiedo da Andreina a Loreto, replica la potenza del fuoco e della brace sul palco della Fenice, invadendo la sala con le note di fumo con cui cuoce fagiano e cavolfiore, e della cenere sotto cui fa cuocere il baccalà che farcisce il croccante taco insieme a puntarelle e nocciole.
Ma le luci della ribalta sono anche per i più giovani. C’è Sabrina Tuzi, ad esempio, che – dopo altre esperienze e la tappa a MasterChef – è ora a La Biglietteria Bistrot a San Benedetto del Tronto: un ex cinema in cui ogni sera va in scena la sua “cucina dal vivo” che mescola prodotti locali e ricette di famiglia a suggestioni esotiche e contaminazioni, come nello squisito Coniglio in porchetta in giro per il mondo preparato a mo’ di sandwich e accompagnato da cavolo cappuccio fermentato e maionese di coniglio con aggiunta di salsa teriyaki. Tanto oriente anche nei piatti di Pierpaolo Ferracuti, chef di Retroscena a Porto San Giorgio, che propone un Chawan mushi (sorta di “budino” al vapore giapponese a base d’uovo) d’autunno, in cui la “superconcentrazione di mille pesci” che dà vita al classico brodetto si arricchisce di funghi giapponesi (orecchie di Giuda) e italiani (cardoncelli) e della nota croccante delle mele dei Sibillini in osmosi.
Mentre percorre la strada opposta – dichiarando senza mezzi termini la sua ricerca d’italianità e le profonde radici nella tradizione, e rifiutando contaminazioni senza per questo risultare scontato – Tiziano Rossetti, che all’Angolo Divino di Urbino propone piatti lineari ma decisamente invitanti come il Brodo di canocchie con carciofo e branzino.
foto di Andrea Straccini
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