Pentole e padelle con cui cuciniamo, piatti e posate con cui portiamo il cibo in tavola e lo mangiamo. Ma anche le confezioni dei prodotti che acquistiamo, tanto al supermercato quanto dai piccoli produttori, dal brik del latte ai barattoli di conserve e alle vaschette per il prosciutto, fino al packaging per l’asporto dei piatti pronti. Lo stesso vale anche al ristorante: dal pentolame tecnologico ai più sofisticati supporti in cui arrivano in tavola pane, amuse-bouche, portate, vini. Tutti gli oggetti e i materiali che – lungo il “ciclo di vita” dal produttore al consumatore, raccolta e lavorazione inclusa – vengono a contatto con gli alimenti sono MOCA (acronimo, appunto, di Materiali e Oggetti a Contatto con Alimenti) e possono comportare un rischio di contaminazione chimica del cibo tramite la cessione di alcune delle sostanze di cui sono composti, con possibili conseguenze (legate soprattutto all’uso continuativo e prolungato, dunque quello casalingo) sulla salute. La contaminazione chimica da MOCA è diversa da quella batteriologica, più legata a questioni di igiene e disciplinata nella ristorazione dalle norme del “Pacchetto Igiene”, inclusa l’HACCP. Ad esempio l’utilizzo di taglieri in legno non facilmente lavabili e sanificabili non deve essere usato per la lavorazione delle carni.
Per questo motivo, in Europa, tutti i MOCA devono essere conformi ai requisiti essenziali di sicurezza del Regolamento /CE)1935/2004. Alcuni materiali, ad esempio le plastiche e le ceramiche, sono regolati da norme comunitarie. I componenti delle plastiche sono valutati prima del loro impiego e approvati solo se sono rispettati standard rigorosi, che garantiscono la sicurezza d’uso; non è un caso che l’EFSA – l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma – abbia scelto proprio i MOCA (insieme a benessere degli animali e integratori alimentari) come argomento della campagna #EUChooseSafeFood, in programma fino a ottobre in collaborazione con il Ministro della Salute per incoraggiare scelte alimentari sicure e consapevoli da parte dei cittadini europei.
«Non esiste un alimento che non è stato a contatto con un MOCA in una parte della sua vita: anche il cibo più raffinato, così come quello più “slow” e genuino, viene raccolto, tagliato, cucinato, impiattato», spiega la dottoressa Maria Rosaria Milana, Esperto presso EFSA già responsabile del Laboratorio Nazionale di Riferimento sui Materiali a Contatto con Alimenti dell’ISS.
Ma, se al ristorante ci si affida alla cura di chef e ristoratori nell’acquistare e utilizzare materiale a norma, e ai controlli fatti dalle autorità, quali accorgimenti adottare a casa? «Innanzitutto partiamo dal cauto acquisto, verificando che gli oggetti siano idonei all’uso: ad esempio che abbiano il simbolo con bicchiere e forchetta che rappresenta l’idoneità alimentare o che siano esplicitamente dichiarati per il loro uso a contatto con alimenti », spiega la dottoressa Milana. I prodotti in vendita nell’Unione Europea rispettano i requisiti (attraverso la Dichiarazione di Conformità e una vera e propria tracciabilità, simile a quella degli alimenti) ma meglio fare attenzione agli acquisti online, o a quelli nei mercati di strada: una padella antiaderente che costa pochi euro potrebbe non essere sicura; e quella bella tajine comprata in viaggio potrebbe non rispettare gli standard di qualità europei e quindi è meglio usarla per portare in tavola del cibo freddo e solido (come ad esempio la frutta) piuttosto che per cucinare, visto che il calore favorisce la cessione.
Poi c’è il corretto utilizzo: «Anche le nostre nonne sapevano che la pentola in alluminio va bene per cucinare la salsa ma non per conservarla, perché a contatto con cibi acidi e molto salati per tempo prolungato rischia di alterarne il sapore a causa della cessione di alluminio », prosegue Milana. Esistono anche precauzioni nelle leggi sanitarie che prevengono la cessione: ad esempio le carte alimentari, soprattutto quelle che vanno a contatto con i grassi devono essere composte da carte di primo impiego (no alla carta di riciclo per la pizza o i fritti, ad esempio), e per i contenitori monouso, che non dovrebbero essere riutilizzati. Se per il rispetto dell’ambiente il consumatore volesse riutilizzare un contenitore allora bisognerebbe considerare lo stesso di tipo di alimento per limitare gli usi impropri: ad esempio non è il caso di conservare del brodo o del sugo caldo nella vaschetta del gelato. Va fatta attenzione, poi, ai contenitori da usare nel microonde: «Questo strumento di cottura e riscaldamento non ha controindicazioni per la salute ma bisogna usare solo materiali che siano dichiarati o contrassegnati come idonei per il microonde, verificando che ci sia l’apposito simbolo, e rispettando le condizioni indicate (dai Watt al tempo) altrimenti si rischia la cessione chimico-fisica».
Oltre alla qualità, la differenza la fanno i materiali: l’acciaio inox (materiale prediletto anche per i coltelli, insieme alla ceramica ad alta performance) presenta meno rischio di cessione, mentre l’alluminio – che è un ottimo conduttore di calore e permette di risparmiare energia e tempo – richiede qualche accortezza in più, come già visto. Il vetro è più “sicuro” delle plastiche ma presenta problemi di trasporto e stoccaggio; e i classici “vasetti” possono nascondere comunque dei rischi, soprattutto se il contenuto viene a contatto con la capsula e le sue parti in plastica o metallo.
«Che si tratti di ceramica, porcellana o altri materiali come ardesia o cellulosa, come quella ad esempio usta per i piatti ecocompatibili, la sicurezza sta soprattutto nella buona qualità anche sanitaria, in modo tale che non cedano componenti in quantità tale da rendere nocivi gli alimenti, alterarne la composizione e deteriorarne il gusto. Questi sono i tre punti del Regolamento Europeo (CE) 1935/2004 che disciplina i MOCA; esistono poi regolamenti e leggi specifiche per molti materiali: plastiche, acciaio inossidabile, vetro, gomme, carte e cartoni, alluminio, banda stagnata e cromata».
Interessante notare, sottolinea la dottoressa Milana, come le norme sui MOCA tutelino anche gusto e odore degli alimenti, e che l’autorità centrale di controllo sia il Ministero della Salute. «Il deterioramento dei caratteri organolettici è considerato all’interno di una norma sanitaria. Secondo il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare del 2000, l’alimento è un bene primario dell’individuo e deve essere salvaguardato non solo nella sua salubrità ma anche nella sua integrità: tutto ciò che va a cambiare in modo inaccettabile la composizione dell’alimento non è considerato legale dentro l’Unione Europea, che si occupa dunque anche della difesa del gusto».