Paesi Baschi

Nei Paesi Baschi sulla rotta del sale e del Txakoli

Grandi ristoranti e tavole sorprendenti, vigneti e borghi, cantine firmate da archistar e antiche saline. La terra basca si conferma una meta gastronomica da non perdere, anche al suo interno.

Al tavolo di Kokotxa, il ristorante dello chef Dani Lopez e della moglie Estela Velasco – che con la sua stella Michelin concorre al conto di ben 16 nella sola San Sebastián, perla della costa basca –, la giovane sommelier di Barcellona ci propone un percorso di abbinamento con una carrellata di vini locali, a cominciare dal Txakoli. Vino (principalmente) bianco dal carattere tagliente e sapido, ottenuto dall’uva autoctona Hondarribi Zuri – che può essere integrata da piccole quantità di Gros Manseng, Riesling, Chardonnay e Sauvignon Blanc – o dalle varietà a bacca rossa Hondarribi Zuri Zerratia e Hondarribi Beltza, è stato a lungo considerato un prodotto semplice, da bere giovane approfittando della freschezza data dalla posizione tra mare e montagna e dalla notevole umidità della zona per accompagnare la cucina di mare della costa. Nel corso degli ultimi trent’anni, tuttavia, la scena vinicola basca si è notevolmente evoluta, affiancando ai potenti rossi della Rioja Alavesa – area interna nella provincia di Alava, confinante con le regioni di Rioja e Navarra, unite nella Doc Rioja – molteplici e interessanti sfumature di Txakoli, anch’esso tutelato da una Denominación de Origen Calificada suddivisa in tre sottozone: Biscaglia (Bizkaiko txakolina), Getaria (Getariako txakolina) e Alavesa (Arabako txakolina).

Per approfondirne la conoscenza si può visitare il Txakolingunea, il Museo del Txakoli a Bakio, cittadina sulla costa di Biscaglia a mezz’ora da Bilbao. Il modo migliore, però, resta a tavola. Da Kokotxa ce ne propongono diverse versioni (con un’incursione in Rioja rappresentata dall’ottima Garnacha Bianca di Victor Ausejo, frutto di una singola parcella): dalle bollicine del Juanita, vino spumante prodotto con metodo classico dalla cantina Inazio Urruzuiola, nella provincia di Gipuzkuoa, all’eccellente Txakoli di Getaria Aitaren, dell’omonima cantina, che con le sue note aromatiche e saline arrotondate dal passaggio in legno si sposa perfettamente con la trota dei Pirenei in insalata liquida con uova di trota e salicornia. L’Eklipse, uvaggio di Hondarrabi beltza e Pinot nero della cantina Itsamendi di Guernica – immersa nella riserva naturale di Urdaibai, Patrimonio Unesco – accompagna l’acidità del nasello con crema al pomodoro, olive nere e finocchio brasato, seguito dal controfiletto con crema di sesamo nero, spinaci e french toast di peperoni del Piquillo abbinato al mix di potenza e freschezza dello Xerico, Rioja rosso di Tentenublo, la cantina che Roberto Oliván – nome di punta della nuova generazione in Rioja Alavesa – produce nel villaggio di Viñaspre, ai piedi della Sierra Cantabria, unendo una piccola percentuale di Macabeo (o Viura, uva a bacca bianca) al Tempranillo.

La nostra curiosità sui vini baschi e sul resto di questa bellissima regione, amata tanto dai surfisti quanto dagli appassionati di gastronomia, traccia il percorso dei giorni seguenti portandoci a lambire diversi dei nove parchi naturali baschi. Prima tappa a Getaria, non prima di aver ammirato le imponenti scogliere di Zumaia dominate dal piccolo eremo di San Telmo dove il Flysch (formazione geologica di rocce sedimentarie) segna il paesaggio del Geoparco della Costa Basca: talmente spettacolare da aver fatto da set per diverse scene di Games of Thrones. Grazioso borgo di pescatori affacciato sulla baia delimitata dal promontorio di San Antòn, detto El ratón per la forma che ricorda un topo, Getaria è legata alla lavorazione delle acciughe avviata nel XIX secolo grazie all’esperienza portata qui dagli immigrati siciliani. Sorvegliata dalla bellissima chiesa gotica di San Salvador, è nota pure per aver dato i natali a due personaggi illustri: l’esploratore Juan Sebastián Elcano (o Elkano), comandante della spedizione di Magellano che tra il 1519 e il 1522 fu il primo europeo a circumnavigare il globo sostituendo il portoghese alla sua morte; e Cristóbal Balenciaga, rivoluzionario stilista di haute couture cui è dedicato un bel museo che ne espone le collezioni storiche. Ma oggi qui molti vengono per i tanti ristorantini che propongono pesce freschissimo alla griglia da accompagnare con il txakoli locale, se non per gli ambiti tavoli di Elkano, ristorante stellato che ha elevato la cottura alla brasa a vera e propria arte. La meta seguente è Vitoria-Gasteiz, capoluogo della provincia di Álava nonché – con i suoi circa 250mila abitanti – capoluogo de facto della comunità autonoma dei Paesi Baschi. Con una tappa intermedia a Ordizia per curiosare tra i banchi del mercato coperto esagonale che ogni mercoledì mattina accoglie venditori di ortaggi, funghi e soprattutto di formaggi: a cominciare dall’intenso Idiazábal prodotto dai casari locali con latte di pecora delle razze Latxa e Carranzana, che prende la denominazione (di origine protetta) da una vicina località. Anche se meno vivace di Bilbao e di San Sebastián– soprattutto sotto il profilo gastronomico, pur se non mancano indirizzi interessanti per pintxos tradizionali e creativi e rinomate pasticcerie – Vitoria-Gasteiz, tra le città più verdi d’Europa, sa unire con garbo il fascino del centro storico e un appeal contemporaneo. Dalla bella Cattedrale di Santa María, restituita al culto di recente e attualmente “aperta per lavori” (resa parzialmente agibile durante i lunghi lavori di restauro grazie a percorsi ad hoc e visite virtuali), alle stradine del quartiere medievale con molti edifici colorati da bei murales, fino ai musei moderni: dall’Artium Museoa, Museo di Arte Contemporanea dei Paesi Baschi, al curioso Bibat, museo delle carte da gioco legato alla presenza di una storica fabbrica in città. Ci stiamo avvicinando al cuore della produzione vitivinicola basca, nella Rioja Alavesa.

Ma c’è ancora un’altra tappa da fare, forse la più sorprendente. Nella Valle Salata di Añana ci accoglie un mosaico terrazzato di quadrati che in inverno sono color fango ma verso l’estate iniziano a virare al bianco: sono le aie (vasche di evaporazione) delle saline di Añana, che contano oltre settemila anni di storia e circa 13 ettari di estensione. Dalle acque ad altissima concentrazione di cloruro di sodio (circa sette volte quella del mare) che sgorgano da quattro sorgenti naturali si ottiene per evaporazione e raccolta manuale un sale pregiato, di color bianco brillante e privo di eccessiva sapidità, che molti chef baschi – alcuni dei quali hanno la propria aia riservata – usano nei loro menu anche sotto forma di flor de sal (scaglie croccanti) e chuzos (grossi cristalli tipo stalattiti) da grattugiare. Oppure di salamoia liquida, perfetta per condire insalate e altre preparazioni in maniera omogenea, che scorre naturalmente lungo i rollos, canali creati dall’uomo per ricavare il prezioso sale, insieme alle strutture architettoniche che – tra legno, argilla e pietra – disegnano il paesaggio inserendovisi armoniosamente. Attive fin dal IX secolo, abbandonate negli anni 60 del Novecento e riaperte nel Duemila, oggi le saline funzionano anche come attrattiva turistica offrendo visite guidate, degustazioni e laboratori. Basta attraversare la strada per prendere posto a una delle dodici sedie attorno al bancone dell’Almazen, il ristorante aperto nel 2020 da Beatriz Pascual in un vecchio magazzino dalle cui pareti continua ad affiorare il sale. Bilbaina cosmopolita e dal sorriso aperto, la chef ha deciso di stabilirsi nel paese in cui i nonni si traferirono per avviare il ristorante di famiglia, creando un luogo a sua misura dove cucina a ritmo di musica e intrattiene i commensali con racconti sui piatti che serve direttamente, con un menu che nasce ogni giorno dal rapporto coi piccoli produttori, dal recupero di ricette tradizionali e dalla sua creatività. I piatti di Beatriz sorprendono per sapore e concretezza, accompagnati dai vini della zona: dal Txakoli rosato che si sposa ai funghi confit con uova marinate nella salamoia e spuma di patate locali all’intenso rosso della Rioja Alavesa che accompagna l’agnello da latte cotto a bassa temperatura e poi dorato alla brace con crema di cavolfiore e confettura di peperoncini guindillas. E poi c’è la steak tartare di puledro con capperi, cipolla rossa e cetriolo, condita con un mix di senape, salsa sriracha, Worchester e soia, decorata da uova di trota e finita con una grattugiata di chuzo e da una guindilla bruciata per dare una nota aromatica fumé. Arriviamo infine nella Rioja Alavesa, Paesaggio Culturale del Vino e dei Vigneti Unesco dove, lungo il corso del fiume Ebro, i filari si alternano a borghi ben conservati e a testimonianze di epoche remote: sono numerosi i dolmen disseminati sul territorio, a cominciare da La Chabola de la Hechicera (la stamberga della strega, di cui si sentirebbero le risate), accanto a un albero solitario nella campagna di Elvillar. Ci accoglie un mare di vigneti incastonato dalle cime frastagliate della Sierra de Toloño, riprese dall’architetto Santiago Calatrava per lo spettacolare tetto ondulato della cantina Ysios, tra le più rinomate della zona. Il contrasto con le atmosfere ferme nel tempo del vicino borgo medievale di Laguardia è notevole: fortificata nel XIII secolo, la cittadina è ancora completamente racchiusa dalle mura, entro le quali si ammirano le antiche torri, la straordinaria chiesa di Santa María de los Reyes con il suo portale gotico incredibilmente decorato (l’ingresso è a pagamento, e la vista accompagnata da suoni e luci) e il Municipio che si affaccia sulla piccola Plaza Mayor con un orologio a carillon che si anima con musica e figure danzanti quattro volte al giorno. Ma la parte più interessante è forse il sottosuolo, interamente scavato da un dedalo di cunicoli che ospitavano le cantine (calados), oggi in gran parte trasformate in ambienti domestici o attrattive turistiche. Restano in attività un paio di aziende, tra cui Il Fabulista, che offre visite guidate e degustazioni: il livello dei vini è alquanto basico, così come la spiegazione enologica, ma l’esperienza è piacevole e permette di vedere con i propri occhi come in tempi remoti si trasformassero le uve in vino tramite pressature successive e macerazione carbonica. Decisamente più interessante la produzione della più nota cantina della zona, Marqués de Riscal, alle porte della cittadina di Elciego. Fondata nel 1858 da D. Guillermo Hurtado de Amézaga, a partire dagli anni Duemila ha intrapreso un nuovo corso legato anche all’ospitalità di lusso e alla ristorazione. Oggi l’avveniristica struttura della Ciudad del Vino disegnata dall’architetto canadese Frank O. Gehry – che, reduce dal grande successo del Museo Guggenheim a Bilbao, si convinse ad accettare l’incarico, pare, dopo aver assaggiato una eccellente bottiglia del suo anno di nascita: 1929 – è uno dei landscape distintivi della Rioja Alavesa. Realizzata in pietra arenaria locale – la stessa della dirimpettaia chiesa di San Andrés e in titanio che riprende i tre colori del vino di punta Marques de Riscal Reserva (l’argento della capsula, il dorato della rete metallica che fin dal Novecento avvolge le bottiglie come elemento di anticontraffazione e riconoscibilità, e il rosa/rosso del vino), la struttura ospita lussuose camere e suite, una spa con trattamenti di vinoterapia Caudalie, spazi per eventi e quattro tra wine bar e ristoranti, incluso lo stellato affidato allo chef Francis Paniego che propone piatti ispirati dalla tradizione (come il Talo de chistorra y queso Idiazábal, una sorta di taco con salsiccia di parti nobili e formaggio) e dalle vigne, come l’anatra al vino bianco con funghi e praliné di frutta secca, ma pure le trippe di baccalà con crema alla vaniglia e aria di guindillas.

Poco più a est, dove i Paesi Baschi s’incastonano nella Navarra, c’è Arrea! (esclamazione spagnola che sta suppergiù per “accidenti!”), il ristorante dello chef Edorta Lamo. Fattosi conoscere a San Sebastián per gli elaborati e buonissimi pintxos gourmet di Fuego Negro, qualche anno fa Lamo ha deciso di tornare alle sue radici “crude, dure e selvagge”, nel paese di Santikurutze Kanpezu nella Montaña Alavesa, facendone le basi di una cucina “locale e autoctona che invoca personalità, cultura e abitudini locali”. Si mangia nel bar-taverna dove fermarsi per calici e pintxos o nelle antiche stalle dove viene proposto un menu informale e di mercato con piatti freddi e caldi da condividere, carni alla griglia e stufati. Oppure nella sala rustica ma ben studiata, dove il legno domina l’ambiente e il tema principale del menu da tre portate – granchio, trota, piccione, cinghiale, pernice, orto e così via – si sceglie durante una passeggiata attorno al ristorante, che segue un lauto benvenuto. Una formula originale e concreta, che nel 2023 ha ottenuto la doppia stella Michelin, rossa e verde. E se la cantina è ben fornita, merita un assaggio pure l’olio extravergine ottenuto dalle olive di varietà Arroniz provenienti da uno degli oliveti più a nord del mondo, nella vicina Lanciego. Diretti a Bilbao – città industriale rinata grazie all’arte e alla cultura oltre che alla sua fama gastronomica – per il volo di ritorno, c’è tempo per un’ultima sosta, ancora accompagnata dal Txakoli. A Larrabetzu, villaggio a un quarto d’ora dall’aeroporto, una collina semicoperta da vigneti ospita il piccolo regno dello chef Eneko Atxa che ha trasformato un complesso per banchetti in uno sfaccettato tempio enogastronomico: Azurmendi, lo scenografico ristorante gastronomico tre stelle Michelin ospitato in un edificio bioclimatico affiancato dall’orto e Centro Sostenibilità, offre un’esperienza immersiva che si snoda tra un “picnic” iniziale, gli step nell’enorme cucina a vista dove è al lavoro la brigata (tra cui il romano Daniele D’Ambrosio), la serra e infine la sala dove vengono serviti piatti come Ostrica e oliva o l’astice arrostito, salsa di peperone alla brace e ciliegia. Dal 2017 ha aperto anche il ristorante Eneko – subito premiato con una stella, poi doppiata da quella verde – che in un ambiente più informale e rilassato propone il menu Sutan (“a fuoco”), anche in questo caso un ritorno alle origini con sguardo contemporaneo: dalla soffice e deliziosa brioche da accompagnare con burro alle erbe all’uovo di fattoria con stufato di grano e succo di peperone arrosto e al baccalà in tempura. Per chiudere con la goduriosa torrija casera, tipico dolce basco a base di pane raffermo e latte, che qui diventa un boccone elegante e perfetto. Ad accompagnare il tutto, le diverse espressioni di Txakoli di Biscaglia della cantina dello zio di Eneko, Gorka Izagirre, che si trova poco più giù: da quello fresco e giovane che porta il nome dell’azienda al più complesso e rotondo G22, affinato sulle fecce, proseguendo con l’intenso Zura, arrotondato da un passaggio leggero in legno che ne esalta il carattere, e con l’elegante Ama, vino iconico realizzato solo nelle annate migliori con uve selezionate, dedicato alla “madre” (Ama, appunto). E infine l’unico rosso, l’Ilun, da uve Hondarrabi Beltza, che può accompagnare tanto le carni quanto i piatti di pesce più saporiti, e l’Arima (anima), vino da vendemmia tardiva che accompagna formaggi e dessert bilanciando perfettamente dolcezza e acidità: “pura essenza di Biscaglia”.

Indirizzi:

Kokotxa
San Sebastián
Nel centro storico di San Sebastián, l’interpretazione personale di Dani Lopez della tradizione basca in un ambiente raffinato ed estremamente accogliente (restaurantekokotxa.com).

Hotel Lasala Plaza
San Sebastián
In un palazzo d’inizio Novecento affacciato sul mare, garantisce comfort e accoglienza calorosa. La terrazza ha una magnifica vista, mentre al piano terra c’è il ristorante La Jarana Taberna (lasalaplazahotel.com).

Elkano
Getaria
Creato da Pedro e Jose Marì Arregui esaltando la materia prima ittica con cotture alla griglia insieme ancestrali e rivoluzionarie, oggi è portato avanti dal figlio Aitor (restauranteelkano.com).

Sagartoki
Vitoria-Gasteiz
Nominato “Mejor Barra de Pintxos” di Spagna, è un locale moderno dove assaggiare pintxos creativi come l’esplosivo “uovo fritto con patate”. Ma anche la strepitosa tortilla (sagartoki.com).

El Portalón
Vitoria-Gasteiz
In un palazzo medievale perfettamente conservato, propone cucina basca di tradizione e una carta dei vini notevole. Un’esperienza turistica ma suggestiva (restauranteelportalon.com).

Almazen Salinas
Salinas de Añana
La chef Beatriz Pascual utilizza il sale delle dirimpettaie saline in ogni sua forma, ma anche ortaggi e altri prodotti locali, per un’esperienza culinaria conviviale e coinvolgente (almazensalinas.com).

Hospederia De Los Parajes
Laguardia
Un antico edificio del borgo medievale (l’unico con ascensore) è stato trasformato in eclettico ma accogliente hotel dall’energica Chari García. Dispone anche di ristorante e piccola spa (hospederiadelosparajes.com).

 

Maggiori informazioni

Foto in apertura le vigne di uve per la produzione di Txakoli nell’entroterra di Getaria, affacciate sul Mar Cantabrico

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