ph Lidio Vannucchi

Ostriche, chi la vuole cotta

Cosa accade quando gli chef mettono le mani sui molluschi più pregiati e li utilizzano come ingredienti di piatti dolci e salati?

Si ordinano solitamente a multipli di tre, vanno servite nel guscio possibilmente su del ghiaccio tritato e, secondo i puristi, senza nessun’aggiunta, lasciando che la polpa e il liquido del mollusco pervadano il palato per qualche secondo prima di masticare. Tuttavia, in Italia molti amano aggiungere un goccio di limone mentre in Francia è abitudine accompagnarle con dello scalogno marinato nell’aceto. Quasi tutti, perlomeno nei Paesi mediterranei, concordano però che il modo migliore per mangiare le ostriche sia da crude e perlopiù “assolute”, cogliendo le sfumature di varietà e calibri. Sempre più chef adottano però il pregiato bivalve come ingrediente per ricette più complesse, o ne fanno persino dei dessert.

Nasce dalle esperienze all’estero l’attitudine a lavorare le ostriche di Sara Scarsella e Matteo Compagnucci, Best Chef Under 35 ai Food&Wine Italia Awards 2023. «In Inghilterra aprivo almeno 50 ostriche a servizio, e venivano quasi tutte cotte, spesso fritte o accompagnate da salse importanti – racconta Scarsella –. Noi non amiamo inserire troppi ingredienti per non sovraccaricare un prodotto già molto interessante di per sé. Vogliamo esaltare il gusto dell’ostrica, che per me è come mangiare il mare». Da Sintesi propongono spesso la squisita Ostrica affumicata, rafano, pino mugo e sedano crudo in cui una Gillardeau n. 2 – grossa e carnosa, scelta in un calibro maggiore per compensare la perdita di volume – viene leggermente affumicata e accompagnata da note cremose e balsamiche che la rendono ideale nei mesi freddi.

Anche Marco Ambrosino – da Sustanza, il locale napoletano premiato per il Best Interior Design ai F&W Italia Awards 2023 – sceglie di cuocere le ostriche Kys Marine (allevate in Normandia nei sacchi appesi che, comprimendole, ne fanno ispessire la polpa), in due step: prima le sbollenta velocemente, concentrando i succhi nel guscio e gonfiandosi; poi, una volta aperte, le glassa con il lievito di birra e le griglia, accompagnandole con olio di lentisco e colatura di melanzana ossidata, vale a dire l’acqua di scolo delle melanzane fatta maturare per un anno in un contenitore scolmo, fino a raggiungere un risultato che ricorda un mix di salsa di soia e Marsala. «Servo le ostriche sempre cotte, mi piace proporre piatti in cui ci sia un passaggio “umano” e non una semplice selezione di prodotti», spiega.

Emanuele Scarello, al bistellato Agli Amici 1887 di Godia, predilige le Tarbouriech, “le perle del Po” allevate nell’habitat lagunare della Sacca degli Scardovari, a Rovigo: polpose e dalle note iodate e nocciolate. E anche lo chef friulano non esita a usare il calore. «La Tarbouriech ha un frutto importante e una delicatezza straordinaria. Mi piace potenziarne il gusto di nocciola, ripassandole in un burro chiarificato con una foglia di salvia che dà un’aromaticità ancora più ricca». Così in inverno le serve su una composta di mandarino cui aggiunge senape e aceto, affiancando una lieve acidità alla rotondità della polpa. Mentre in estate ama aprire il percorso degustazione con una variante fresca, come nell’Ostrica con gelato di patata e salsa di aglio orsino.

«Per me, l’ostrica è il frutto di mare perfetto, ha in sé dolcezza, sapidità, masticabilità, grassezza. Per cui preferisco lasciarle il più possibile intatte ed esaltare il grande lavoro che hanno fatto i produttori», spiega invece Gianfranco Pascucci. A Fiumicino le inserisce spesso e volentieri nel menu semplicemente scolandole e aggiungendo pochi altri sapori a esaltarne gusto e texture, come in quella con sorbetto di mela e basilico. Ma da Pascucci al Porticciolo le ostriche irlandesi – meno dolci e grasse, con una nota marina che ricorda le alghe – diventano anche protagoniste del dessert: dal delizioso Sorbetto di alghe, limone e ostrica, in cui il mollusco ghiacciato viene lavorato nel Pacojet diventando una crema, rafforzata da qualche pezzetto di polpa cruda, poi ricoperta da un sorbetto di limone e da un gel di alghe wakame candite (unica nota dolce del piatto), alla nuova proposta in cui un’ostrica più dolce e grassa – come la Claire francese o la Tarbouriech – è accompagnata dalla granita di cioccolato bianco e completata dalla nota piccante del tabasco verde e da quella acidula dell’acetosella.

Maggiori informazioni

In apertura: il Sorbetto di ostrica e alghe di Gianfranco Pascucci da Pascucci al Porticciolo

Foto di Lidio Vannucchi

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