erbe e mixology

Perché un bravo bartender dovrebbe conoscere piante eduli, erbe officinali e spezie

Dal corso di herbal mixology alla figura dell'aromatiere: come cocktail spagirici e cultura botanica hanno conquistato lo storytelling miscelato.

A Perugia è attivo un corso di Herbal Mixology presso l’Università dei Sapori, “dedicato ai barman che vogliono portare le loro conoscenze in fatto di miscelazione a un livello superiore”. Si tratta di una full immersion di tre giorni con cenni sulla botanica, approfondimenti sul concetto di foraging, tecniche estrattive, e poi analisi delle note di testa, cuore e fondo (proprio come accade nel mondo dei profumi) e laboratori pratici di miscelazione. Nel corpo docenti c’è una speziologist, Terry Monroe, il mixologist e alchimista bartender Max Morandi, ma anche Marco Ranocchia, founder di Planet One che fa formazione con la sua scuola di bartending e Marco Sarandrea, esperto di botanica e liquorista di fama nazionale, proprietario di Sarandrea, liquoreria ed erboristeria che insegna il riconoscimento e l’uso delle piante officinali. 

Quest’ultimo personaggio è stato un punto di riferimento nella vita professionale di Emanuele Broccatelli quando, insieme a Valeria Bassetti (oggi il suo socio è Danilo Cipollini, direttore della produzione e vendita), lanciò Drink-It, linea di cocktail imbottigliati che, con il packaging in vetro, strizza l’occhio a preparazioni farmaceutiche: del resto lui in un’altra vita era un fisioterapista, mentre la madre lavora in ospedale come infermiera. «Nel mio primo Roma Bar Show pre-Covid avevamo messo a punto un carrello per la somministrazione alcolica tramite dei nostri prodotti in “flebo” – ricorda sorridendo Broccatelli –. Ho sempre tenuto vivo questo legame con il mondo il mondo della farmacoterapia. Il nostro brand è fondato sull’idea che i liquori nascono come rimedi fitoterapici: tutto parte dagli infusi e dai tè, e così hanno origine anche gli amari, un vero e proprio elisir di lunga vita». Con questi presupposti sono usciti sul mercato i tre Ethical Liquors: da Raizes, dal portoghese “radici”, risposta detox con il suo mix di erbe e spezie, a Bloem che bilancia il karkadè per le proprietà antinfiammatorie, i frutti rossi per quelle antiossidanti e la menta che facilita la digestione, e infine The Unfiltered, a base di 18 erbe e spezie macerate in puro alcol di grano. Mentre da qualche mese con Drink-It hanno ampliato gli spazi del laboratorio a Roma spostando la sede da Ciampino a Capannelle (35 metri quadri VS 400 metri quadri!), cambiamento che ha contribuito ad aumentare anche il volume di produzione, Emanuele Broccatelli da circa un anno vive a Parigi dove svolge il ruolo di consulente, continuando la sua collaborazione con il gruppo Marriott (è stato il beverage manager del W Rome sin dall’apertura) nel ruolo di hospitality luxury consultant nella fascia geografica dell’Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). «Quando sono stato al St. Regis o al Ritz Carlton in Arabia Saudita ho lavorato in luoghi dove l’alcol era proibito: così ho favorito l’uso di tè e infusi. Dappertutto c’è tanto uso delle spezie ma ogni Stato ha naturalmente le sue preferenze: ad esempio, quando preparato il mio “Caffè Shakerato” in alcuni posti caricavo di più sul cardamomo, in altri privilegiavo la cannella».

Ancora più speziato è il Gin Fizz interpretato da Wilden.herbals che profuma di santoreggia, citronella, zenzero, verbena odorosa, lavanda e bergamotto, ingredienti che caratterizzano Reborn, una delle miscele della linea Rimedia che il brand propone come tisane fredde e, d’estate, on the rock anche in miscelazione. «Il compito rivoluzionario dell’esperto di piante officinali nella mixology è quello di andare oltre il semplice aspetto aromatico delle erbe e di raccontare la loro funzionalità – afferma Nicola Robecchi, founder della start-up –: quindi i benefici che queste possono avere per l’organismo, e la loro connessione con geografie, culture e sensazioni. Questo mondo è ancora inesplorato nel settore del bartendering e sta iniziando adesso a essere accolto. Noi siamo stati coinvolti soltanto recentemente ad eventi in collaborazione con bartender e importanti maison di spirits internazionali che ci hanno chiesto di trasmettere la nostra conoscenza delle piante nei cocktail e, sull’onda di questo trend, abbiamo realizzato alcune ricette con i nostri infusi. L’herbalist del mondo spirits, invece, si chiama aromatiere, proprio per rimarcare il suo ruolo di carattere ricreativo e legato alle fragranze».

Ma com’è una classica giornata lavorativa di un master herbalist? Abbastanza impegnativa stando alla tabella di marcia di Matteo Bonoli, direttore ricerca & sviluppo e responsabile qualità di Fratelli Branca Distillerie. «Supervisiono degli step produttivi, assaggio le materie prime fino ai prodotti finiti, semilavorati ed estratti –  commenta Bonoli –. Nel nostro settore è molto più facile capire chi è e cosa fa un master distiller o un master bartender. Nel mondo degli amari questa figura non c’è. Se si parte dalla materia prima, però, gli amari sono prodotti con erbe aromatiche ed ecco da dove deriva il ruolo del master herbalist. La sua abilità sta nel fare piccoli aggiustamenti durante i processi di produzione in modo tale che nella bottiglia finale non si riconosca la variabilità naturale della natura». Una sensibilità che per il professionista di origine romagnola è già connaturata nel suo heritage bucolico, coltivato nella periferia di Forlì con l’azienda agricola di famiglia che tutt’ora segue affiancando il padre Mario: «Ho un orto botanico grandissimo, ogni volta che torno a Milano riempio il baule. La mia fortuna? Essere cresciuto con i gusti veri e questo mi aiuta nello sviluppo del prodotto, tanto quanto non avere intolleranze o allergie né defezioni sensoriali». Dopo una laurea in Scienze e Tecnologie Alimentare e un Dottorato di Ricerca in Chimica Analitica applicata alla Scienza degli Alimenti, Bonoli ha iniziato la sua carriera immersiva nel mondo degli spirits in un piccolo liquorificio in Romagna per poi ricoprire, per tredici anni, il ruolo di manager nel settore ricerca & sviluppo per il Gruppo Montenegro, fino allo scorso ottobre quando ha iniziato a lavorare con il gruppo che tra i brand annovera Fernet e Brancamenta, Carpano, Antica Formula, Punt e Mes, Borghetti e Grappa Candolini. La sua ultima sfida con la famiglia Branca è stata strappare dal dopo pasto gli amari e portarli nel mondo degli aperitivi. Come? Ammorbidendone il gusto con una nota citrica. «La novità di questa estate è il Branca Fizz: 4 cl di Fernet-Branca e 14 cl di soda al limone che portano la gradazione del drink a circa 8 gradi alcolici. Se un cocktail è ben bilanciato tra dolce e amaro, acido e sapido ne bevi due, forse anche tre».

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