Moi Omakase

Moi Omakase, spettacolo al bancone

Francesco Preite è lo chef e proprietario di questa insegna a Prato, tra le migliori in Italia a interpretare la cucina del “fai tu” giapponese.

Sono 73 le volte che Francesco Preite, chef e owner di Moi Omakase a Prato, si è imbarcato su un aereo per raggiungere il Giappone, la nazione che lo ha stregato nel 1998. Partito la prima volta per immergersi nella cultura delle armi da taglio – il nonno si faceva i coltelli in casa da solo e sin da piccolo il cuoco del Mugello ammirava ogni instante della lavorazione, diventata poi una passione in adolescenza –, Preite ha poi scoperto la sua vera vocazione: diventare un itamae (lo chef del sushi) e portare in Italia la vera cucina giapponese.  

Così a ogni viaggio Francesco Preite si è messo al servizio dei migliori professionisti tra stage, studi teorici e pratici per apprendere l’essenza della cucina di Tokyo e dintorni, aprendo nella sua città il primo Moi Omakase nel 2009. «All’inizio era un ristorante giapponese tradizionale ma con uno spicco commerciale: 15 anni avevo paura di sperimentare come nel concept che propongo oggi». Nonostante i vincoli geografici consigliassero di proporre una cucina più tradizionale, lo chef si è fatto conoscere e il suo nome è cominciato a circolare tra gli adepti e i fautori della gastronomia giapponese. «Purtroppo però ero arrivato a un punto che il mio lavoro era “solo un lavoro”, non c’era più la passione e mi annoiavo. Insieme a mia moglie allora abbiamo deciso di chiudere per fare un salto di qualità e abbiamo aperto nel 2018 in questa nuova location di fronte al Castello dell’Imperatore».

Nell’indirizzo di viale Piave Francesco, Preite ha finalmente raggiunto il suo obiettivo: gestire un luogo elegante ma conviviale, dove il bancone è il fulcro della proposta omakase, che significa letteralmente “lasciare fare al cuoco”. È qui che ogni sera dieci fortunati trovano posto per una degustazione “al buio” (nei locali di tradizione omakase non è previsto neanche il menu, la fiducia nell’ itamae è totale) un percorso culinario tra i sapori del Giappone in 20 atti. Piccolo promemoria: ci si siede tutti insieme alle 21, non è concesso fare ritardo né è consentito uscire durante il servizio, anche solo per una sigaretta. Al rientro l’odore del tabacco “rovinerebbe” l’atmosfera e non sarebbe rispettoso nei confronti degli altri commensali. Molto rigoroso come tradizione giapponese comanda.

Fatte queste premesse si comincia con una corroborante Zuppa di Miso con fagioli di soia bianchi fermentati, miso di marroni del Mugello e alghe wakame disidratate per renderle croccanti e ampliare la nota verde legata al mare che stimola la salivazione e preparare il palato alle portate successive. Questo è il benvenuto dello chef: prima si beve la zuppa e poi si gusta la parte “solida” delle alghe. Segue un interessante Polpo di scoglio in cui il mollusco viene “ammollato” in acqua di mare e salsa di soia per ridurre la struttura muscolare del polpo, condito poi con un olio dell’Impruneta (a base di Moraiolo e Leccino), spezie furikake e wasabi disidratato. Un bel lavoro di manualità e tecnica messo in evidenza anche nell’Ostrica cotta a vapore con del sake e accompagnata con una marmellata di cipolle rosse di tropea leggermente salata che “tradisce” le origini calabresi di Preite. Un piatto decisamente umami.

Dopo queste goduriose anticipazioni si entra nel clou della degustazione tra Sashimi di capasanta di Hokkaido (una specie che si trova solo nell’Oceano), la cui particolarità è data dall’assenza del muscolo – dunque all’assaggio si scioglie in bocca regalando sensazioni notevoli –, e nigiri che esaltano l’eccellente materia prima di cui Preite dispone come il Nigiri di dentice, di mazzancolla, di scampo o di tonno rosso dell’Elba. «Il nigiri si basa sue caratteristiche: riso caldo e pesce particolarmente freddo. Secondo le usanze giapponesi va mangiato entro 12 secondi dal momento in cui viene servito, altrimenti la parte calda altera le proprietà del pescato che perde tutti i suoi olii essenziali». Quella che va in scena da Moi Omakase è un’opera teatrale di cui non vorresti mai arrivare alla fine: mentre il palato è catturato dalla bravura e dalla qualità espressa dallo chef, gli occhi e le orecchie sono rapite dai suoi racconti e e dalla sua gestualità disarmante.

Nell’ultima parte del percorso, i nigiri sono intervallati dal Gunkan di uova di salmone rosso selvaggio dell’Alaska –qui l’acidità delle uova è verticale e persistente – e da un entusiasmante Brodo dashi di alga kombu e guancia di rana pescatrice cotta al vapore con del Sakè invecchiato. «In questo caso la nota di umani va verso “l’infinito e oltre”», commenta ridendo lo chef e non possiamo che essere d’accordo. Chiude il viaggio nella terra del Sol Levante l’Anguilla kabayaki, prima bollita in una soluzione di acqua e soia, poi grigliata e spennellata con la riduzione della salsa di cottura del pesce in versione caramellata (grazie all’aggiunta dello zucchero di canna grezzo).

Alla fine di questo stimolante percorso, lo chef confessa anche il perché della sua scelta radicale: «Questa città è casa per me e ho ritenuto opportuno distinguermi in questo angolo felice di Toscana. Ho sempre detto che se avessi aperto a Roma o Milano magari sarebbe stato più facile, ma rischiavo di diventare una delle tante insegne di cucina giapponese; qui invece ho aperto con “l’arroganza” di fare la differenza in provincia. Al momento sembra che tutto funzioni».

Ed è proprio il dolce a omaggiare la città con la Pesca di Prato – una ricetta le cui origini risalgono al 1500 –, con la versione del maestro pasticcere Paolo Sacchetti della pasticceria Nuovo Mondo, a pochi chilometri proprio da Moi Omakase. Un pan brioche bagnato con alchermes di Firenze, crema pasticcera, liquore all’arancia e la sua scorza candita.

Maggiori informazioni

Moi Omakase
Viale Piave, 10/14, 59100 Prato (PO)
moiprato.it

 

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